venerdì 17 luglio 2009

Prima promulga, poi scrive (meglio che niente...)

E così, come segnalavo anche nelle mie "pillole", il presidente Napolitano (foto) ha esternato al premier i dubbi, le perplessità e le preoccupazioni sulle incongruenze e le possibili future ricadute che alcune delle norme contenute nella legge "sicurezza", appena promulgata, potrebbero avere nel prossimo futuro. Istituzione delle ronde e reato di clandestinità i due punti maggiormente preoccupanti per il capo dello stato.

E' perlomeno singolare questo modo di procedere di Napolitano: si potrebbe quasi dire che abbia inaugurato un nuovo modus operandi in tema di promulgazione delle varie leggi che via via escono dal Parlamento. Insomma, finora i vari presidenti della Repubblica, almeno da quello che ricordo io, non hanno mai utilizzato questo sistema di richiami e "rilievi" esternati prima o dopo la firma di una legge. O veniva firmata o veniva respinta e rinviata alle Camere - mi pare che l'ultimo in ordine di tempo ad aver respinto tout court un disegno di legge sia stato Ciampi quando si rifiutò, almeno in prima battuta, di promulgare l'abominio legislativo di Gasparri sul riassetto del sistema televisivo -.

Con Napolitano, finora, l'unico respingimento senza tanti preamboli è avvenuto quando si è rifiutato di firmare, lo scorso febbraio, il decreto d'urgenza che obbligava Eluana Englaro a essere nutrita e idratata. Poi sono cominciati i richiami, i rilievi e le esternazioni in stile "chi vuole intendere intenda". Si comincia circa un mesetto fa, in fase di passaggio del ddl intercettazioni dalla Camera al Senato, quando Napolitano da Napoli faceva sapere che avrebbe seguito con molta attenzione l'iter legislativo e avrebbe preso le relative decisioni di sua competenza. Un messaggio chiaro alla maggioranza di non tirare troppo la corda, visto che quella norma sugli "evidenti indizi di colpevolezza" aveva già fatto rizzare le antenne ai giuristi del Quirinale.

Arriviamo poi a una decina di giorni fa. Napolitano chiama il buon Alfano in ufficio e gli dice senza tanti giri di parole che la legge sulle intercettazioni così com'è lui non la firma: si regoli di conseguenza. "Obbedisco!", gli risponde a mo' di Garibaldi il docile Alfano. E così il disegno di legge, quello che prevede tra le altre cose la morte della cronaca giudiziaria, la galera per i giornalisti, la sostanziale impossibilità di utilizzare le intercettazioni telefoniche per correre dietro ai delinquenti e l'obbligo di rettifica per i blogger, viene rinviato a dopo l'estate. Berlusconi schiuma di rabbia, perché aveva fatto con le mani e coi piedi - tanto che non era escluso il ricorso all'ennesima fiducia - per farlo passare prima delle vacanze, ma preferisce soprassedere volendo evitare di peggiorare ulteriormente i rapporti, già non troppo idilliaci, col Quirinale, e anche perché si era in periodo G8.

Adesso è arrivata appunto l'ultima puntata: questa volta Napolitano firma e poi fa i rilievi, peraltro piuttosto pesanti, sulle norme già citate prima e contenute in questa legge. Rilievi appunto preoccupanti che avrebbero secondo molti messo in luce buone probabilità di un rinvio alle Camere di tutto l'ambaradan. Napolitano, è evidente, vuole evitare lo scontro con la maggioranza, e d'altra parte era stato proprio lui ad auspicare una "tregua" in vista dell'imminente G8 e un proseguimento della stessa anche dopo. Sono sincero: a me questo modo di operare non piace. Io non voglio un presidente eccessivamente mediatore. Una legge che criminalizza una persona non in base a quello che combina ma in base a quello che è, che prevede l'istituzione di gruppetti politicizzati mandati in giro per farci sentire più sicuri, che obbliga i medici a denunciare chi ha bisogno di cure se non in possesso di un visto regolare, che proibisce alle donne che partoriscono di riconoscere un figlio se non sono in regola con quel benedetto pezzo di carta, e tante altre cose, andava presa e rispedita al mittente senza tanti complimenti.

Berlusconi ha detto sorridendo che terrà conto dei rilievi del Presidente della Repubblica. Altro motivo per cui Napolitano non avrebbe dovuto firmarla: avrebbe evitato questa ennesima presa per i fondelli.

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