sabato 7 agosto 2021

La macchina da scrivere e io

Enrico, il protagonista de Il bordo vertiginoso delle cose, di Gianrico Carofiglio, che sto leggendo in questi giorni, riceve come regalo di compleanno una macchina da scrivere. La riceve, finalmente, dopo averla reiteratamente chiesta come regalo, vincendo la ritrosia dei genitori, che avrebbero preferito regalargli altro, magari una bicicletta, o comunque un regalo che ritenevano più "utile" o adatto per un ragazzino. L'episodio narrato da Carofiglio nel suo libro mi ha fatto tornare in mente i miei approcci fanciulleschi con la macchina da scrivere. 

Quand'ero bambino - i fatti in questione credo risalgano all'epoca delle elementari - capitava spesso che mia madre andasse a trovare una sua amica che abitava (ci abita ancora) in una casa sulle colline qui dietro a casa mia, a due passi da Palazzo Marcosanti. Io e mio fratello la accompagnavamo, naturalmente, e andavamo con piacere perché i due figli dell'amica di mia madre, Caterina e Matteo, più o meno nostri coetanei, avevano una stanza piena di giochi paragonabile alla grotta di Alì Babà (qui Galimberti avrebbe parecchio da rididre, ma lasciamo stare), e mentre le nostre madri chiacchieravano allegramente tra loro, noi quattro ci fiondavamo in questa specie di santuario dei ludi dove c'era di tutto: trenini elettrici, il meccano, casette per le bambole, il tavolo da ping pong, le costruzioni Lego, il Risiko, giochi di società di ogni tipo, il piccolo chimico; addirittura, se non ricordo male, la casa di Ken e della Barbie. Non che a casa mia e di mio fratello mancassero i giochi, intendiamoci, ma qui era veramente un altro pianeta.

Ma il gioco che a me interessava realmente era solo uno: una macchina da scrivere. Era una macchina da scrivere giocattolo, naturalmente, ma funzionante, che simulava perfettamente quelle reali. Bastava infilarci un foglio bianco e si poteva scrivere. Ecco, io volevo andare da Matteo e Caterina solo perché sapevo che avrei giocato con la macchina da scrivere, e ogni volta che noi bambini entravamo nella grotta di Alì Babà chiedevo subito dove fosse. Come ho detto, era il periodo delle elementari, quindi non è che vergassi poemi o romanzi (non li vergo neppure adesso), ma semplicissime frasi sconclusionate che inventavo lì per lì. A differenza degli altri tre, che ritenevano la macchina da scrivere uno dei giochi più noiosi della grotta, a me piaceva un sacco, e per buona parte del tempo me ne stavo un po' in disparte nel mio piccolo mondo fatto di parole sconclusionate scritte pigiando con le dita sui tasti della macchina. 

Ripensandoci oggi, dopo più di quarant'anni, rivedo in quel mio atteggiamento di allora, un po' fuori dagli schemi, forse abbastanza anomalo per gli standard di un bambino, i prodromi di quelli che sarebbero stati, nel bene e nel male, i tratti peculiari del mio carattere da adulto, un carattere sostanzialmente abbastanza "orso", schivo, amante della solitudine, del silenzio, della calma e della tranquillità, dei libri oceanici, della scrittura intesa come sublimazione, di una passeggiata solitaria in collina piuttosto che della bolgia dantesca di una spiaggia in estate. 

Sì, probabilmente allora c'era già in nuce tutto questo, forse ero già un piccolo blogger, e Carofiglio mi ci ha fatto pensare.

10 commenti:

giorgio giorgi ha detto...

Molto probabilmente se ciò accadesse oggi i genitori si preoccuperebbero molto e le maestre proporrebbero un colloquio con uno psicologo! Teniamoci strette le nostre diversità perché quasi sempre sono le cose più autentiche e preziose che abbiamo!

Luigi ha detto...

Bellissimo quel libro, l'ho letto due volte. Carofiglio mi piace in generale.

Andrea Sacchini ha detto...

Anche se, spesso, le più incomprese.

Andrea Sacchini ha detto...

Leggo spesso libri di Carofiglio. Mi piace il suo stile, la sua prosa, il suo scavare nella molteplicità dei sentimenti umani, negli stati d'animo.
Poi, certo, ha scritto anche cose trascurabili, a mio giudizio, ma in generale lo trovo un ottimo scrittore.

Anonimo ha detto...

Carofiglio? Il classico scrittore dei nostri tempi partorito da mamma televisione. Fulvio

siu ha detto...

Personalmente ho molto amato i libri di entrambi i fratelli Carofiglio, sia Gianrico che Francesco.

Andrea Sacchini ha detto...

Secondo me è il contrario. Il suo primo romanzo risale al 2002, quando ancora era in magistrarura, la televisione è arrivata molto dopo.

Andrea Sacchini ha detto...

Francesco mi manca. Proverò a recuperare qualcosa.

Pier ha detto...

Con la macchina da scrivere ho avuto un rapporto pessimo... per fortuna l'era del computer è arrivata in tempo per salvarmi da una vecchia Olivetti lettera 22.

Andrea Sacchini ha detto...

Io ricordo le macchine da scrivere elettriche che usavamo alle superiori nell'ora di dattilografia. Non credo fossero Olivetti... boh, non ricordo più.
Comunque non me la cavavo male :-)

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