mercoledì 9 febbraio 2022

Armi, acciaio e malattie

 


Questo saggio storico-geografico-antropologico ha vinto nel 1998 il Premio Pulitzer per la saggistica. Dopo Sapiens, da animali a dèi, di Yuval Noah Harari, credo che sia il saggio più bello che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni, saggio che narra la storia umana e le vicende del mondo negli ultimi tredicimila anni. Naturalmente, narrare tredici millenni in meno di cinquecento pagine ha richiesto giocoforza delle semplificazioni e una suddivisione della narrazione per punti principali, ma tale semplificazione ha un vantaggio: la prospettiva a lungo termine e su vaste aree permette, come scrive l'autore, intuizioni che uno studio più particolareggiato non consentirebbe. Perché questo testo prende in esame gli ultimi tredicimila anni della nostra storia? Perché tredicimila anni fa è successa una cosa che ha cambiato - in meglio o in peggio è tuttora oggetto di discussione - per sempre la nostra storia: è nata l'agricoltura e l'uomo, dopo milioni di anni in cui è stato cacciatore-raccoglitore nomade, è diventato sedentario e ha cominciato a lavorare la terra e ad addomesticare gli animali, con tutto ciò che ne è conseguito. Ma facciamo un passo indietro.

Circa sette milioni di anni fa un gruppo di scimmie antropomorfe africane si suddivise in vari sottogruppi, uno dei quali diede origine per evoluzione naturale ai moderni gorilla, un altro agli scimpanzé, un altro ancora all'uomo. La nostra storia evolutiva come specie separata iniziò proprio da lì. Dopo altri tre milioni di anni ci siamo alzati in piedi, siamo cioè diventati bipedi e abbiamo abbandonato la camminata a quattro zampe. Dopo un altro milione e mezzo di anni abbiamo avuto un aumento della massa corporea e del cervello e, circa un milione di anni fa, come Homo erectus, siamo per la prima volta usciti dall'Africa e siamo partiti alla conquista del mondo. Australopithecus africanus, Homo habilis e infine Homo erectus, erano specie protoumane, erano cioè i nostri più antichi progenitori. Noi, Homo sapiens, siamo gli ultimi arrivati e quelli che nella storia del mondo hanno fatto più disastri di tutte le altre specie di nostri predecessori messe assieme. Siamo una specie giovanissima e siamo nati anche noi in Africa circa duecentomila anni fa, che in termini evolutivi è pochissimo (per rendere l'idea, basta che ognuno di noi vada indietro di 4000 nonni e arriva all'origine dell'evoluzione umana dei Sapiens).

Noi Sapiens siamo i protagonisti della storia narrata nel libro, storia che origina da una domanda che un abitante della Nuova Guinea, Yali, pose a Jared Diamond nel 1972 mentre come antropologo si trovava sull'isola per i suoi studi: "Come mai voi bianchi avete tutto questo cargo [per cargo si intendono le tecnologie in possesso degli Occidentali] e lo portate qui in Nuova Guinea, mentre noi neri ne abbiamo così poco?" La domanda colse alla sprovvista Diamond, che lì per lì non seppe cosa rispondere ma promise al suo amico Yali di pensarci e di fargli avere una risposta quanto prima. La risposta è in questo libro, che comincia con una storia.

Nel 1532, il conquistador spagnolo Francesco Pizarro sbarcò nella città andina di Camajarca e incontrò l'imperatore inca Atahualpa. Atahualpa reggeva come monarca assoluto il più grande e progredito stato del Nuovo Mondo, mentre Pizarro rappresentava Carlo I di Spagna, sovrano del Sacro romano impero, il re più potente d'Europa. Pizarro era a capo di un gruppo raccogliticcio di 168 soldati, si trovava in terre a lui sconosciute, isolato e nell'impossibilità di ricevere rinforzi. Per contro, Atahualpa era nel bel mezzo del suo impero, circondato da milioni di suoi sudditi e difeso da un esercito che contava 80.000 uomini. Ciò nonostante, pochi minuti dopo averlo incontrato, Pizarro fece prigioniero Atahualpa, lo tenne in ostaggio per otto mesi, durante il quale si fece consegnare il più grande riscatto della storia (circa 80 metri cubi d'oro) e infine, rimangiandosi ogni promessa, lo fece uccidere. 

