domenica 31 agosto 2025

Shout

La recente serie tv The Institute, tratta dall'omonimo romanzo di Stephen King, pubblicato nel 2019, ha come sigla iniziale degli otto episodi questo pezzo. Si tratta di un riarrangiamento in chiave minimalista della celeberrima canzone Shout, dei Tears for Fears, pubblicata a metà degli anni ottanta e divenuta uno dei brani più inconici della band britannica.

Questa versione di Shout, dei The Lumineers, è l'unica cosa degna di nota della serie, il resto è tranquillamente dimenticabile. D'altra parte, è noto che nella gran parte dei casi le trasposizioni cinematografiche o televisive delle opere di King sono da dimenticare.


Introduzione alla morte

Già nell'introduzione, il premio Nobel per la chimica Venki Ramakrishnan, un nome che non imparerò mai, scrive alcune cose interessantissime. La prima riguarda la moltitudine di credenze e strategie che tutte le culture e le civiltà hanno elaborato per far fronte in qualche modo alla consapevolezza della mortalità. Una consapevolezza che solo noi umani abbiamo in virtù del fatto che l'evoluzione ci ha dotati di un cervello molto voluminoso che è stato capace di farci sviluppare, oltre all'immaginazione, la coscienza di sé. Nessun'altra specie ha questa coscienza. 

Scrive l'autore: "Le forme di vita inferiori, persino quelle complesse come le piante, non percepiscono la morte. Semplicemente, capita. Gli animali e gli altri esseri senzienti possono anche temere istintivamente il pericolo e la morte. Essi riconoscono quando uno di loro è morto, ed è noto che alcuni piangono il defunto. Ma non c'è alcuna prova che gli animali siano consapevoli della propria mortalità. Non mi riferisco al fatto di essere uccisi da un atto di violenza, da un incidente o da una malattia evitabile. Parlo della ineluttabilità della morte."

Secondo il filosofo Stephen Cave, la ricerca dell'immortalità e il rifiuto della mortalità sono passate attraverso quattro strategie elaborate dalla civilizzazione umana:

1) cercare di vivere il più a lungo possibile, se non addirittura per sempre.

2) rinascere fisicamente dopo la morte.

3) anche se il nostro corpo si decompone e non può essere resuscitato, la nostra essenza continua a esistere come anima immortale.

4) la prosecuzione della vita, in caso di fallimento delle altre strategie, avviene attraverso la nostra eredità, sia essa artistica (le opere che lasciamo) o biologica (la nostra discendenza).

La strategia che finora è andata per la maggiore è la numero 1, ma le culture umane si differenziano tra loro anche in base alla misura in cui hanno ripiegato sulle altre. Le religioni, ad esempio, hanno attinto a piene mani dalle ultime tre.

Ah, ho iniziato a leggere Perché moriamo, un interessantissimo saggio scientifico che tratta da un punto di vista etico, storico, sociale, morale, biologico la questione che tutti noi, da sempre, cerchiamo di rimuovere: la morte e la consapevolezza della nostra caducità. Prima di finirlo conto anche di riuscire a memorizzare il nome dell'autore :-)

Ommadawn nel silenzio


Ieri, durante una delle mie camminate nella desolazione, mi sono immerso nell'ascolto di Ommadawn. Ommadawn, pubblicato nel 1975, è il terzo album in studio del compositore britannico Mike Oldfield (lo scrivo a beneficio di eventuali giovinetti che dovessero passare di qui). Si tratta di una lunga suite musicale suddivisa in due tracce. La prima traccia dura 19 minuti, la seconda 14 - alla faccia della musica usa e getta odierna cui accennavo nel post di venerdì.

Si tratta di musica evocativa, a tratti onirica, con richiami che vanno dall'afro al celtico fino all'inquietudine della colonna sonora de L'esorcista, e in cui il musicista e polistrumentista si inserisce a tratti con pregevolissimi assoli di chitarra. Un tipo di musica perfettamente in simbiosi con l'ambiente circostante in cui ero immerso, fatto di silenzio, solitudine, sentieri persi nella vegetazione.

Ommadawn nel silenzio.


sabato 30 agosto 2025

Ex burrasca

Una volta era la burrasca, adesso è il "downburst". Perché burrasca non va più bene? Lo spiega formamentis qui. Formamentis è uno di quei blog che ogni tanto fa bene leggere :-)

venerdì 29 agosto 2025

Come cambia la (velocità della) musica

Ci sono alcuni studi, allo stesso tempo interessanti e tristi, che mostrano come è cambiata la fruizione della musica con l'avvento e l'affermazione delle piattaforme digitali. Da questi studi si evince come oggi la durata media di ascolto di un brano virale su TikTok, da parte di un pre-adolescente, sia all'incirca di 20 secondi, media che sale a 2,50 minuti su Spotify. Questo spinge le case discografiche a promuovere maggiormente i brani strutturati in modo da poter catturare l'attenzione di chi ascolta nel più breve tempo possibile, il che significa brani privi di introduzioni elaborate. Si va subito alla melodia principale, che deve essere il più possibile accattivante, pena l'abbandono dell'ascolto da parte del pre-adolescente in favore del brano successivo.

