venerdì 31 ottobre 2008

Nel 2030 dovremo migrare tutti su un altro pianeta?

Tendenzialmente non ho mai dato eccessiva importanza ai ripetuti allarmi che a intervalli più o meno regolari vengono lanciati dalle varie associazioni ambientaliste in merito allo stato di salute del nostro pianeta. In primo luogo perché mi pare che molte di queste siano caratterizzate - non so come dire - da una sorta di "integralismo ecologista" piuttosto fastidioso, e in secondo luogo perché ho sempre dubitato, per principio, di chi se ne va in giro prevedendo disgrazie e immaginando scenari futuri apocalittici (desertificazioni, aumenti devastanti del livello degli oceani, ecc...).

Più passa il tempo, però, e più - avrete notato anche voi - questi appelli e questi allarmi diventano numerosi e particolareggiati; il ché induce a pensare che forse quelle che ci raccontano non sono solo il frutto delle fantasie paranoiche di una ristretta cerchia di pseudoambientalisti, ma sono cose con cui bene o male ci troveremo a fare i conti. Tanto per fare un esempio, è difficilmente confutabile il fatto che i ghiacci del Polo Nord si siano drammaticamente ridotti, se è vero, come è vero, che oggi è praticamente possibile navigare attorno al Polo Nord come non era mai stato possibile fare prima.

Il mitico passaggio a nordovest, ad esempio, via di collegamento per le rotte dall'Atlantico al Pacifico è già navigabile addirittura dal 2000, mentre da quest'anno risulta addirittura totalmente sgombro dai ghiacci. Tutto questo a causa del famoso riscadamento globale, cioè l'aumento della temperatura del pianeta conseguente alla quantità di anidride carbonica e veleni che noi continuiamo a buttare indiscriminatamente nell'atmosfera.

(variazione della Calotta Artica fino al 2007. Fonte: Wikipedia.org)

Questo riscaldamento, unito all'esponenziale aumento della popolazione umana, che si stima raggiungerà gli 8 miliardi di individui nel 2025, sono i due motivi principali alla base delle preoccupazioni contenute nel Living Planet Report 2008 pubblicato dal WWF. Un rapporto che la nota associazione ambientalista pubblica ogni anno sulla base dei risultati delle analisi compiute da scienziati e ricercatori, e che dice in sostanza che probabilmente il point of no return, ossia il limite oltre il quale il nostro pianeta non sarà più in grado di generare le risorse che solo una piccola parte dell'umanità (quella più ricca) consuma e spreca indiscriminatamente ed egoisticamente, è probabilmente stato raggiunto. E se questa tendenza non sarà invertita subito, nel 2030 servirà un altro pianeta Terra da sfruttare.

Purtroppo, come è ben noto, di queste tematiche non è mai fregato niente a nessuno, in particolar modo a chi ha in mano le sorti del nostro futuro e del nostro pianeta. A questo proposito riporto qui sotto un paio di stralci di un editoriale di Giovanni Sartori pubblicato ieri sul Corriere:

Sulla salute del pianeta Terra noi facciamo da sempre gli struzzi. L'Italia ha sottoscritto a suo tempo gli accordi di Kyoto che ci imponevano di ridurre le emissioni di C02 — tra il 1990 e il 2012 — del 6.5%. Noi invece le emissioni di gas serra le abbiamo tranquillamente aumentate accumulando così un debito di circa 1,5 miliardi. Dunque, fin qui niente tagli, o meglio, siamo morosi e ci proponiamo di non pagare.
Dopodiché abbiamo annunciato che l'accordo europeo per il 2012-2020 che abbiamo testé firmato in gennaio (che prevede una riduzione delle emissioni del 20%) non ci sta più bene. Ipse dixit (Berlusconi): «Non possiamo, in un momento di crisi, caricarci il costo di qualcosa di irragionevole».
[...]
Il discorso è, allora, che siamo arrivati a essere più di 6 miliardi e mezzo di abitanti su un pianetino che oramai è come una casa pericolante, in imminente pericolo di crollo. Per le singole abitazioni di solito intervengono i pompieri che le fanno sgomberare. Ma il pianeta Terra non può essere salvato così. Non abbiamo a disposizione un pianetone contiguo dove ci possiamo trasferire. Se c'è dunque una priorità assoluta, inderogabile, e non differibile è questa. Lo sottolinea con allarme quasi tutto il sapere scientifico. Ma la nostra ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo ha ricevuto i suoi ordini e va all' assalto. L'accordo post-Kyoto sulla futura politica ecologica europea non è più accettabile. Chiediamo la dilazione di un anno (per quanti anni?), la diminuzione del nostro onere (che la nostra ministro ha artificiosamente esagerato), e un ricalcolo dei costi-benefici (perché ora e non quando abbiamo firmato?). Insomma, siamo alle solite. Siamo sleali, infidi, e facciamo i furbacchioni. (articolo integrale qui)

Già, facciamo i furbacchioni. Almeno finché ce lo possiamo permettere.

2 commenti:

Fabio ha detto...

«Non possiamo, in un momento di crisi, caricarci il costo di qualcosa di irragionevole». questa è la più divertente! (rido per non piangere...). E' quindi irragionevole tutelare il posto dove viviamo e dove dovremo vivere (e dopo di noi i nostri figli), il posto che ci OSPITA (questo è quello che tutti abbiamo dimenticato, non siamo i dominatori, non siamo gli orologiai, siamo un ingranaggio dell'orologio).
Tutto questo per cosa? Per il profitto.
La società in cui viviamo è basata su questo, ha come obiettivo quello di migliorare il profitto. Il fine della società non è affatto l'uomo, è un altro, sono i soldi, che da semplice mezzo (erano semplicemente una valuta di scambio) sono diventati un fine. "Quando l'ultimo albero sarà abbattuto, quando l'ultimo fiume sarà avvelenato, allora vi accorgerete che i soldi non si possono mangiare" diceva un saggio (mi pare un indoamericano ma potrei sbagliarmi).

Per quanto riguarda il problema del sovrappopolamento ci ha già pensato qualcuno ad esaminarlo. Malthus prevedeva semplicemente che, in seguito ad un aumento demografico, non seguito da un adeguato aumento delle risorse, il surplus di popolazione sarebbe andato incontro a carestie, malattie, morte, fino a far morire interi gruppi di persone, scoraggiando gente dal fare figli. Così si tornerebbe ad un numero adeguato di abitanti del pianeta, per poi riniziare il ciclo. Per quanto sia macabro e spaventoso risulta essere, crudamente, vero.
Ciao!

Andrea Sacchini ha detto...

> E' quindi irragionevole tutelare il posto dove viviamo e dove dovremo vivere (e dopo di noi i nostri figli)

Beh, evidentemente (secondo loro) sì.

> Per quanto sia macabro e spaventoso risulta essere, crudamente, vero.

Conosco la teoria Malthusiana (ne avevo parlato qualche anno fa in un mio vecchio articolo). Sostanzialmente la condivido (anche se non la sto mettendo in pratica ^_^).

Ciao.

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