lunedì 7 giugno 2021

Michele Merlo

È naturale che si dica che non è giusto, così come è naturale provare dolore e rabbia. Ma spesso ci si dimentica che la natura e la biologia non ragionano con le stesse categorie antropologiche che ci siamo dati noi umani. Anzi, non ragionano proprio. La natura - e la malattia fa parte della natura - è sostanzialmente indifferente alla condizione umana, e dal suo punto di vista che una persona campi 90 anni o ne campi 20 non fa alcuna differenza, diversamente da quanto accade per noi. Il problema è che generalmente facciamo una fatica incredibile ad interiorizzare questo concetto.

12 commenti:

cristiana marzocchi ha detto...

Come il concetto della morte.

Andrea Sacchini ha detto...

Quello ancora di più.

MAX ha detto...

Concetto Leopardiano o giù di lì.
La natura è indifferente alla condizione umana.
Io non sapevo manco chi fosse .
L’avevo dimenticato.
Mi spiace ...non è giusto morire così giovani.
Riposi in pace

Franco Battaglia ha detto...

Sono i bimbi che muoiono di fame a non essere naturali. Neanche un po'.

Andrea Sacchini ha detto...

Neppure io sapevo chi fosse prima di leggere i titoli sui giornali.

Andrea Sacchini ha detto...

Eh, lo so...

Andrea Consonni ha detto...

Quando mia madre si ammalo' di un tumore al colon l'oncologo dell'ospedale ci disse che era bene che io e mia sorella facessimo un esame visto tutte le persone del nostro ramo materno che si sono ammalate di questo tumore, anche in età giovanile. Di fronte alle domande pressanti di mia sorella, il dottore spalanco' le braccia e ci disse, Saro' brusco ma purtroppo i nostri corpi sono fatti di in un modo che non risponde alle nostre aspettative e ai nostri discorsi.

Andrea Sacchini ha detto...

È esattamente così, ed è maledettamente difficile fare nostro questo concetto.

Romina ha detto...

Se ti muore una persona cara, non ti metti a pensare alla biologia, cosa che peraltro sarebbe inumana, ma soffri enormemente per la perdita. Non è che, se ti muore un figlio, ti metti lì a fare ragionamenti fondati sul materialismo riduzionistico, giusto per sentirti un po' razionale. Anche perché, a dire il vero, non sarebbe razionale affatto.
Il punto è che no, la biologia non basta a spiegare la morte e a farcela accettare, e questo è un dato oggettivo, non una mia opinione personale. Perché? Perché per fortuna siamo esseri molto complessi e allora, anche a proposito della morte, per capirla abbiamo bisogno di pensarla e definirla a livello multidisciplinare: tutte le varie discipline concorrono a fornirci una visione d'insieme. Ci soccorrono, ad esempio, filosofia e psicologia, che sono indispensabili per una riflessione di ampio respiro sul passaggio estremo. E su questo non si scappa.

Un'ottima studiosa di questi temi è Ines Testoni, docente di psicologia sociale all'università di Padova e allieva del grande filosofo Emanuele Severino, il quale, sulla morte e sull'eternità, ci ha regalato riflessioni con cui è indispensabile confrontarsi.

Su youtube si può reperire tutto, sia video con Ines Testoni sia con Emanuele Severino.

Andrea Sacchini ha detto...

Concordo. In apertura del post ho infatti scritto che è naturale provare dolore e rabbia, e ho poi aggiunto che in generale "facciamo" (me compreso, quindi) fatica ad accettare il fatto che una malattia letale faccia parte della natura. Ti garantisco che se una tragedia simile capitasse a me, avrebbe ben poca valenza lenitiva la consapevolezza della normalità biologica di tutto ciò. Leggendo di questa tragedia "dal di fuori", diciamo così, conservo però la lucidità necessaria a poter prendere in considerazione questo aspetto.

Tra l'altro, ma qui si aprirebbe un discorso lungo, credo che la mia condizione di ateo-razionalista mi ponga in netto svantaggio rispetto a chi, ad esempio, ha una fede a cui aggrapparsi. So di persone che, di fronte a tragedie che getterebbero chiunque nella disperazione più inconsolabile, hanno trovato il coraggio di dire "Dio dà, Dio toglie", oppure che la tragedia capitatagli è inscritta in un disegno imperscrutabile che va comunque accettato. Persone che in un certo senso ammiro, perché io non credo riuscirei mai a pensare una cosa del genere.

Andrò sicuramente a vedere qualche video di Ines Testoni, mi hai incuriosito.
Per quanto riguarda Emanuele Severino, invece, ho letto un po' di tempo fa I presocratici e la nascita della filosofia, libro però più che altro di stampo didattico e storico su come è nata la filosofia. Proverò a cercare altri scritti suoi sui temi della morte e dell'eternità, che per me sono sempre temi affascinanti.

Romina ha detto...

Andrea, ti racconto una storia che non ho mai dimenticato. Nel paese di mio padre, in appennino, morì una bambina (erano gli anni Ottanta del secolo scorso). Successe così: suo padre era sopra al trattore, stava facendo qualche manovra; la bimba stava giocando lì vicino quando, d'improvviso, la sua gonnellina s'impigliò in un meccanismo del trattore. Fu risucchiata e ne uscì a pezzi. Così, d'improvviso, sotto gli occhi del padre.

Il poveretto ebbe subito un infarto. La madre della bambina, dopo la disgrazia, frequentava assiduamente la messa, seduta al primo banco della chiesa, con accanto il figlio che le restava. E a messa stava attenta, ascoltava tutto quello che diceva il sacerdote, non si distraeva mai, a differenza di quello che comunemente accade.
Che altro poteva fare quella poveretta? Di fronte a una tragedia di questo tipo c'è da impazzire. Io sono contenta che lei abbia trovato la sua forza andando in chiesa.

Mi è poi rimasta impressa la tomba della bambina: è bellissima e, sopra alla sua lastra, c'è una grande statua della Madonna con le braccia aperte, in segno di accoglienza. Guardando quella tomba si capisce che, essendo una bambina, i suoi genitori l'hanno affidata alla Madre suprema, perché una bimba ha bisogno di una madre anche nell'aldilà.

Troppi dolori, troppe ingiustizie.

Andrea Sacchini ha detto...

Sono contento anch'io per quella povera madre, la ammiro, mi viene da dire. Per quanto riguarda la storia che hai raccontato, non saprei cosa dire, quindi taccio.

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