Si ripete nella musica, insomma, il meccanismo della velocità e della parcellizzazione dell'attenzione che contraddistinguono la società di oggi in ogni ambito: si leggono i titolo degli articoli e si passa oltre, si interagisce sui social senza approfondire, ci si lascia affascinare dagli slogan spesso privi di ragionamento retrostante, si studia sant'Agostino facendoselo riassumere da ChatGPT. E non si leggono ovviamente libri, perché i due requisiti principali per poter leggere sono l'attenzione e la lentezza. Tutto è veloce, immediato, ma superficiale.

Adesso siamo arrivati anche alla musica. I servizi di streaming digitale negli ultimi anni hanno contribuito moltissimo a questo infausto cambiamento. I giovanissimi di oggi spesso non conoscono né il titolo né l'autore di ciò che ascoltano, ma cantano e condividono (e poi abbandonano) il tormentone del momento nella stessa maniera in cui si getta il contenitore di un hamburger da McDonald.  

I vecchi dinosauri come lo scrivente provano ovviamente malinconia e tristezza nell'assistere a questo cambiamento antropologico nella società. Ricordo ancora i primi vinili comprati da ragazzo, le musicassette magnetiche, poi i rivoluzionari (all'epoca) compact disk. L'acquisto di un 33 giri era un vero e proprio rituale. C'era trepidazione, attesa. Una volta acquistato si correva a casa, si toglieva il sottilissimo velo di plastica trasparente, si posizionava con cura e attenzione il disco sul piatto e si faceva partire il giradischi. Si ascoltavano e riascoltavano poi le varie tracce del 33 giri con religiosa attenzione, mentre contemporaneamente si leggevano i testi stampati sul retro della copertina del disco. L'ascolto di un disco di un cantautore era quasi un rito sacrale, non l'equivalente del consumo di un hamburger.

giovedì 28 agosto 2025

Orchestrali e criminali


Parafrasando dei vecchi versi di Battiato ("Gli orchestrali sono uguali in tutto il mondo, simili ai segnali orario delle radio"), si potrebbe dire che anche i criminali di guerra sono uguali in tutto il mondo, sia che si chiamino Putin, Netanyahu, Nato o chi volete voi.

Poi certo, non si può generalizzare più di tanto, ogni criminale ha i suoi motivi e le sue personalissime giustificazioni per fare ciò che fa, ma alla fine il risultato, come diceva la buon'anima di Gino Strada, è che a morire in guerra sono per grandissima parte sempre i civili e i poveracci che vengono mandati al fronte. I criminali continuano tranquillamente la loro carriera criminale.

Quei libri un po' così

Il libro che vedete qui sopra è un inciampo. Un libro non cercato, diciamo. Una decina di giorni fa ci trovavamo a Canazei per il weekend quando mi sono reso conto, con orrore, che il saggio che stavo leggendo era prossimo alla fine e terminato quello non avrei avuto nient'altro da leggere. Panico. Quel genere di panico che solo i lettori sprovvisti di materia prima conoscono.

Mentre camminavamo per il centro mi sono quindi imbattuto in un'edicola e sono entrato, mentre gli altri aspettavano fuori, impazienti (avevamo una certa fretta). I pochi libri presenti erano appesi a una specie di espositore girevole nascosto in un angolo. Mi ci sono avvicinato e ho preso al volo questo libro, che tra quelli esposti mi sembrava il meno peggio, convinto anche da quel "ombre e mistero" in copertina. Vabbe', ho pensato, se anche sarà un libro da dimenticare al massimo avrò buttato 3,90 euro, pazienza.

E invece il romanzo in questione si è rivelato tutt'altro che da buttare. Anzi. 

Niente di che, intendiamoci; narrativa leggera più indicata ai ragazzi che agli adulti. Ma, come si dice: In tempi di carestia ogni buco è galleria. La storia è interessante, scritta bene e in un giorno e mezzo l'ho divorata. Adesso, però, terminata l'emergenza, torno ai libri con la L maiuscola.

Tipo questo, di cui ho sentito molto parlare e la cui autrice ha vinto l'anno scorso il Nobel per la letteratura.

Poi vi dirò.

mercoledì 27 agosto 2025

Fenomenologia di Molinari

Se prendessimo per buona l'affermazione di Molinari, il suo abbandono di uno studio televisivo dopo essersi trovato con un fucile puntato alla schiena sarebbe un abbandono volontario. Ci sono livelli di malafede e disonestà intellettuale, nel grande mondo dell'informazione, riguardo a ciò che succede a Gaza, che fanno rabbrividire.

Il troppo grande annichilisce

Avevo già letto questo concetto da qualche altra parte, ma qui Galimberti lo approfondisce molto bene: il troppo grande annichilisce e porta all'indifferenza. È un concetto che ha a che fare con la nostra psiche. 

