In un insperato slancio di orgoglio nazionale, il tribunale civile di Roma ha rigettato le nuove richieste degli avvocati della (tristemente) nota casa discografica tedesca (quella che è ormai più famosa per le sue raccomandate che per il tipo di musica che distribuisce), che chiedeva - come già avvenuto in passato - di conoscere gli indirizzi fisici (tramite ip) delle persone che a suo dire scambiavano illecitamente su piattaforme p2p file protetti da copyright.
Ne dà notizia l'Adiconsum, associazione che fin dall'inizio ha sempre avuto a cuore la questione, che riporta appunto la notizia che i magistrati Paolo Costa e Antonella Izzo hanno detto no alle nuove richieste della casa discografica.
Secondo quanto riportato dalla suddetta associazione dei consumatori, le istanze con le quali le due aziende, che per conto di Peppermint chiedevano di conoscere gli indirizzi ip (e quindi le generalità) degli utenti, sono infondate e si basano su un meccanismo di "spionaggio telematico" che ha ben poco a che spartire con tutto l'insieme di norme e leggi che regolano la complessa questione denominata "privacy".
In sostanza, il principio che si è voluto stabilire con questa sentenza è quello che internet non è quella specie di far west in cui ognuno si fa giustizia da solo, ma tocca sempre alla magistratura e alle forze dell'ordine mettere in atto richieste che tengano conto della legge e dei diritti degli utenti.
Aspettiamo a questo punto, nel più classico degli stili "telenovela", le contromosse di Peppermint.
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Per il momento ha visto la luce un buon principio di diritto...speriamo non si debba assistera ad un brusco cambio di rotta come solo la giustizia italiana è capace di fare.
RispondiElimina> speriamo non si debba assistera ad un brusco cambio di rotta come solo la giustizia italiana è capace di fare.
RispondiEliminaPer adesso l'unica è aspettare e vedere che piega prende tutta la faccenda.