La verità ha un proprio statuto, che è diversissimo da quello della fede, così come la fede ha un proprio statuto che è diverso da quello della verità. E verità e/o fede c'entrano coi pregiudizi? La prima no, la seconda sì. Qui il sostantivo pregiudizio viene analizzato nel suo senso lato, quindi non necessariamente nella accezione negativa in cui siamo soliti inquadrarlo. Tutti noi nasciamo con dei pregiudizi, che sono il frutto del posto in cui siamo nati, della famiglia in cui siamo vissuti, degli insegnanti che abbiamo incontrato, dei libri che abbiamo letto, dell'educazione che abbiamo ricevuto, del contesto religioso in cui siamo nati ecc., e questi pregiudizi, che fanno parte della nostra identità, è difficilissimo metterli in discussione, metterli in "crisi", modificarli, svecchiarli. È difficilissimo perché appunto fanno parte dell'identità. Ma metterli in discussione non significa rinunciarvi, significa solo ammettere che magari non sono più attuali e che comunque non sono verità assolute.
Una delle più belle conferenze di Umberto Galimberti.
Un'ora trascorsa in fretta e di grande interesse.
RispondiEliminaGrazie.
La mia è una nota da niente perchè il discorso verte su altro.
Elimina2 + 2, però, non fa sempre quattro, il risultato dipende dal sistema con cui si conta.
2 + 2, nel conteggio a base 4, fa 0 con riporto di 1.
Così il credere e il sapere sarebbe un credere DI sapere.
Immagino che Galimberti abbia inteso quel 2 + 2 latu sensu, ossia nella visione comune secondo cui se metti due mele su un tavolo e poi aggiungi due pere hai in totale quattro frutti. Interessantissima obiezione, comunque, la tua, alla quale peraltro io non avevo neppure pensato.
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