Più o meno tutti sappiamo che a Gaza siamo di fronte a un genocidio ormai conclamato, un genocidio per la prima volta nella storia trasmesso via social, ma allo stesso tempo siamo coscienti che non possiamo fare niente e io, francamente, credo servano a ben poco le tante e lodevoli iniziative pubbliche di sensibilizzazione verso questa tragedia. Così come sono cosciente che non serve a niente che io e altri quasi ogni giorno scriviamo di questo sulle nostre pagine. 

Chi sta portando avanti questo genocidio ha delle motivazioni che sono molto più forti di tutte le iniziative che a livello globale vengono intraprese e non si fermerà davanti a niente. Le uniche armi che potrebbero avere una qualche efficacia sarebbero sanzioni e blocco della vendita di armi a Israele, cose che l'Europa si guarda bene dal fare visto che Israele è nostro partner e amico.

Quindi si va avanti nell'indifferenza, quella psicologica e quella strategica. Fino a quando il genocidio sarà completato e il popolo palestinese non esisterà più.


lunedì 25 agosto 2025

Fra 50 anni


Oggi era in distribuzione Rimmel (sarà domani in edicola). Questo capolavoro uscì esattamente 50 anni fa e ancora oggi ne vengono pubblicati i vinili, così come ancora hanno un mercato altri dischi di De Gregori e di altri cantautori di quella straordinaria e irripetibile stagione musicale.

Mentre lo distribuivamo, ogni tanto provavo a immaginare dove saranno tra 50 anni Achille Lauro e soci.

domenica 24 agosto 2025

14 euro


Di solito non uso queste pagine per reclamizzare libri, mi limito a scrivere alcune impressioni su quelli che mi hanno maggiormente interessato. Faccio un'eccezione per questo. Costa solo 14 euro e ha appena 160 pagine, accessibile quindi anche ai refrattari alla lettura. Offre una panoramica interessantissima ed esaustiva relativamente al sistema su cui abbiamo imperniato la società contemporanea: il neoliberismo capitalista.

È poco più di un manuale e spiega in maniera chiarissima le teorie su cui si regge il neoliberismo economico e come quest'ultimo plasma e condiziona il nostro sistema sociale e la nostra vita di ogni giorno. Lo consiglio anche a chi non si interessa di questi temi o a chi, in generale, non si interessa a come funziona il mondo. Su alcuni temi l'ho trovato illuminante.

sabato 23 agosto 2025

Il culto dell'ignoranza

"C'è un culto dell'ignoranza negli Stati Uniti, e c'è sempre stato. Lo sforzo dell'anti-intellettualismo è stato una traccia costante che si è spinta nella nostra vita politica e culturale, alimentata dalla falsa nozione che la democrazia significhi che la mia ignoranza è tanto giusta quanto la tua conoscenza."

Queste cose le scriveva Isaac Asimov alcuni decenni fa. Si riferiva agli Stati Uniti e ciò che succede oggi là dimostra quanto il grande scrittore fosse profetico. Qua da noi, stesso scenario. La recente proposta della lega di togliere l'obbligatorietà dei vaccini si muove nel medesimo solco di delegittimazione dei cosiddetti corpi intermedi unita all'esaltazione dell'ignoranza. I corpi intermedi, all'interno di una società, sono i letterati, i filosofi, i medici, gli scienziati, i divulgatori: chiunque abbia una competenza. Sono gli intermediari tra la massa delle persone comuni e un sapere. Sono coloro a cui ci si rivolge per capire, avere informazioni, chiarimenti, approfondimenti.

Quando un politico afferma che i sei vaccini contenuti nell'esavalente sono troppi e possono provocare danni; quando un altro politico intima di non ascoltare gli ammonimenti dei climatologi sul climate-change; quando un altro politico ancora chiede i "pieni poteri" e un giorno sì e l'altro pure delegittima in maniera più o meno esplicita il sistema di pesi e contrappesi di una democrazia (parlamento, magistratura, informazione ecc.), vuol dire che siamo nei prodromi dell'autoritarismo.

Autoritarismo e liberismo economico sfrenato, il sistema sociale in cui siamo più o meno consapevolmente immersi, vanno a braccetto e per mantenere la loro egemonia hanno bisogno della delegittimazione della cultura, in modo che le persone abbiano meno strumenti per poter capire questi meccanismi. Da qui lo svilimento degli intellettuali, dell'informazione, della scienza, del sistema scolastico. 

La proposta della lega di abolire l'obbligo vaccinale, anche se evidentemente velleitaria, si muove all'interno di queste dinamiche. Esattamente come Trump, negli USA, si batte contro la cultura scientifica con la sottrazione di fondi agli istituti di ricerca e alle università. Bisogna che presto o tardi cominciamo a renderci conto di queste dinamiche. La proposta di eliminare l'obbligo vaccinale ha implicazioni che vanno ben al di là del semplice annuncio in sé.

venerdì 22 agosto 2025

Ieri e oggi


Questi concetti li esprimeva alla fine dell'Ottocento l'antropologo francese Gustave Le Bon nel libro Psicologia delle folle. Alla fine dell'Ottocento, non oggi. Eppure sembrano stati scritti oggi.

