Uno dei ritornelli che da quando è esploso il fenomeno p2p ci siamo sentiti maggiormente ripetere dai rappresentanti delle industrie discografiche e cinematografiche, è stato quello dei fantomatici mancati guadagni del settore in aggiunta ad altrettanto fantomatici danni occupazionali di cui farebbero le spese molti addetti del ramo.
In questi giorni è stato pubblicato un rapporto "confidenziale" in cui è riportato un quadro della situazione non proprio corrispondente alle lamentele e ai piagnistei di RIAA, MPA e soci.
Il bello è che i dati contenuti in questo rapporto non sono stati pubblicati da qualche associazione piratesca o qualche oscuro portale pro-p2p, ma dal prestigioso The Hollywood Reporter, una specie di organo ufficiale dell'industria dell'intrattenimento d'oltre oceano, che in questo articolo, destinato alle alte sfere dirigenziali di tali associazioni, snocciola dati e cifre che lasciano poco margine di dubbio circa la reale situazione sullo stato di salute dell'industria cinematografica americana e non solo.
I dati in dettaglio, anche riferiti ai singoli paesi presi come riferimento, li potete leggere da voi direttamente nell'articolo che ho linkato sopra, ma vale la pena segnalarne uno a mio parere molto significativo: nel 2006 gli introiti riferiti alle 6 maggiori case di distribuzione e produzione cinematografica americana (Walt Disney, Paramount, Sony, 20 Century Fox, Universal e Warner Bros) hanno avuto un incremento dell'8%, che in soldoni significa 42 e rotti miliardi di dollari di guadagno la maggior parte dei quali dovuti alla vendita di dvd, come potete vedere dal grafico sottostante:
I dati ufficiali pubblicati in questo rapporto, capirete, stonano un pochino con il clima allarmistico - e di caccia alle streghe - instaurato da RIAA e compari, che vedono il fenomeno del file sharing come il Vaso di Pandora di tutti i (presunti) mali che affliggono la cinematografia e la musica.
Sarebbe quindi il caso di dare una ridimensionata ai falsi allarmismi, in modo da tranquillizzare un pochino anche il normale utente che magari scaricandosi il suo DivX pensa, in un impeto di responsabile presa di coscienza, di essere corresponsabile di una ipotetica - quanto improbabile - morte del cinema.
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