Ecco perché, al loro cospetto, suscitano una sorta di ilarità mista a compassione quei giornalisti che non avendo di meglio da fare trovano il tempo di scrivere articoli come questo, pubblicato ieri da Il Giornale. Articoli che continuano a uscire con una certa frequenza e che ormai non (mi) fanno né caldo né freddo. Una volta me la prendevo, magari ci scrivevo anche qualcosa, ma poi ho capito che in fondo non ne vale la pena. Allo stesso modo in cui non meriterebbe una replica quello in oggetto, secondo me scritto col solo scopo di procurare al suo autore una sorta di masturbatoria autogratificazione nel leggere la reazione della blogosfera.
E allora accontentiamolo, facciamolo felice (così magari la smette), facciamogli vedere che ha ragione sui blogger. E a tal proposito suggerisco di esaminare qualche "chicca" contenuta nell'articolo per commentarla insieme.
E invece internet, e in particolare quegli orrori che si chiamano blog, sono tutto l’opposto. Un nervosismo di insulti svogliati, sfoghi di invidia o meschinità di cui si è felici.
Certo, in molti blog capita anche questo; il problema è che non capita solo nei blog, ma con altrettanta frequenza capita sulla carta stampata, quella frequentata da lorsignori giornalisti professionisti con tanto di iscrizione all'albo. La recente estenuante querelle tra Travaglio e Facci è solo un esempio, si potrebbero citare tanti altri casi, e a volte sarebbe sufficiente leggere certi prestigiosi editoriali da prima pagina per constatare come le caratteristiche attribuite dall'esimio giornalista alla categoria dei blog siano in realtà ben presenti in altri ambiti.
Essi [i blog, ndr] vengono vantati come luoghi d’espressione ideale e comunicazione: nessun elogio insomma gli è risparmiato. A me invece paiono luoghi di frustrazione e sciatteria, nei quali bisognerebbe io credo vergognarsi di scrivere, e certo non inorgoglirsi di averli creati. Invece c’è tutto un culturame e persino il senso comune a elogiarli, a vedere in essi una forma superiore di informazione e democrazia. Ma quelli che valgono qualcosa sono pochi siti a pagamento nei quali si limitano o si cooptano i partecipanti.
Eh già, noi poveri blogger frustrati e sciatti, che dovremmo anche vergognarci di scrivere nei nostri blog a pagamento. Che poi... a pagamento? A quale forma di pagamento si riferisce? No, perché io nella mia infinita ignoranza non riesco a capire: intende forse dire che i blogger sono pagati? E da chi? Boh, non si sa. E comunque non certo dai contributi statali di cui godono le testate come Il Giornale e altre.
Internet diseduca anzitutto perché solo una persona ch’è già molto colta è in grado di orientarsi nella sua infinità di voci, ma allora non ne ha bisogno.
Qui i blog non c'entrano direttamente, ci si sposta alla rete e questa ennesima perla rafforza ancora di più la mia convinzione che l'articolo sia sostanzialmente una sorta di riempitivo buttato lì per riempire una pagina. Per far cascare a pezzi questa gigantesca castroneria basterebbe anche solo citare Socrate - mi pare -, il quale diceva che "il vero sapiente è colui che sa di non sapere".
Io quindi sono a posto, Geminello Alvi non so.
dai, povero Geminello Alvi, come lo tratti male... magari lui neanche le pensa queste cose: semplicemente gli è stato ordinato di screditare i blogger in maniera parziale, falsa e tendenziosa, e lui si è dovuto "piegare" a queste richieste :D
RispondiEliminaE vabbè, lasciamoli fare: se non stessimo sulle scatole a questa gente probabilmente ci lascerebbero stare.
RispondiEliminaQuindi ben vengano articoli come questo. ;)