(Ilaria Bifarini, Neoliberismo e manipolazione di massa. Storia di una bocconiana redenta)

giovedì 21 agosto 2025

Divide et impera

Sulla realizzazione dell'infame progetto di divisione della Cisgiordania da parte di Israele, il commento più adatto è quello di Matteo Saudino, che ancora ha la voglia, la forza e la tenacia di denunciare un giorno sì e l'altro pure ciò che succede là.

Nexus


Credo che questo saggio sia una lettura imprescindibile per chiunque voglia capire qualcosa di più del mondo in cui viviamo. È un libro che a tratti spiazza, fa riflettere, pensare e costringe a guardare molte cose da altre prospettive. In definitiva è questo che devono fare i libri, no?

Con questo lavoro Yual Noah Harari analizza la storia delle reti di informazione partendo dalle prime forme di comunicazione orale fino ad arrivare all'intelligenza artificiale. La tesi che l'autore intende sostenere è che, mentre le reti di informazione che l'umanità ha conosciuto fino a oggi (il telegrafo, la stampa, i rotoli di pergamena, la scrittura, la religione, il nazismo, lo stalinismo ecc.) erano mezzi con cui mettere in contatto le persone ed erano sempre le persone i soggetti imprescindibili della "catena", perché le storie e le narrazioni erano frutto dell'intelligenza e della creatività umane, l'intelligenza artificiale è la prima tecnologia in grado di prendere decisioni e generare idee in maniera autonoma. Con tutte le incognite e i potenziali rischi che ciò comporta e di cui ad ora non abbiamo ancora alcuna contezza.

Uno dei tanti esempi che Harari porta a supporto della sua tesi riguarda la contrapposizione tra la stesura del canone biblico e l'intelligenza artificiale. La discussione secolare su quali testi inserire nel canone biblico e quali escludere ha plasmato il mondo per millenni. Miliardi di cristiani fino al XXI secolo hanno formato la loro visione del mondo sulle idee misogine di alcuni testi del libro. Se al posto di quei testi di stampo misogino ne fossero stati inseriti altri meno discriminatori e più inclusivi, magari una certa parte della storia del mondo sarebbe stata diversa. Oggi l'uomo sta definendo i canoni su cui impostare questa nuova tecnologia e gli ingegneri che scrivono il codice iniziale per l'IA e che scelgono i set di dati su cui viene addestrata nel suo stadio infantile sono secondo Harari gli equivalenti dei padri della Chiesa che qualche millennio fa selezionarono cosa inserire nel canone biblico e cosa lasciare fuori. È impossibile, oggi, riuscire a immaginare l'evoluzione di questa tecnologia e le conseguenze che ne deriveranno. Harari tenta di fare alcune ipotesi in merito guardando al passato e analizzando attraverso le lenti della storia il flusso di informazioni che ha plasmato il mondo e le conseguenze prodotte. 

Fino ad oggi non avevo una idea chiara di cosa fossero l'intelligenza artificiale e gli algoritmi, ora ce l'ho, e non sono più argomenti da cui si può prescindere, di cui si può dire che non interessano, perché fanno già parte della vita di tutti noi. Agli algoritmi si sta già cominciando a demandare l'analisi dei candidati che aspirano a un posto di lavoro, la decisione se concedere un mutuo, una polizza assicurativa. In alcuni stati americani i giudici valutano l'entità della pena da comminare a chi commette certi tipi di reati in base al responso di un algoritmo. Siamo già immersi in un mondo in cui molti aspetti della vita vengono delineati dagli algoritmi, spesso senza rendercene conto.

Questo libro è imprescindibile per riuscire ad avere una maggiore consapevolezza del mondo in cui, volenti o nolenti, viviamo oggi. È uno dei saggi più belli letti finora quest'anno.

martedì 19 agosto 2025

Mamma (per sempre)

Faccio un salto da mia mamma dopo il lavoro, così la saluto (l'ultima volta ero passato giovedì) e ne approfitto per prendere i pomodori dall'orto. Riempio la borsa e nel frattempo facciamo due chiacchiere. Poi lei va a raccogliere un paio di cetrioli e me li mette nella borsa.
"Non mi servono, mamma, li ho già a casa."
"Prendili lo stesso, così non rischi di restare senza." (Capite, no, la portata della tragedia in caso restassi senza cetrioli?)
Poi entra in casa, scende le scale della cantina e riemerge dopo cinque minuti con un po' di pesche. 
"Prendi anche queste, ché sono buone e fanno bene."
"Mamma, le pesche le ho, non mi servono. Ho anche le albicocche e le mele."
"Prendile lo stesso, non si sa mai." (Eh, certo, vedi mai che non abbia a verificarsi una seconda tragedia: esaurimento delle pesche.)
Carico la borsa in macchina e mi accingo a ripartire. Ma lei mi blocca. 
"Aspetta, ieri ho fatto la crostata e te ne do un pezzo."
Rientra quindi in casa, va in cucina a prendere metà crostata con la marmellata, la mette in un sacchetto di carta e me la da. Nel frattempo io ho messo in moto la macchina. Lei mi guarda sconsolata e allarga le braccia.
"Cosa c'è?" chiedo.
"Cosa posso darti ancora?"
"Niente mamma" le rispondo ridendo. "Ho tutto, te lo giuro." La saluto e me ne vado.
Non c'è niente da fare, anche se siamo a pochi anni dalla pensione, per la nostra mamma siamo sempre i bambini di quella volta.

domenica 17 agosto 2025

Pippo

Di Pippo Baudo non so cosa dire, anche se avrei l'età per farlo. Da giovane la televisione un po' la guardavo, ma senza esagerare, anche perché nel mio tempo libero mi chiudevo in camera dove avevo le chitarre, la batteria, l'impianto stereo, le riviste, i libri. Sono cresciuto più con la musica che con la televisione e comunque anche quando capitava che lo vedessi passare sullo schermo mi lasciava completamente indifferente.
Oggi, col senno di poi, devo dire che è stato un bene che sia andata così.

