Sta facendo il giro della rete in questi giorni uno studio, condotto da un trio di ricercatori dell'Università della California-Riverside, che ha come oggetto il numero delle possibilità di essere individuati dai detentori dei diritti di copyright mentre si bazzica nei circuiti peer to peer.
Lo studio in questione, di cui parla tra gli altri ArsTechnica e The Inquirer, si intitola appunto "P2P: Is Big Brother Watching You?" (il titolo è tutto un programma), ed è disponibile qui in pdf.
Occorrono due righe di spiegazione. Brevemente, le organizzazioni dei detentori dei diritti di copyright immettono in rete, specialmente nei circuiti p2p, una certa quantità di cosiddetti "fake user", che altro non sono che indirizzi IP fittizi in realtà riconducibili a organizzazioni tipo MediaDefender, che hanno il "compito" di tenere monitorato il traffico dati con lo scopo di carpire informazioni sugli utenti che in un determinato momento stanno condividendo file "proibiti". In pratica ciò significa che ci sono elevate probabilità (anzi è quasi una certezza, come vedremo più avanti) che l'utente che ci sta gentilmente mettendo a disposizione un file che ci serve sia proprio uno di questi "fake user".
Lo studio in questione dimostra, dati alla mano, come la quasi totalità degli utenti che fanno uso dei programmi p2p senza una adeguata "protezione", siano tracciati e sistematicamente spiati per tutto il tempo della loro permanenza in rete. Analizzando infatti nell'arco dei primi tre mesi del 2006 circa 100 GByte di header TCP, lo studio ha messo in luce come la possibilità di essere tracciati e catalogati sia praticamente automatica. Possibilità - rivela sempre la ricerca in questione - che però scende drasticamente facendo uso di appositi software di IP filtering. E qui facciamo un passo indietro.
Sono in circolazione programmi in grado di riconoscere gli indirizzi IP spia messi in campo dalle major discografiche e di inserirli in apposite "liste" (le cosiddette blacklist di IP). Questi programmi possono essere visti un pò come dei firewall supplementari che hanno il compito di filtrare e bloccare i tentativi di connessioni in entrata, da parte degli indirizzi IP appartenenti a queste blacklist, mentre ci troviamo ad esempio su eMule.
Il più famoso di questi programmi è sicuramente PeerGuardian, e chi mi legge da un pò probabilmente ricorderà che tempo fa ho pubblicato sul mio sito internet un piccolo howto di questo programma (qui). Secondo quanto riportato da ArsTechnica, eliminando - tramite l'uso di questi software - le connessioni in entrata degli indirizzi IP spioni, le possibilità di essere rintracciati calano addirittura fino all'1%.
Insomma, se il "Grande Fratello" messo in campo dalle major si fa sempre più agguerrito e astuto, noi, con un pò di accortezza e conoscenza dei mezzi, possiamo dire di non stare certo a guardare.
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