martedì 22 febbraio 2022

L'altro da sé (su internet)

Ogni tanto Telmo Pievani torna su questa cosa, cosa che a me lascia sempre un po' di perplessità. Sintetizzando, dal punto di vista evolutivo le neuroscienze hanno dimostrato attraverso molteplici studi che il nostro cervello si porta dietro il retaggio di quando i nostri antichi predecessori vivevano in piccoli gruppi. Fino all'inizio del neolitico (tra 10 e 12.000 anni fa), quando l'uomo ha inventato l'agricoltura e l'allevamento, i nostri antenati hanno vissuto per milioni di anni come cacciatori-raccoglitori, e per tutto questo tempo la loro vita si è sempre svolta in piccoli gruppi nomadi generalmente formati da poche decine di persone. Oggi, nonostante viviamo da sedentari nel cosiddetto "villaggio globale", il nostro cervello lavora ancora come se fossimo quelli là; gli è cioè rimasto l'adattamento ad avere un certo numero di relazioni all'interno di un gruppo più o meno grande che lo protegge, esattamente come succedeva nel paleolitico.

Questo spiega, tra le altre cose, le polarizzazioni che si verificano ad esempio in quella sterminata prateria che è internet. La tendenza tipica dei social a formare gruppi distinti in cui ci si riconosce, in cui è possibile trovare chi la pensa come noi e nel gioco dei quali scatta l'ostracismo verso chi la pensa diversamente o la vede in un altro modo, è appunto retaggio di questo antico modus operandi del nostro cervello. Paradossalmente, noi umani abbiamo tra le mani forse il più libertario, anarchico, globale strumento di libertà espressiva mai concepito, ma ci muoviamo al suo interno con le stesse modalità di fare di quel grosso mammifero antropomorfo nato in Africa cinque milioni di anni fa. Fin qui la scienza, e ci sta.

Quello che me lascia perplesso è però l'incompletezza del discorso. Se è vero, come è vero, che in rete, ma anche fuori, esistono le cosiddette echo chambers, è anche vero che la loro nascita non è dovuta solo al modo arcaico e anacronistico in cui ragiona il nostro cervello, ma anche alla palese impossibilità che le cose procedano in un altro modo. Mi spiego con un esempio calzante col periodo che stiamo vivendo. Se io penso che il green pass sia uno strumento utile, assieme ai vaccini e a tutto il resto, per combattere la pandemia, è logico che vedrò di buon occhio e mi riconoscerò in chi in rete e fuori la vede come me. E siccome l'argomento green pass è per sua natura analizzabile e valutabile da diverse angolazioni, sono anche disposto a mettermi in ascolto di chi la pensa diversamente, sentendo le ragioni che portano a identificare il green pass come uno strumento inutile. Questo perché, e mi pare sia una cosa palese, il green pass per come è stato concepito e attuato ha sì molti pregi ma allo stesso tempo molti difetti; questo credo sia innegabile.

Ma questo discorso, se ha una sua validità per il green pass, non ce l'ha ad esempio nei confronti di un terrapiattista, perché un conto sono le molteplici variabili con cui è possibile valutare il green pass, un altro è la pretesa di mettersi ad ascoltare le ragioni di chi crede che il nostro pianeta sia piatto - il fatto che la Terra non è piatta non può essere oggetto di discussione a meno di non considerare il famoso "c'est l'absurde" di Sartre. In questo caso, quindi, la formazione di due gruppi rigorosamente separati (chi considera la Terra piatta e chi sferica) non nasce dal modus operandi arcaico del nostro cervello, o almeno non solo da quello, ma un dato di fatto oggettivo. C'è differenza tra le due cose, e molta, ed è strano che Pievani non l'abbia menzionata.

Se mai avrò occasione di assistere a una sua conferenza, non mancherò di chiedergliene ragione (parla di questi argomenti a partire dal minuto 36:30 del video qui sotto).

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