Cari europei

Col senno di poi, non sarebbe stato meglio da parte dell'Europa tenere aperta fin dall'inizio anche una via diplomatica per la risoluzione della controversia tra Russia e Ucraina? 

Probabilmente sì, come scrive Tiziana Ferrario in questo articolo. Magari poi non sarebbe servito e si sarebbe proseguito comunque con la guerra, ma almeno tentare. Invece si è scelto di esecrare ogni via negoziale in nome della guerra e della vittoria finale sulla Russia (come se fosse possibile sconfiggere la Russia), col risultato che oggi, tre anni dopo, le richieste di Putin sono molto più pesanti rispetto a quelle di Istambul del 2022 (allora la Russia si limitava a chiedere la neutralità dell'Ucraina e lo stop all'avanzamento della Nato, oggi aggiunge rivendicazioni territoriali) e Trump nell'incontro di ieri in Alaska ha già dichiarato di essere disposto a concedergliele.

Ma noi no. Col nostro tipico approccio infantile e irrazionale alle vicende della storia, tipo bollare come filo-putiniano chiunque suggerisse di tentare di parlarci, abbiamo raggiunto lo splendido risultato di essere arrivati ai negoziati (perché adesso non c'è altra via che il negoziato) in condizioni molto peggiori rispetto a tre anni fa. E c'è pure chi sbatte i piedi, come fanno appunto i bambini, perché 'sta cosa non gli garba.

La Chiesa

Boh, non so. Più leggo libri sulla storia della Chiesa e più mi chiedo come sia possibile, in qualsiasi modo, avere oggi rapporti con questa istituzione. Non è una provocazione, la mia, e non ho niente con chi si professa cattolico. Non è neppure una questione di fede o di credere o meno nell'esistenza di Dio. 
Mi riferisco alla chiesa intesa come istituzione, come (sovra)struttura. L'unica spiegazione che mi do è che chi rimane legato a questa istituzione non ne conosce la storia, altrimenti non si spiega.

venerdì 15 agosto 2025

Riflessioni sull'amore

Difficile immaginare Roberto Saviano discettare di amore. È una cosa che ti aspetti, che ne so, da Umberto Galimberti, Vittorino Andreoli, Paolo Crepet, autori che su questo argomento hanno scritto libri interi. Ma non da Saviano. Eppure anche lui ci si è cimentato, con riflessioni tutt'altro che banali. 

Qualche settimana fa Saviano è stato ospite di Andrea Moccia, di Geopop, per una lunga chiacchierata sull'origine della malavita in Italia e, inevitabilmente, il discorso è poi caduto sull'ultimo libro dello scrittore, L'amore mio non muore, di cui avevo scritto qui. Partendo dalla storia del romanzo, che è un romanzo d'amore, Saviano fa alcune interessanti considerazioni riguardo alla differenza tra innamoramento e amore, ribaltando un po' l'impostazione antropologica classica secondo cui l'innamoramento e la passione finiscono in breve tempo dopodiché una relazione si regge su interessi comuni, complicità, figli, casa e quant'altro. A questo proposito mi ha colpito molto l'espressione "l'innamoramento è anarchico mentre l'amore è conservatore". Non ci avevo mai pensato.

Interessanti anche le riflessioni attorno all'eterna domanda: Se io ho amato e poi la relazione col mio amato è finita (per qualsiasi motivo), quel tempo è stato tempo perso? Ho isolato lo spezzone della chiacchierata tra i due in cui Saviano fa queste considerazioni e lo ripubblico qui sotto. Secondo me sono molto interessanti. 

Un altro Ferragosto

Ogni tanto, durante le mie camminate, cerco qualche nuovo percorso, possibilmente lontano dai sentieri già battuti e conosciuti. Quindi mi infilo in stradine deserte, spesso in terra battuta, oppure sentieri. Così ho fatto questa mattina. Da queste parti è sufficiente inoltrarsi un po' nelle campagne delimitate dalla via Emilia o dalla Santarcangiolese per trovare qualcosa che assomiglia alla desolazione.

Poco lontano da Mutonia, mi sono imbattuto in uno stabilimento abbandonato in cui una volta venivano prodotte le buste con l'insalata. Avete presente le insalate già pronte che si trovano nei supermercati? Ecco. Ricordo quando chiuse, questa azienda, ne parlarono parecchio i giornali, ma non ero mai capitato da queste parti. Oggi si presenta così:

 

 

E tutto intorno c'è abbandono e silenzio, con le piante e la vegetazione che piano piano si riprendono ciò che un tempo era loro.

