domenica 20 ottobre 2019

Dittatori e libri

Ogni dittatura o totalitarismo della storia, in particolar modo quelli del secolo scorso, ha sempre avuto come priorità la distruzione della cultura e la persecuzione degli intellettuali. Lo faceva Hitler nella Germania nazista (ricordate i tristemente celebri roghi pubblici di libri?); lo faceva Mussolini qua da noi mandando al confino intellettuali e scrittori; lo faceva Stalin nella Russia degli anni '30 del secolo scorso tramite la censura e l'eliminazione fisica di scrittori e poeti. Pol Pot, il sanguinario dittatore a capo degli spietati Khmer Rossi nella Cambogia degli anni '70, fece invece un passo avanti, spingendosi all'eliminazione fisica di chiunque fosse anche solo sospettato di avversare il regime. E come individuavano, i Khmer Rossi, i potenziali oppositori? Dagli occhiali. Facevano irruzione nelle case dei villaggi in cui arrivavano e controllavano chi vi abitava: chi portava gli occhiali veniva ucciso seduta stante. Perché? Perché Pol Pot pensava che i portatori di occhiali fossero lettori, quindi persone pensanti e potenziali intellettuali, quindi maggiormente sospettati di essere oppositori del regime.

Anche la Chiesa, del resto, come ogni istituzione o organizzazione con velleità autoritarie, si è in passato mossa in questa direzione demonizzando i libri. Il tristemente famoso Indice dei libri proibiti che cos'è, in fondo, se non un tentativo di impedire che le persone leggessero cose scomode, o solo semplicemente che leggessero (chi era in grado di farlo, naturalmente)?

Pensavo a quanto lavoro e quanta fatica si risparmierebbe, oggi, nel nostro paese un qualsiasi caudillo con velleità autoritarie, dal momento che i libri non vengono letti da nessuno e tutti sono pronti a inchinarsi e ad applaudire il primo arruffapopolo che si presenti con due slogan. Uno dei primi a capire l'importanza di avere un popolo con poca cultura, quindi maggiormente manipolabile, fu Berlusconi, che su queste cose ci aveva sempre visto lungo. Fu lui, infatti, a dire che il livello intellettivo medio degli italiani equivale a quello di un ragazzino di seconda media. E chi meglio di lui ha saputo sfruttare a suo vantaggio questa cosa?

Che poi, credo, fu pure ottimista, almeno guardando all'oggi.

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