sabato 19 febbraio 2022

Non abbiamo più spalle di giganti su cui salire

Ieri nasceva Fabrizio De André, oggi moriva Umberto Eco. Quasi ogni giorno è nato o è morto qualcuno che è stato importante per qualche motivo. Parlo per me, ovviamente, ma credo che ognuno possa fare lo stesso discorso a livello personale. Io mi ritengo abbastanza fortunato, perché per qualche misterioso motivo sono sempre stato appassionato di cose ritenute futili o noiose dalla stragrande maggioranza delle persone, comprese quelle che mi ruotano attorno, ma che su di me hanno sempre esercitato una attrazione fortissima. Come i libri, ad esempio. Sono nato curioso e credo che morirò curioso. Mi ha sempre appassionato il cercare di sapere e di capire e ho sempre provato una smisurata stima nei confronti di chi poteva soddisfare in ogni modo questa mia curiosità.

A loro modo, e ognuno nel proprio ambito, sia De André che Eco, insieme a tantissimi altri, hanno fatto questo e continuano a farlo tuttora. A proposito di Eco, mi dispiace tanto che se ne sia andato presto, troppo presto. Mi sarebbe piaciuto leggere i suoi commenti sugli accadimenti di questi ultimi anni. Eco ha sempre avuto la capacità offrire analisi originali di tutto ciò che accadeva, ha sempre fornito spunti e visto le cose da angolazioni diverse rispetto a quelle della massa, e cerco di immaginare i suoi commenti su questi due anni di pandemia, sulla crisi russo-ucraina, sul vuoto di pensiero dilagante e il baratro culturale in cui è precipitata la nostra società (anche se su questo aveva già ampiamente scritto).

Ciò che dispiace è che, guardando attorno, non si vedono più giganti sulle cui spalle poter salire. Sia in campo artistico che culturale non si scorge più nessuno che si elevi dal magma amorfo in cui c'è tutto e niente. Certo, ci sono ottimi divulgatori e filosofi contemporanei, ma non credo che resteranno. Fra duecento anni si canterà ancora La donna cannone di De Gregori e si leggerà ancora Il nome della rosa di Eco, ma per il resto...

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