martedì 10 dicembre 2019

Carrozze, cavalli, lettere

Leggendo Mia cugina Rachele - il romanzo è ambientato nella Cornovaglia della prima metà del 1800 - mi fermo spesso a pensare a come poteva essere la vita in un'epoca in cui non c'erano telefoni, televisori, automobili, treni. Un'epoca in cui ci si spostava in carrozza e un viaggio tra Londra e Firenze poteva richiedere dalle tre alle quattro settimane. Un'epoca in cui le comunicazioni erano affidate alle lettere e ai messaggi che, per brevi tratti, venivano affidati a persone che li consegnavano a piedi al destinatario. 

Era un mondo più lento, sicuramente. Dal momento che il viaggio di una lettera poteva durare settimane, chi scriveva lo faceva in maniera articolata, accurata, esaustiva, riflessiva. Ecco, forse si rifletteva di più, e si viveva con una specie di tensione positiva l'attesa di una risposta. Tutto il contrario di oggi, in cui si vive nella luccicante frenesia della vita moderna, dove tutto è veloce, dove scorre la civiltà, quella civiltà dove si spedisce una mail che arriva istantaneamente all'altro capo del mondo e dopo poco si telefona chiedendo: "Perché non mi hai ancora risposto?" Dove si sta continuamente sull'attenti perché potrebbe arrivare una notifica su whatsapp e guai a non rispondere subito.

Quel mondo là era più scomodo, sicuramente, ma magari era più a misura d'uomo rispetto alla civiltà della velocizzazione del tempo, quella civiltà in cui oltre la metà degli abitanti dell'Europa fa uso di antidepressivi.

6 commenti:

Sari ha detto...

Quello che descrivi era sicuramente un tempo lento ma anche chiuso e limitato. A me affascina perchè è lontano e non ne sento le strida ma credo fosse molto faticoso.
Sono lieta di vivere in questo periodo storico, pieno di sorprese tecnologiche e di novità scientifiche. Però... oggi non telefono ad un'amica per sapere di quella certa ricetta perchè la trovo online e lei non mi chiama per il rebus che non riesce a risolvere perchè ha fatto altrettanto. Peccato.
Questo nostro è un tempo iperconnesso che ha come rovescio della medaglia la solitudine, non per problemi esistenziali ma perchè si è scelto uno smartphone per amico.
Ciao Andrea.

Romina ha detto...

Sì, a quei tempi le comunicazioni, proprio perché lente, suscitavano emozioni che noi non proviamo quasi più: si attendevano lettere e messaggi con ansia, impazienza, e, quando li si leggevano, si provavano turbamenti a noi sconosciuti. Pensiamo alla gioia di chi riceveva una lettera da una persona cara lontana, che magari non si poteva in alcun modo raggiungere; per non parlare del fatto che, spesso, le lettere venivano conservate gelosamente e poi rilette. Diventavano una specie di reliquie, assumevano un'aura quasi sacrale. Adesso, invece, le comunicazioni sono usa-e-getta, e ciò sta anche stimolando comportamenti molto irresponsabili, per i quali bisognerebbe fare un lungo discorso a parte. Tralasciamo.

Comunque, il romanzo che stai leggendo è bellissimo e il mio consiglio è di lasciarti andare al suo ritmo pacato, assaporandone l'atmosfera adagio, parola per parola.;)
Buon serata, Andrea.

Claudia Turchiarulo ha detto...

Come si stava, ci chiedi?
Meglio. Si stava meglio.
Ne sono fermamente convinta.

Andrea Sacchini ha detto...

Ho lasciato le ultime pagine per oggi pomeriggio. Pur avendolo già letto molto tempo fa, non ricordo il finale e così passo le ore rimanenti con quell'impazienza cui accennavi nel tuo commento ;)

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, forse sì, ma non credo ci sia una risposta univoca, e molto immagino dipenda dall'ambito a cui ci si riferisce.

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, un tempo iperconnesso da cui pochi riescono ad emanciparsi, ahimè!
Ciao Sari.

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