 


 




Questa qui di seguito una volta era una pista ciclabile.
 

 

A mezzoretta da qui c'è Rimini col suo inferno, a me piace di più qui.
Buon Ferragosto di silenzio e desolazione :-) 

martedì 12 agosto 2025

lunedì 11 agosto 2025

Cher Ami

Mentre leggo Nexus. Breve storia delle reti di informazione dall'età della pietra all'IA, di Yual Noah Harari, mi imbatto nella storia di Cher Ami, eroe di guerra americano. Uno potrebbe dire: Vabbe', cosa c'è di strano? Le guerre sono piene di eroi. Verissimo, ma la cosa curiosa è che Cher Ami non è un soldato, è un piccione. Per la precisione un piccione femmina, il quale nell'ottobre del 1918, durante la Prima guerra mondiale, salvò da morte sicura 194 soldati americani appartenenti al "Battaglione Perduto", a sua volta inserito nella 77° divisione Signal Corps.

Cher Ami salvò i 194 soldati volando, con un messaggio attaccato alla zampa, dalla trincea americana in cui erano intrappolati, trincea che per errore si trovava sotto il fuoco di copertura degli stessi americani, fino al quartier generale. Nel bigliettino attaccato a una sua zampa, il comandante del "Battaglione Perduto" scrisse brevemente al quartier generale di cambiare coordinate e gli fornì quelle esatte. Cher Ami spiccò il volo ma venne colpita dal fuoco tedesco, riportando ferite al petto, a un occhio e a una zampa. Nonostante le sue condizioni riuscì ad arrivare a destinazione percorrendo 25 miglia in 65 minuti e consegnando così il prezioso messaggio.

Una volta arrivata a destinazione i medici dell'esercito la curarono e riuscirono a salvarle la vita, anche se purtroppo dovettero amputarle la zampa ferita. Cher Ami si riprese e al posto della zampa amputata le venne messa una protesi fatta di piccoli bastoncini di legno, e alla fine tornò pure a volare.

Mentre leggevo pensavo che si trattasse di una storia di fantasia e sono andato a verificare. Mi sono dovuto ricredere. La storia è vera e all'epoca ne parlò molto la stampa. Ci fecero anche un film. Qui la pagina wikipedia che la racconta.

Come approcciarsi al virus

La questione West Nile virus può essere vista in due modi: attraverso il terrorismo mediatico acchiappa-clic dei giornali, che se uno li legge corre a fare testamento, o attraverso il pacato, documentato e razionale punto di vista scientifico. Da questo punto di vista, Giacomo Moro Mauretto, di Entropy for life, è sempre il più grande.
 
 

La patente


Le cronache che in questi ultimi tempi hanno riportato le notizie di incidenti provocati da anziani hanno solleticato l'istinto acchiappa-consensi dell'uomo del ponte. Come è noto, l'uomo del ponte, che fino a quattro anni fa era contrarissimo alla realizzazione del ponte, ha costruito tutta la sua carriera politica sullo sfruttamento delle percezioni, non sulla risposta a problemi reali. Questo ne è un classico caso e la dinamica più o meno è la seguente.

Degli anziani alla guida hanno provocato questa estate gravi incidenti stradali, a volte imboccando l'autostrada contromano, tipologia di errore che fa breccia più di altri nella percezione collettiva di gravità dei sinistri. I media hanno dato ampio risalto a questi sinistri con titoloni a caratteri cubitali, cosa che ha instillato nell'incoscio collettivo l'idea (falsa) che uno dei grandi problemi della società contemporanea sia dato dagli anziani al volante.

L'uomo del ponte fiuta la cosa e, anche se sa benissimo che gli incidenti provocati dagli anziani rappresentano una piccola minoranza del totale (la maggior parte degli incidenti in Italia sono provocati da distrazione alla guida, eccesso di velocità, uso dello smartphone, alcol, droghe ecc.), ecco che piazza un bell'annuncio in pompa magna di una stretta sulle modalità di rinnovo della patente per le persone anziane.

Poi non farà niente, intendiamoci. L'importante è l'annuncio, in modo che i poveri di spirito, cioè coloro che compongono la maggioranza di chi vota questo individuo, possano dire: Ah però, bravo questo Salvini! 

E il gioco è fatto.

domenica 10 agosto 2025

La sesta estinzione


Che l'essere umano sia la specie più invasiva e distruttiva apparsa sul pianeta da quando esiste la vita è cosa più o meno nota. Questo libro entra nei dettagli spiegando per prima cosa il concetto di estinzione, enumerando quelle riconosciute fino a oggi e spiegando perché attualmente, in pieno Antropocene, siamo entrati nella sesta estinzione di massa.

