mercoledì 26 dicembre 2018

Gli scafisti di una volta



Avevo sempre pensato che la "professione" dello scafista, l'essere spregevole che lucra sulla pelle dei disgraziati che si avventurano nella traversata del Mediterraneo, fosse nata recentemente, più o meno in concomitanza con l'aumento delle migrazioni via mare dall'Africa all'Europa. Mi sbagliavo. La figura in questione affonda infatti le sue origini addirittura nell'Italia preunitaria, quando legioni di abitanti dello stivale iniziavano quel flusso costante di migrazioni, tra l'altro esistente ancora oggi, seppur con motivazioni e modalità differenti, che avrebbe col tempo portato le italiche genti a sparpagliarsi nei quattro angoli del globo.

All'epoca lo scafista veniva chiamato Padrone, sostantivo che oggi ha assunto un altro significato ma che probabilmente, come accade spessissimo nella lingua italiana, deriva dal Padrone di allora, la cui attività era sostanzialmente quella di procurare passaggi sulle navi dietro lauto compenso, disinteressandosi poi completamente del destino dei poveretti che si imbarcavano. Insomma, una figura non troppo dissimile dai moderni scafisti.

Sono solo a metà di questo imponente e interessantissimo saggio, che descrive nei dettagli la storia delle migrazioni italiane nel globo, ed è già stato sufficiente a smontare la maggior parte dei luoghi comuni che oggi circolano riguardo a questo gigantesco fenomeno. Si legge ad esempio nell'introduzione: [...] "Se è vero che molti altri paesi hanno conosciuto e conoscono flussi migratori di grande portata, è difficile trovare altri esempi, come quello italiano, così intensi, così a lungo distribuiti nel tempo, così variegati per provenienza territoriale e sociale, così diversificati per luoghi d'arrivo. A ben vedere, è la storia intera del nostro paese in età contemporanea ad avere ereditato dal fenomeno migratorio i suoi più essenziali caratteri". [...] Questo è già sufficiente a smontare il luogo comune che l'emigrazione italiana è stato qualcosa di non troppo rilevante e circoscritto nel tempo. Ovviamente, qui, non posso mettermi a fare un riassunto di un saggio di oltre mille pagine, ma alcune cose le posso velocemente accennare.

Innanzitutto c'è da dire che numeri abbastanza attendibili relativi alla portata del flusso migratorio si hanno solo a partire dal 1861, data dell'unificazione italiana, anche se il fenomeno cominciò ben prima. Ma solo a partire da allora si è cominciato a tenere conto, grazie all'istituzione di appositi uffici, del numero di persone che lasciavano l'Italia, e questi numeri quantificano in quasi trenta milioni le persone che da quella data ad oggi se ne sono andate dal nostro paese. Se tenete conto che trenta milioni era il numero di abitanti dell'Italia nel 1900, capite bene che è come se tutta l'Italia dell'epoca se ne fosse andata in blocco.

Un luogo comune piuttosto in voga è che l'emigrazione italiana, a differenza dell'immigrazione odierna, era più "ordinata", nel senso che tutti quelli che partivano avevano documenti in regola, un nome e cognome e la certezza di un impiego che li attendeva all'arrivo. Tutte balle. O almeno per gran parte. Una quota molto elevata di chi lasciava l'Italia, infatti, partiva alla sperinddio, senza documenti, con solo una valigia di cartone legata con lo spago e senza alcuna certezza di trovare qualcosa all'arrivo. Tutti quelli che si imbarcavano tramite i Padroni (scafisti) di cui sopra, infatti, non avevano con sé alcun documento, anche perché a questi ultimi non fregava niente di sapere le generalità di chi provvedevano a imbarcare, bastava che pagassero. Conseguenza di ciò era che quando queste persone si presentavano ai funzionari di frontiera americani dichiaravano nome e cognome a voce, nell'italiano stentato che conoscevano, e i funzionari doganali spesso storpiavano e cambiavano tali nomi all'atto della registrazione.

Altro luogo comune: l'emigrazione italiana era di "qualità", costituita da persone per bene che si spostavano solo per trovare lavoro. Falso, o comunque vero solo in parte. Una quota consistente di quelli che partivano era composta di vagabondi e criminali di ogni risma. Senza scomodare i soliti noti: Lucky Luciano, Al Capone, John Gotti ecc., basti dire che esisteva quella che veniva chiamata Emigrazione della vergogna, perché composta da persone che si spostavano con l'unico intento di dedicarsi ad attività come l'accattonaggio per le strade e altre illecite. Leggo a un certo punto: [...] "Nel corso degli anni venti [dell'Ottocento, ndr], in sostituzione o in aggiunta ai piccoli animali cominciò a diffondersi l'organetto, strumento già in uso fra i "savoiardi", che tuttavia gli preferivano la ghironda. L'organetto fu adottato massicciamente dai parmigiani e dai liguri e, più tardi, anche dai ciociari e dai lucani, che erano già conosciuti in italia e fuori d'Italia come pifferai e zampognari, violinisti e arpisti. Per alcuni decenni lo strumento incontrò il favore del pubblico popolare e consentì di aggirare le leggi antiaccattonaggio, tanto che a metà dell'Ottocento non vi era città dall'Atlantico agli Urali, dal Mare del nord al Caspio e al Mediterraneo che non fosse rallegrata o afflitta dai suonatori italiani. [...] Il gruppo più numeroso giunse a Philadelphia negli anni 1826-31 e da lì si sparse in tutti gli Stati Uniti. Mendicanti, suonatori ambulanti e figurinai furono senza dubbio le avanguardie dell'emigrazione contadina italiana nell'America settentrionale". [...]

Ci sarebbero tante cose da dire, ma non posso certo farlo in un post. Questo breve assaggio solo per ribadire ancora una volta che l'unico sistema per difendersi dalle balle, dalle fake news e dai luoghi comuni è leggere, informarsi, e libri come questo si reperiscono con una certa facilità sia su internet che nelle librerie o biblioteche. Per i refrattari ai libri, naturalmente, c'è anche Youtube.

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