sabato 20 febbraio 2010

Quelle impercettibili differenze tra dire e fare

Giovedì il governo, per bocca del suo esponente più importante ha annunciato una stretta e un giro di vite nei confronti del fenomeno della corruzione. E lo ha fatto, incredibilmente (neanche tanto, poi), contemporaneamente all'annuncio della ripresa della discussione del ddl sulle intercettazioni, fermo da tempo a pisolare in un cassetto della commissione giustizia del Senato in attesa di tempi migliori - evidentemente adesso sono arrivati. Ieri, però, abbiamo appreso che il tanto strombazzato, e lodevole, provvedimento anti-corruzione si è inceppato sul nascere perché incompleto. Se ne riparlerà la prossima settimana - sì, come no? -, ma intanto l'effetto campagna elettorale è assicurato.

Sempre giovedì, evidentemente giorno dei proclami, il nostro aveva dichiarato l'istituzione di una sorta di Parlamento Pulito versione Berlusconi (l'originale, Beppe Grillo, ci era già arrivato alcuni anni prima). "Chi commette reati non può restare nei partiti", aveva proclamato a reti unificate. Poi qualcuno si è accorto che la norma non era così vincolante ma poteva essere adattata caso per caso a discrezione del sultano partito. Anche in questo caso, però, l'effetto mediatico era assicurato. Poi poco importa che la ventina di condannati definitivi continui tranquillamente a restare barricata in parlamento; poco importa che gente come Dell'Utri dichiari senza sprofondare dalla vergogna che a lui della politica non frega un bel niente, quello che gli interessa è non andare in galera; poco importa che Berlusconi stesso, il promotore del nuovo Parlamento Pulito, respinga con decisione le dimissioni del sottosegretario Cosentino sul quale pende un mandato di cattura spiccato dalla procura di Napoli.

In tutti i casi si tratta di quella impercettibile differenza tra dire e fare. Ci siamo abituati.

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