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Un giorno sì e l'altro pure il nostro premier non perde occasione per rimarcare l'assoluta inderogabilità di una riforma della giustizia. Un'inderogabilità che viene ribadita fino alla nausea da ogni house organ della combriccola al governo e che ultimamente pare purtroppo aver trovato buona sponda anche in una certa parte dell'opposizione.
Lo so, alla maggior parte delle persone della faccenda importa poco o nulla, perché si tratta di temi in genere ritenuti poco importanti, difficili o prerogativa esclusiva degli "addetti ai lavori". Cosa del resto abbastanza normale quando si sente parlare di "separazione delle carriere", "divisione del CSM", "discrezionalità dell'azione penale", e via dicendo. Tutti temi che sono alla base di questa mirabolante riforma della giustizia che sta per essere discussa, che produrrà - qualora dovesse essere approvata - una sostanziale sottomissione della magistratura al potere politico di turno (le conseguenze sono facilmente immaginabili).
Il breve estratto che ho pubblicato sopra fa parte di un lungo sfogo scritto da Luigi De Magistris (foto), il magistrato noto alle cronache per essere arrivato con le sue inchieste molto in alto, troppo in alto. E per questo aver pagato un prezzo piuttosto alto. Ecco, ogni volta che sentite qualcuno (anzi, di solito uno solo) che da tv e giornali ribadisce la necessità di riformare la giustizia (una riforma a sua immagine e somiglianza, ovviamente), spegnete la televisione e mandatelo a quel paese.
Poi accendete il pc e fatevi un giretto qui.
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