sabato 16 dicembre 2006

Il tribunale respinge il ricorso di Welby, tanto soffre lui...

Mi sarebbe piaciuto poter scrivere un post che celebrasse la parola "fine" alla tribolata vicenda di Piergiorgio Welby, sulla quale avevo già scritto qualcosa in un post precedente.

E invece no, devo aspettare ancora, perché il Tribunale si è pronunciato oggi dichiarando inammissibile il ricorso col quale Piergiorgio chiedeva semplicemente che fosse messa fine alla tortura legalizzata alla quale è costretto. Poco importa che il giudice abbia espresso, nelle pagine in cui spiega la motivazione della sentenza, l'auspicio che venga al più presto colmato il vuoto legislativo in merito a questa delicata materia, perché Piergiorgio non può più aspettare. Fa ridere che leviamo gli scudi e ci indigniamo per quei paesi in cui la tortura è prassi quotidiana, quando per mancanza di legislazione ce l'abbiamo anche noi in casa nostra.

E fa ridere che un uomo, solo perché immobilizzato in un letto, non possa vedere soddisfatta la sua legittima richiesta (il diritto a chiedere l'interruzione del trattamento medico è garantito dalla nostra costituzione) di smettere di patire come un cane. Gesto che, se non fosse per il fatto di essere completamente immobilizzato, potrebbe fare tranquillamente da sé.

8 commenti:

  1. Andrea, io la penso esattamente come te.

    Ma sai per caso in base a quale articolo il giudice ha emesso la decisione?
    Non so se la responsabilità della decisione sia del giudice, che counque sia deve attenersi a quello che dice la legge, o del mondo politico che ancora non riesce a mettersi nei panni di chi la sofferenza fisica la vive veramente (molto spesso in nome di quello che dice la religione) ed a scrivere leggi secondo me più libere.

    Naturalmente tutto dando per scontato che il giudice non abbia mal interpretato nulla.

    RispondiElimina
  2. maury: "Ma sai per caso in base a quale articolo il giudice ha emesso la decisione?"

    Eh, mi sa che per saperlo bisognerebbe leggersi le motivazioni della sentenza. Sui siti internet che ho consultato non c'è scritto niente al riguardo. Secondo me si è basato su una specie di compromesso che stia in bilico tra la mancaza di legislazione specifica della materia e l'articolo della costituzione, citato nel sito di Luca Coscioni, secondo cui il paziente cosciente e lucido può chiedere di interrompere il trattamento medico.

    RispondiElimina
  3. Sono perplesso dalla legittimità costituzionale di questa delibera del giudice. Il secondo comma dell'articolo 32 della Costituzione recita:

    Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

    Quindi è il contrario di quel che afferma il giudice: se esistesse una legge che obbligasse Welby al trattamento sanitario, allora si sarebbe dovuto stabilire se tale legge viola i limiti imposti dal rispetto della persona umana. In assenza di legge (e di fatti tale legge non esiste in questo caso), la Costituzione parla chiaro e riconosce a Welby il diritto che chiede. Nessuno può essere obbligato al trattamento, punto. La Costituzione non lascia adito a dubbi.

    RispondiElimina
  4. A questo punto non vorrei che il giudice avesse preso questa decisione in seguito al timore di essere "bollato" come una specie di "dottor morte", come cioè colui che per primo ha emesso una sentenza di tale tipo, che - mi pare - sarebbe la prima nel nostro paese.

    Però è solo una mia ipotesi.

    RispondiElimina
  5. Effetto Ponzio Pilato insomma. Comunque non è la prima volta in assoluto che un giudice vanga chiamato in causa per una questione di interruzione di terapia, la novità è la questione del respiratore penso. Di norma poi il paziente rinuncia prima di venire attaccato al respiratore.

    Ricordo comunque che un giudice fu chiamato a giudicare su quella donna che non voleva farsi amputare la gamba e poi morì per questo, e mi pare che furono i medici a far intervenire il giudice per cercare di costringerla. Ma il giudice in quel caso riconobbe il diritto al diniego della donna.

    Poi chissà forse ci sono altri casi meno eclatanti in cui sono intervenuti i giudici, non so, meno particolari.

    RispondiElimina
  6. In realtà il giudice ha emesso la sua sentenza in base a un articolo che ancora non esiste, quindi non esistendo non può avvalersene. Ovviamente puzza di sottile scappatoia ma l'avvocatura e la legge vive di scappatoie, no?

    RispondiElimina
  7. Beh, nad. Se è così, allora direi che è un giudice incompetente che può essere tranquillamente accusato di negligenza. Qual è questo articolo?

    Spero che ci siano tutti i ricorsi necessari e che il giudice in questione, se ha agito in maniera così irregolare, ne paghi le conseguenze.

    RispondiElimina
  8. @maury: se vai sul sito dell'associazione Luca Coscioni e sul blog di Piergiorgio Welby troverai speigazioni più approfondite delle mie
    www.lucacoscioni.it
    calibano.ilcannocchiale.it

    RispondiElimina

Perché noi maschi non possiamo parlare di aborto?

Nella discussione sui social e fuori che va avanti da giorni sull'aborto, discussione che ha preso il via dopo la proposta di FdI di ins...