Cosa permise allo spagnolo coi suoi pochi soldati raccogliticci di avere ragione dell'imperatore inca? La superiorità tecnologica. I 168 soldati spagnoli avevano cavalli, fucili, armature, conoscevano avanzate tecniche di guerra. Gli 80.000 uomini di Atahualpa disponevano solo di rudimentali armi (principalmente archi e frecce e qualche lancia) ed erano appiedati (il cavallo non era ancora arrivato in America). La superiorità tecnologica degli europei aveva compensato ampiamente la loro inferiorità numerica. Passando dal piccolo al grande, tra i due continenti, Europa e America, c'era all'epoca un divario tecnologico immenso, lo stesso divario che fece nascere a Yali la domanda che poi pose a Jared Diamond. E questo divario tecnologico è ciò che spiega i motivi per cui siamo stati noi europei, con le nostre navi, a conquistare le Americhe e non sono stati gli amerindi ad attraversare l'oceano e a venire a conquistare l'Europa. In poche parole, Pizarro ha vinto utilizzando i tre elementi che danno il titolo al libro: le armi, l'acciaio e le malattie (la conquista del Nuovo Mondo ebbe tra le sue principali cause le malattie portate dagli europei, sconosciute agli amerindi, che sterminarono la stragrande maggioranza di questi ultimi).

Nelle quasi cinquecento pagine del suo saggio, Diamond, dopo decenni di studi e ricerche, cerca di spiegare le ragioni di questo immenso divario tecnologico e, più in generale, le ragioni per cui nella storia del mondo alcuni popoli sono sempre stati, sotto svariati punti di vista, più progrediti di altri. In genere, si tende semplicisticamente a dare a tutto ciò una spiegazione di tipo antropologico, si tirano in ballo gli uomini, le loro attitudini. È la classica spiegazione di stampo razzista, tanto in voga ancora oggi, che si aggrappa alla biologia affermando che alcune popolazioni sono biologicamente migliori di altre (la classica spiegazione che viene fuori ogni volta che si fanno raffronti tra noi e l'Africa, ad esempio). Diamond respinge la spiegazione razzista non solo perché è odiosa, ma semplicemente perché è sbagliata, e dimostra nella maniera più convincente e documentata possibile che le differenze tra il maggiore e minore grado di progresso delle popolazioni umane hanno sempre avuto origini di tipo ambientale. Le diversità culturali non sono mai innate, ma affondano le loro radici in differenze geografiche, ecologiche e territoriali. Soprattutto geografiche.

Perché geografiche? Le più grandi scoperte della storia (l'agricoltura, la scrittura, la ruota, i metalli, gli stati ecc.) sono nate e si sono diffuse nel continente euroasiatico, poi, solo successivamente, sono arrivate negli altri continenti. Questo è successo - ecco qui la geografia - perché il continente euroasiatico è disposto nella direzione est-ovest sull'asse terrestre. Cosa implica, questo? Una maggiore facilità con cui animali, piante, idee, tecniche e popoli si potevano spostare nel suo territorio, perché questa disposizione permetteva di muoversi stando sempre a latitudini simili senza incontrare ambienti troppo diversi. Il Nuovo Mondo, invece (e anche l'Africa, seppur in misura minore), è orientato lungo l'asse nord-sud e strozzato all'altezza di Panama. Ciò significa che nelle Americhe la circolazione di popoli, idee, tecniche era molto più difficoltosa, rispetto a ciò che avveniva nel continente euroasiatico, a causa della molteplicità di barriere ecologiche, climatiche, territoriali, tutti ostacoli che nel passato hanno impedito il diffondersi delle tecnologie e delle scoperte. Questo è il motivo per cui quando gli europei sono arrivati nelle Americhe si sono incontrati con un mondo tecnologicamente molto più arretrato. In generale, il ragionamento applicato al caso Europa-America è valido per ogni altra situazione di disuguaglianza tra civiltà e popoli del mondo, a partire dal passato più remoto fino ad arrivare a oggi. La differenza la fa sempre l'ambiente, e nient'altro.

Mi accingo a riporre questo libro nella mia libreria con due stati d'animo. Il primo è un lieve dispiacere per il fatto di averlo terminato (mi sarebbe piaciuto che avesse avuto il doppio delle pagine); il secondo è un senso di appagamento per tutte le cose che non sapevo e che ora so. D'altra parte, a questo servono i libri, no?

2 commenti:

Alberto ha detto...

Lessi questo libro parecchi anni fa in un'altra edizione e ne rimasi affascinato, per scoprire, come te, cose che non sapevo. È di quei libri che ti fanno vedere la storia umana dall'alto nella sua tortuosa progressione.

Andrea Sacchini ha detto...

Esatto. E soprattutto, attraverso la conoscenza del passato ti consentono di capire tanti perché del mondo di oggi.

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