mercoledì 29 luglio 2009

E' più importante chi tiene nel letto o nel partito?

Ieri un ex deputato siciliano di Forza Italia, Giovanni Mercadante, è stato condannato in primo grado a 10 anni di galera per associazione mafiosa. Scrive Repubblica:

Radiologo, 61 anni, parente dello storico boss di Prizzi Tommaso Cannella, Mercadante sarebbe stato medico di fiducia delle cosche e punto di riferimento dei boss nel mondo della politica. Indagato già in passato, la sua posizione venne archiviata per due volte. Poi, nel 2006, la svolta nell'inchiesta e l'arresto. A carico dell'ex deputato, alle accuse dei pentiti, si sono aggiunte le intercettazioni ambientali realizzate nel box del capomafia Nino Rotolo, luogo scelto dai clan per i loro summit. Nei colloqui, registrati per oltre un anno, il nome di Mercadante è emerso tante volte, collegato sempre ad affari illeciti.

Come sapete, da un certo periodo di tempo il nostro premier è sotto il fuoco serrato (per la verità poco in Italia e molto all'estero) delle domande sulla sua vita privata. Con tenacia gli viene chiesto ragione dei suoi comportamenti privati - che come sappiamo privati in realtà non sono, visto la carica che ricopre - e viene dato particolare risalto alle sue frequentazioni (e prestazioni).

Perché, viceversa, a fatti come quello che ha protagonista Mercadante non viene data altrettanta visibilità, ma vengono relegati di sfuggita nelle cronache locali? Il medico siciliano è stato in organico alla formazione politica del premier - Forza Italia - per anni, e nel contempo sarebbe stato pure in organico, stando a quanto scrivono i giudici, alla mafia, addirittura al boss Provenzano. Sarebbe stato altresì accertato - dicono sempre i giudici - che la sua attività di medico era frequentemente rivolta ad agevolare gli stessi mafiosi.

Per gli inquirenti, il medico-politico avrebbe anche fornito "il proprio ausilio e la disponibilità della struttura sanitaria della quale era socio (l'Angiotac, ndr) per prestazioni sanitarie in favore degli associati mafiosi, anche latitanti, e la redazione di documentazione sanitaria di favore, ricevendo, in cambio, l'appoggio elettorale di Cosa nostra in occasione delle regionali in cui era candidato".

Il caso Mercadante, va poi ricordato, non è l'unico in questo panorama. Ai più distratti ricordo infatti che è attualmente senatore nelle file del Pdl tale Marcello Dell'Utri, anche lui già condannato in primo grado a una decina d'anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa.

Ora, è noto, e lo vado dicendo sempre anch'io, che generalizzare è sempre sbagliato. Ma questo non impedisce il nascere di alcune domande, che al pari di quelle che Repubblica e altri si ostinano a rivolgere al premier, forse meriterebbero altrettanta enfasi e visibilità. Eccone alcune di getto:
  1. Com'è possibile che Mercadante sia rimasto in carica in una posizione di prestigio nella regione Sicilia fino alla sentenza del processo?

  2. Possibile che Berlusconi non sapesse dei trascorsi di quest'uomo?

  3. Visto che i primi accertamente svolti circa la presunta collusione dello stesso con la mafia risalgono a metà degli anni 2000, possibile che nessuno all'interno del partito abbia sentito quanto meno la necessità di prendere qualche provvedimento, almeno per non dare l'impressione di immobilità davanti all'opinione pubblica?

  4. Quanti casi come Mercadante e Dell'Utri ci sono all'interno del partito?

  5. Che credibilità può avere un movimento politico che ha al suo interno elementi di questo tipo quando dice di voler combattere la mafia?
Queste sono le prime che mi vengono in mente, ma se volete potete aggiungerne altre voi. Aspettando naturalmente che anche a queste, al pari della vicenda escort di lusso, venga finalmente dato il risalto che meritano sui giornali.

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