Dalla finestra
La finestra della camera dava sul cortile. Il cortile, a sua volta, era diviso dal marciapiede che fiancheggiava la strada da un'alta cancellata. Renata scostò un attimo la tendina della finestra e guardò fuori. Quella cancellata, così alta e così impossibile da valicare, le ricordava le cancellate dei penitenziari viste tanto tempo prima in qualche vecchio film. Come Le ali della libertà, ad esempio, con quell'attore nero di cui non ricordava mai il nome. Ma non era sicura che attorno al penitenziario di quel film ci fosse una cancellata, forse c'era un muro con del filo spinato sulla sommità. Comunque, cancellata o muro che fosse, il protagonista di quel film riuscì a evadere coprendo il buco nella parete della sua cella con un poster di Rita Hayworth. Quel buco nascondeva l'entrata del tunnel che scavava di nascosto ogni notte, e il nero l'aveva aiutato, questo se lo ricordava bene. Poi, che attorno al penitenziario ci fosse un muro o una cancellata o del filo spinato, in fondo chi se ne fregava? Ciò che importava era che il protagonista alla fine era riuscito a scappare. Lei, invece, da quella stanza non sarebbe mai riuscita a fuggire.
Mentre continuava a guardare fuori dalla finestra, in quel pomeriggio di metà settembre che con vistosa riluttanza cedeva il posto alla sera, vide passare sul marciapiede una bambina su una bicicletta. Procedeva abbastanza speditamente. Aveva un vestitino leggero, rosso, che svolazzava impertinente nella brezza di quel tardo pomeriggio, e aveva capelli biondi raccolti in una coda che le arrivava a metà schiena. La bambina sorrideva, pedalava e sorrideva. A Renata sembrò che la bambina stesse canticchiando qualcosa, ma era solo un'impressione, e comunque, coi vetri chiusi, quei vetri sempre maledettamente chiusi, non poteva averne certezza. Poi, ad un tratto, mentre pedalava, la bambina si girò e guardò verso Renata. Ma fu appunto solo un attimo. L'anziana donna però se ne accorse; istintivamente alzò la mano per accennare un saluto e sorrise alla bambina, sorriso che morì subito quando realizzò che lei era già fuori dallo specchio di visuale consentito dalla finestra. Chissà se la bambina sulla bicicletta era riuscita a vedere il suo accenno di saluto? Sarebbe stato bello. Lasciò andare la tendina che teneva scostata con una mano e, lentamente, con la sua andatura incerta e claudicante, tornò verso il letto accompagnandosi con la sua stampella. Se fosse passata l'infermiera e l'avesse trovata in piedi vicino alla finestra sarebbero stati guai, lo sapeva, era successo altre volte, ma a Renata non importava granché. E poi le infermiere, in fondo, non erano cattive, facevano solo il loro lavoro.
Si rimise a letto e ripensò a quella bambina che era passata sul marciapiede al di là della cancellata, con la sua bicicletta. Anche lei, quando era piccola, aveva una bicicletta, gliela regalò suo padre quando aveva dieci anni. Ora Renata di anni ne aveva molti di più, forse neppure lei ricordava con precisione quanti, sufficienti comunque per essere rinchiusa in quel posto, dove vengono parcheggiati i vecchi che non servono più e di cui ci si vuole liberare, perché oggi il mondo va di fretta e non ha tempo di stare dietro a chi comincia ad avere difficoltà a badare a se stesso, come Renata.
Sentì dei passi nel corridoio. L'infermiera col carrello delle vivande: era ora di cena. L'infermiera aprì la porta, entrò, aiutò Renata a mettersi seduta sul letto, le avvicinò il portavivande e vi posò sopra i piatti coi cibi, poi fece per andarsene.
"Ho visto passare una bambina su una bicicletta," disse Renata all'infermiera quando quest'ultima era già alla porta.
"Ah, sì?" rispose l'infermiera girandosi. "Lo sai, Renata, che non devi alzarti dal letto, quante volte te lo devo ripetere?"
"Mi ha guardata e io l'ho salutata."
"E lei? Anche lei ti ha salutata?"
"Non lo so, andava veloce ed è scomparsa subito. Chissà, forse domani ripasserà, e magari anche lei mi saluterà."
L'infermiera accennò un sorriso, poi se ne andò, chiudendo la porta. Renata assaggiò qualcosa di malavoglia, ma non aveva fame e allontanò da sé il portavivande. Poi, lentamente, scese dal letto, inforcò la sua stampella, e con la sua camminata incerta e claudicante tornò alla finestra e scostò la tendina.
Commenti
complimenti, è ben strutturato, preciso, coinvolgente.
con poche pennellate hai fatto della protagonista un personaggio toccante.
massimolegnani
Ciao Siu.
Ciao, grazie.
Te l'avevo scritto come commento al tuo post del 3 luglio 2021 e qui lo riscrivo per il post di oggi.
Vedi che non sbagliavo, il 4 luglio 2021 avevo scoperto un bravo scrittore...
Grazie Giorgio.