La sesta estinzione si differenzia da tutte le precedenti per un aspetto: le precedenti sono state provocato da eventi diversissimi tra loro e in un certo senso ineluttabili: glaciazioni, riscaldamenti globali, mutamenti della composizione chimica degli oceani, imponenti eruzioni vulcaniche, impatti di asteroidi come quello che alla fine del Cretaceo eliminò i 4/5 di tutte le forme di vita all'epoca presenti sul pianeta. Quella attuale non è provocata da un evento "terzo" ma da una singola specie animale: Homo Sapiens. 

Scrive l'autrice che quando il mondo cambia più in fretta di quanto possano adattarsi le specie, molte di queste specie soccombono e noi abbiamo cambiato il mondo con una intensità che nessuna delle estinzioni di massa precedenti ha conosciuto, col rischio concreto e paradossale che la nostra specie possa alla lunga restare vittima di sé stessa.

sabato 9 agosto 2025

In libreria

Arrivo in libreria per ritirare un libro che avevo richiesto. La commessa chiacchiera con una coppia di giovani, presumibilmente fidanzati. Il tema della chiacchierata verte sulle caratteristiche di un libro che la giovane si appresta ad acquistare, acquisto gravato da una notevole mole di dubbi. (Dio santo, si tratta di un libro, non della stipula di un mutuo per l'acquisto della casa della vita. Prendilo e chiusa lì. Se poi non ti piacerà, il danno peggiore sarà l'aver buttato un po' di euro, eccheccavolo!)

Dopo un po', tra molti tira e molla e con la mole di dubbi che nel frattempo continua a lievitare, la giovane si decide: lo compra! Dentro di me comincio a intonare contemporaneamente l'inno alla gioia di Friedrich Schiller e l'Alleluja di Leonard Cohen, mentre un pensiero di compassione va al povero funzionario di banca che un giorno dovrà contrattare veramente un mutuo con la tipa.

Mentre la commessa imbusta il libro alla dubbiosa giovinetta, operazione che richiede un tempo inverosimilmente lungo, tipo era geologica, i due soggetti, commessa e giovinetta, cominciano a parlare di America: Io sono stata qui, io sono stata là, io ho visto questo, io ho visto quello, mentre nel frattempo l'inno alla gioia sfuma e vira verso Bring your daughter to the slaughter, degli Iron Maiden.

Mi avvicino quindi al ciarliero terzetto con fare finto-minaccioso. La commessa finalmente mi nota.
"Buongiorno, aveva bisogno?"
"No, niente, è che avevo del tempo da perdere e sono venuto qui ad ascoltare un po' di chiacchiere di cui non mi frega una beata fava." (Ovviamente questa risposta l'ho solo pensata, anche se la tentazione di esternarla è stata abbastanza forte.)
Alla fine, dopo aver avuto il mio agognato libro, guadagno l'uscita, mentre commessa e giovinetta dubbiosa ricominciano a parlare delle loro visite oltre oceano.

Sto seriamente rivedendo la mia convinzione che i libri vanno sempre comprati in libreria, non su Amazon.

domenica 3 agosto 2025

Kalašnikov e rosari

"Il rosario è lo strumento più diffuso al mondo dopo il Kalašnikov" è la frase che più mi ha colpito di questa splendida lezione dell'antropologo Franco La Cecla, lezione di una mezzoretta che ho trovato sul bellissimo canale Youtube Lucy. 

La Cecla spiega dal punto di vista antropologico perché l'essere umano, da sempre, parla e si rapporta con entità invisibili come ad esempio persone decedute, spiriti o divinità di qualsiasi tipo. In altre parole, perché noi umani preghiamo.

Credo che adesso in poi guarderò con occhi diversi chi indulge a questa pratica.

Not one inch eastward

L'espressione "Not one inch eastward", che significa "Non un centimetro a est" (la frase completa è: "La Nato non si espanderà un centimetro a est rispetto alla sua posizione attuale") fu pronunciata dal segretario di stato americano James Baker, sotto la presidenza USA di Bush padre, il 9 febbraio 1990 durante un incontro con l'allora presidente russo Michail Gorbačëv al Cremlino. L'incontro tra i due avvenne circa quattro mesi dopo la caduta del muro di Berlino, il 9 novembre 1989, e servì a definire gli sviluppi geopolitici successivi alla caduta del muro. In quell'incontro (riassumo) il segretario di stato americano prese l'impegno con Gorbačëv che la Nato non si sarebbe allargata oltre il confine della Germania ovest, mentre il presidente russo si impegnò a garantire una riunificazione pacifica delle due Germanie (nella Germania est stazionavano allora 600.000 soldati russi).

Perché è importante questo fatto? Perché diede l'avvio, nonostante le ripetute rassicurazioni, all'espansione della Nato verso est, e questa espansione è ciò che molti considerano la principale causa che ha portato la Russia a invadere l'Ucraina.

Le due narrazioni rispetto all'allargamento della Nato a est, quella della Nato e quella della Russia, divergono qui: per la Nato non fu data alcuna rassicurazione in questo senso ai russi, per i russi queste rassicurazioni furono promesse e poi disattese. Chi ha ragione?  

