Il populismo che imperversa nella nostra epoca, da Berlusconi a Renzi e da Salvini alla Meloni e relativo elettorato, giusto per citare gli esempi più eclatanti, non è un atteggiamento politico nuovo, ma si delinea abbastanza chiaramente alla fine dell'Ottocento, a seguito della Comune di Parigi, dopo aver avuto come incubazione la lunga stagione delle rivoluzioni del Seicento e del Settecento. Paolo Mieli, nel saggio Le verità nascoste, trenta casi di manipolazione della storia, ne delinea i caratteri dell'epoca, in molti tratti non troppo dissimili dai populismi attuali. Eccone alcuni.
"[Il populista] non ragiona, non discute, non ascolta le opinioni diverse dalla sua, manifesta gli istinti da cui è mosso, si fa trasportare dagli affetti e dalle passioni che non prova neppure a controllare, ama o odia senza vie di mezzo, nutre una sorta di venerazione per il leader, cerca un capro espiatorio [...] emargina ed espelle chi dissente, definisce un nemico esterno e basa sulla lotta a quel nemico la sua unità, sa di essere incompetente ma vuole che la sua opinione conti, critica la politica, i politici e gli esperti, vuole eliminare ogni mediazione ed esprimersi direttamente."
Così nell'Ottocento. Oggi, pur dopo alterni percorsi, mi sembra che più o meno siamo tornati lì.
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