lunedì 13 luglio 2009

A chi e a cosa è servito il G8?

Il G8 è finito. I capi di stato, quelli definiti - non si sa ancora bene perché - "grandi", se ne sono tornati a casa e gli aquilani hanno potuto riprendere a circolare liberamente ovunque, senza zone rosse, spazi interdetti e via dicendo. Molti ne hanno addirittura approfittato per effettuare una sorta di pellegrinaggio all'interno della caserma della Finanza per visitare i locali dove hanno soggiornato i partecipanti al summit.

Summit che è stato un successo, sul piano dell'immagine è innegabile: il cavaliere, nonostante i timori della vigilia di qualche colpo basso dai "terribili" cronisti stranieri, ha potuto beneficiare di una sorta di blackout temporale, quasi una specie di clemenza collettiva, che gli ha permesso di superare indenne le conferenze stampa tanto temute senza che nessuno si azzardasse a porre domandine imbarazzanti su cosa ci facesse ad esempio Topolanek a villa Certosa con le appendici pendule al vento, e cose simili.

Quindi, sul piano dell'immagine tutto bene, tanto che lo stesso Berlusconi, trionfante, si è pure lanciato in un "adesso voglio vedere chi parla di declino!", così, giusto per ricordare agli "infedeli" chi comanda. Quindi, all'Italia e al governo, sul piano dell'immagine il G8 è servito sicuramente.

Quello che pare molti giornalisti e molti telegiornali abbiano dimenticato, è però il motivo principale per cui questo summit si è tenuto: la lotta alla povertà e alle conseguenze dei cambiamenti climatici. Anche qui, pur con qualche eccezione, tutti si sono lanciati in una specie di delirio collettivo facendo risaltare a caratteri cubitali gli impegni e gli accordi raggiunti, elencati nel documento finale redatto da tutti i capi di governo. In particolare quei 20 miliardi di dollari che i grandi si sono impegnati a versare per combattere la fame nel mondo; fame che, in concomitanza con lo svolgersi del vertice, la Fao ha dichiarato colpire per la prima volta nella storia dell'umanità più di un miliardo di persone, addirittura 100 milioni in più di individui rispetto a solo l'anno scorso.

Pochi, però, a parte qualche cane sciolto, hanno messo in evidenza che le promesse, le parole, i miliardi, non sono nient'altro che un impegno a mantenere quanto già promesso nei summit passati e regolarmente disatteso, specialmente dall'Italia. Non c'è niente di nuovo e rivoluzionario nel documento redatto al termine del summit, solo appunto la promessa di cercare di mantenere - almeno questa volta - quanto promesso le volte scorse. Cosa che è scritta chiaramente nel documento stesso.

I paesi del G8 «pur notando segni di stabilizzazione» dell'economia mondiale e «una maggiore fiducia, hanno riaffermato il loro impegno ad attuare le decisioni prese ai summit di Washington e Londra».

E quindi? A cosa è servito questo vertice? Sono state prese importanti decisioni riguardo alle questioni climatiche, dirà qualcuno, come ad esempio l'accordo sottoscritto da tutti per contenere l'aumento medio globale della temperatura entro i due gradi centigradi, certo, ma sempre di un impegno a "fondo perduto", diciamo così, si tratta. E come la mettiamo poi con la promessa solenne di abbattere da qui al 2050 l'emissione di co2 globale del 50%? Che consistenza ha questo obiettivo? Quanti saranno i capi di stato e di governo presenti al summit che tra 41 anni saranno ancora qui a rispondere di queste promesse?

Non si sa. Nel dubbio, India e Cina hanno fatto sapere di non sentirsi affatto vincolati da questo accordo, il che ha provocato il forte disappunto di Ban Ki-moon, segretario generale dell'Onu, che ha bollato come insufficienti gli accordi raggiunti. E d'altra parte la cosa è pure comprensibile: come si fa a nutrire qualche speranza di successo nella lotta al riscaldamento globale se due dei maggiori produttori mondiali di c02 girano i tacchi e se ne vanno? Fa anche questo parte del "successo" del summit? Mistero.

Insomma, fin qui le uniche cose spese, invece dei miliardi di dollari promessi durante gli anni, sono state le parole, quelle sì profuse a miliardi, ma che non hanno portato nessun beneficio a nessuno. Il G8, un appuntamento che si trascina ormai stanco dal 1975, assomiglia sempre più, come scriveva ieri Massimo Giannini su Repubblica, a una bella scatola, irrimediabilmente vuota.

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