venerdì 11 settembre 2020

Cattiva memoria


La tesi proposta dallo storico Marcello Flores (nel 2014 ha pubblicato un libro bellissimo chiamato Il secolo dei tradimenti. Da Mata Hari a Snowden, 1914-2014, se vi capita leggetelo) in questo saggio storico è interessante e a mio avviso originale: la memoria storica può fare sì che vengano banalizzati gli eventi oggetto di quella memoria. Spiego brevemente.

A partire dagli anni Novanta del secolo scorso sono state istituite giornate della memoria per ricordare alcuni dei tragici eventi che hanno caratterizzato il Novecento, il più tristemente noto dei quali è sicuramente la Shoah. Queste giornate della memoria sono state istituite decenni dopo i fatti che vogliono proporsi di ricordare. È cosa buona che ci siano queste giornate? Sì, indubbiamente.

Tuttavia, siccome la storia è per sua natura complessa, il ricordare un fatto senza che si conoscano gli antefatti, i mille motivi e le mille cause che l'hanno originato può portare a banalizzarlo e/o a ridurne l'importanza e la portata storica. Oppure, peggio ancora, a brandirlo strumentalmente come clava politica. Perché? Le giornate della memoria che ricordano i tragici genocidi del Novecento sono sempre accompagnate dalla riproposizione delle testimonianze, dirette o indirette che siano, di quegli eventi, attraverso la lettura di documenti oppure interpellando direttamente i sopravvissuti - basta pensare a Liliana Segre, ad esempio.

Le testimonianze, però, tendono in questo senso a parlare da sole, se così si può dire, a presentarsi cioè con l'immediatezza della tragedia e della sofferenza a scapito dei connotati storici in cui le tragedie testimoniate sono immerse. Diventano in sostanza mere rappresentazioni del male e non crimini inseriti nella storia, e ciò può portare alle banalizzazioni strumentali che oggi sono sotto gli occhi di tutti.

Quando ad esempio Salvini o la Meloni vergano tweet ogni 10 febbraio per ricordare i massacri delle foibe non lo fanno perché a loro interessano i militari e i civili italiani massacrati in quegli eccidi, ma lo fanno perché gli autori dei massacri erano i partigiani comunisti agli ordini del maresciallo Tito, di qui la valenza strumentale e politica di quel tweet. Ma gli eccidi delle foibe sono un tragico episodio che, per completezza (e correttezza), andrebbe inquadrato all'interno di un contesto storico infinitamente più ampio e variegato, che affonda le radici nella disputa plurisecolare che ha visto contrapposti italiani e slavi per il dominio dei confini orientali del nostro paese.

Siccome però la storia è complessa e noiosa (infatti non interessa più a nessuno), ecco che si può prendere una parte minoritaria di un evento storico e spacciarla strumentalmente come il tutto. È lo stesso tipo di banalizzazioni che proponeva Berlusconi quando affermava che Mussolini è stato un grande dittatore perché mandava gli oppositori politici in villeggiatura, oppure che in fondo sì, ha sbagliato a fare le leggi razziali ma fino al '38 ha fatto molte cose buone (successi politici, economici ecc.), un ritornello oggi molto in voga tra chi non sa niente e che è diventato ormai memoria comune.

Questi alcuni dei motivi per cui, oggi specialmente, è così difficile fare i conti con la storia, come recita il sottotitolo del libro. Sostanzialmente perché viviamo ormai in una società che rifiuta la complessità, la riflessione, l'approfondimento critico, che si ferma ai titoli, agli slogan, ai tweet e passa oltre, e che quindi assicura il successo a chi meglio sa sfruttare questa sua intrinseca debolezza.

3 commenti:

Joanna ha detto...

Una lettura interessante, sicuramente da prendere in considerazione.
Buon fine settimana!

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, oltretutto si tratta di un saggio abbastanza leggero (circa 120 pagine) e scorrevole. Merita.
Buon fine settimana anche a te.

giorgio giorgi ha detto...

Hai perfettamente ragione. Io rabbrividisco spesso sentendo come la gente dà giudizi sommari su tutto senza approfondire gli antefatti, i fatti, la situazione in cui i fatti si sono verificati, ecc. Faciloneria, mi verrebbe da chiamarla, voglia di facilità. Il problema è che così tutto va a gambe all'aria, perchè con giudizi sbagliati si creano dissapori, malumori e credenze errate. Sì, è vero, pochi hanno voglia di approfondire le questioni, analizzarle almeno un po'. Corriamo sempre in avanti, pensiamo al futuro, invece di soffermarci sul presente (o sul passato), siamo imbebuti di smania del nuovo. Quello che sanno e che hanno vissuto i nostri vecchi è merce da vendere come saldi, se non ritirarla dal mercato perchè non interessa più nessuno. E' roba vecchia e, in quanto tale, non ha nessun valore. Così non impariamo niente dalla Storia, non ce ne frega niente, come se la caduta dell'Impero Romano dovuto al rilassamento dei costumi non riguardasse terrificantemente i giorni che stiamo vivendo.

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