Il professor Alessandro Orsini, qualche giorno fa, durante la presentazione di un suo libro ha riassunto in mezzora l'intera storia in maniera molto particolareggiata a partire dalla caduta del muro fino all'invasione dell'Ucraina. Siccome Orsini è inviso all'opinione pubblica per le sue posizioni ritenute filo-russe (il Corriere della Sera lo inserì addirittura in una ridicola lista di proscrizione di presunti propagandisti russi), ho ascoltato attentamente la sua lezione e mano a mano che faceva affermazioni fermavo il video e andavo a controllare e a verificare la correttezza di tali affermazioni. Ne ho isolate tre e di tutte e tre ho trovato precisi riscontri in rete. Qui, qui e qui le fonti relative all'incontro tra Gorbačëv e Baker del 9 febbraio 1990; qui la fonte sulla telefonata tra il ministro degli esteri tedesco dell'epoca, Hans-Dietrich Genscher, e il suo omologo russo Eduard Shevardnadze, telefonata nella quale il primo forniva al secondo le medesime rassicurazione che Baker aveva dato in precedenza a Gorbačëv. 

La terza e ultima dichiarazione di Orsini che ho provato a verificare riguarda ciò che successe il 7 settembre 2023. In quella data l'ex segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, durante un'audizione alla Commissione affari esteri del Parlamento europeo dichiarò che Putin aveva cercato di trattare per evitare che si arrivasse al tragico epilogo dell'invasione e, in maniera implicita, che l'allargamento della Nato a est era una delle cause della guerra. Per la precisione, le sue parole furono le seguenti (fonti: qui e qui): "Nell’autunno del 2021 Vladimir Putin voleva la promessa per cui la Nato non si sarebbe mai più ampliata, ci ha inviato una proposta di trattato che abbiamo deciso di non firmare". In sostanza, Stoltenberg ammette che la Russia, prima di invadere l'Ucraina, aveva provato a negoziare ma la Nato aveva rifiutato quel negoziato. Intendiamoci, la Nato aveva legittimamente ogni diritto di rifiutare le condizioni chieste da Putin qualora le avesse ritenute inaccettabili, ma il punto è un altro: l'ammissione da parte di Stoltenberg che Putin aveva inviato una bozza di accordo smentisce la narrazione secondo cui i russi non hanno mai tentato di negoziare. In un contesto in cui le cose stavano precipitando, e si sapeva che stavano precipitando, un atteggiamento responsabile della Nato sarebbe stato quello di dire: Ok, le pretese di Putin sono inaccettabili, ma prima di sbarrare immediatamente la porta, magari proviamo a sederci a un tavolo, parliamone per vedere cosa si può modificare, se si può limare qualcosa. Invece no, l'atteggiamento della Nato in questo frangente è stato di immediata chiusura.

Alcune precisazioni, onde evitare di essere frainteso. Dopo la caduta del muro la Nato aveva tutto il diritto di allargarsi a est, così come gli stati diventati indipendenti avevano tutto il diritto di guardare a ovest. E sa il cielo quanto queste aspirazioni fossero legittime dopo la tanto agognata liberazione dall'opprimente giogo russo. Quello che si contesta alla Nato è l'aver disatteso le promesse e le rassicurazioni date alla Russia dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Rassicurazioni che furono date da tutti i leader europei di allora e poi non mantenute. L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, cioè l'aggressione a uno stato sovrano da parte di un altro stato, è un atto che va contro ogni convenzione internazionale ed è da condannare, non ci piove. Così come non ci sono dubbi sul fatto che Putin è un criminale di guerra per ciò che sta facendo in Ucraina. Ma proviamo a immaginare di invertire le parti: se al posto della Russia ci fossero stati gli USA, come si sarebbero comportati? Avrebbero fatto qualcosa di diverso dalla Russia, vedendo che eserciti e nazioni ostili si avvicinavano progressivamente ai loro confini? Quando nel 1962 l'Unione Sovietica piazzò i suoi missili nucleari a Cuba, missili che avrebbero potuto raggiungere Washington in un quarto d'ora, cosa fece Kennedy? Blocco navale immediato e intimazione ai russi di rimuoverli immediatamente. Lì si fu veramente a un passo dalla terza guerra mondiale nucleare e fece bene Kennedy a muoversi in questo modo, perché capiva che quei missili erano una minaccia gravissima alla sicurezza dell'America. Esattamente come per Putin i missili della Nato ai confini della Russia vengono visti come una minaccia alla sua sicurezza. Se, ipoteticamente, il Messico decidesse oggi di ospitare missili russi o di un'altra potenza sul suo territorio, quanto credete che impiegherebbe Trump (o chiunque ci fosse al suo posto) a invadere il Messico, rovesciare il governo e mettere al suo posto un governo amico? La Russia fa la stessa identica cosa. Perché sia la Russia che gli USA sono imperi, e la sicurezza, o la sua percezione, per gli imperi è questione vitale. Quindi non si vuole qui giustificare ciò che sta facendo la Russia, che ha commesso atti che non hanno alcuna giustificazione sul piano del diritto internazionale, si prova solo a contestualizzare gli avvenimenti per capire meglio ciò che succede. Capire e giustificare sono due cose diverse, anche se noi facciamo generalmente una fatica immane a rendercene conto.

Stomaci forti

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