sabato 30 ottobre 2010

La telefonata che ha fatto incavolare Bossi

Probabilmente mai come adesso Bossi è realmente intenzionato a "staccare la spina" al governo. Non subito - precisa - ma a gennaio, quando i decreti attuativi del federalismo fiscale entreranno in vigore. Dopo sarà "tana libera tutti". La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il cosiddetto "caso Ruby", la minorenne marocchina condotta in questura a Milano con l'accusa di furto e liberata dopo una strana telefonata da palazzo Chigi. Quella telefonata Bossi non l'ha mandata giù.

"Ma come gli viene in mente di chiamare la Questura. Un uomo del governo non può farlo, è a dir poco inopportuno. Questa è una cosa che danneggia noi. Ci fa perdere voti, soprattutto a Milano. Come lo spieghiamo?" E ancora: "Il redde rationem sarà a gennaio. Prepariamoci, Silvio cadrà e noi andremo all'opposizione. E ci resteremo. Qualcuno mi dice di un governo Tremonti, ma non esiste. Noi stiamo con Silvio. Tanto il governo tecnico dura comunque poco. Poi si torna al voto. E tutto sommato, prima delle urne, se stiamo un po' all'opposizione ci fa bene. Ci rigenererà."

Come è noto, le parole di Bossi in genere vanno prese con una certa cautela, ma è difficile non percepire una reale rottura di scatole da parte del senatur, il quale è disposto pure a stare "un po' all'opposizione" di un eventuale governo tecnico - fino ad ora aveva detto peste e corna di una simile soluzione - pur di togliersi da questo (e non solo questo) impiccio.

Naturalmente Bossi ha tutte le ragioni per incavolarsi a causa di quella telefonata. Che non può essere liquidata semplicemente con le parole di Berlusconi "Sono una persona di cuore, mi muovo per aiutare le persone che hanno bisogno" (versione ritrattata poco dopo: "Ho solo parlato con una persona (Nicole Minetti) che è stata mandata da me per dare un aiuto a una persona in modo che non fosse consegnata alle carceri o a una comunità. Siccome mi aveva rappresentato un quadro di vita a dir poco tragico, l’ho aiutata. Tutto qui").

Insomma, quella telefonata c'è stata, come scrive oggi chiaramente il Corriere.

In un altro ufficio squilla il telefono del capo di gabinetto Pietro Ostuni. A chiamare è un uomo. Si qualifica come il caposcorta del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. E subito chiarisce il motivo della telefonata: «So che da voi c'è una ragazza che è stata fermata. È una persona che conosciamo e dunque volevamo sapere che cosa sta succedendo». Fornisce le generalità della giovane, si informa su quanto è accaduto. Ostuni inizialmente resta sul vago. E allora il caposcorta è più esplicito: «Anche il presidente la conosce, anzi aspetta che adesso te lo passo». Il funzionario rimane incredulo. Capita spesso che le personalità chiamino il gabinetto delle questure sparse in tutta Italia per i motivi più disparati, ma certo non si aspettava di parlare con il capo del governo. E invece è proprio Berlusconi a chiarire la situazione.

Il resoconto della sua telefonata è nelle relazioni di servizio che sono già state depositate agli atti dell'indagine.
«Dottore - spiega Berlusconi - volevo confermare che conosciamo questa ragazza, ma soprattutto spiegarle che ci è stata segnalata come parente del presidente egiziano Mubarak e dunque sarebbe opportuno evitare che sia trasferita in una struttura di accoglienza. Credo sarebbe meglio affidarla a una persona di fiducia e per questo volevo informarla che entro breve arriverà da voi il consigliere regionale Nicole Minetti che se ne occuperà volentieri.

Ovviamente, la presunta parentela della ragazza col presidente egiziano Mubarak è una sonora balla, e già questo - al di là del fatto che un capo di governo telefoni alla polizia per far rilasciare una ragazza fermata per furto - dovrebbe essere sufficiente per chiedergli di togliere il disturbo. Forse Bossi saprà essere in questo senso molto più convincente.

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