lunedì 26 maggio 2008

Ritorno al nucleare?

La strada pare segnata: si torna a pensare al nucleare. L'annuncio in pompa magna è stato fatto da Claudio Scajola, attuale ministro dello sviluppo economico, all'assemblea di confindustria di giovedì scorso. Scajola, senza mezzi termini, ha affermato che "l’obiettivo della crescita non può essere conseguito senza affrontare con estrema risolutezza e senso di responsabilità la questione, anche alla luce della particolare vulnerabilità dell’Italia" (fonte). Ovazione, naturalmente, e applausi a scena aperta da parte degli astanti.

A partire da quel giorno, ecco che il nucleare sembra diventato improvvisamente il famoso uovo di Colombo: tutti ne parlano, tutti ne decantano le lodi e i media sembrano fare a gara a chi dedica alla questione l'articolo-zerbino più riuscito. Il Giornale, di proprietà del fratello dell'attuale presidente del consiglio, dedica tutti i giorni almeno un maxi articolo alla questione, spingendosi (ieri) a dire addirittura che si tratta della famosa occasione da non perdere.

Ecco alcune entusiaste dichiarazioni in merito pubblicate dai giornali in questi giorni:
  • "Famiglie e imprese potranno concretamente risparmiare dal 20 al 30% sulla bolletta elettrica" (Fulvio Conti, amministratore delegato Enel, su Quotidiano Nazionale)

  • "E' tempo di tornare a investire nell'energia nucleare, settore dal quale ci hanno escluso piu' di vent'anni fa decisioni emotive e poco mediatiche" (Emma Marcegaglia, neo presidente di Confindustria, su Rainews24)

  • "Solo gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell’ambiente" (Claudio Scajola su Stampa.it, già linkato sopra)
Ora, intendiamoci, io non sono pregiudizialmente pro o contro qualsiasi cosa, specialmente in campi nei quali non ho competenza. E allora cerco di farmi un'idea documentandomi (internet serve per questo, mica solo per scaricare suonerie per il cellulare). Lasciando perdere i facili entusiasmi di Scajola (che probabilmente di nucleare ne sa quanto me) vediamo un po' di analizzare qualche aspetto della questione.

I punti interrogativi controversi che ruotano attorno al nucleare più o meno li conosciamo tutti, e sono principalmente la sicurezza degli impianti e lo smaltimento delle scorie. Scajola, nel suo intervento, fa genericamente riferimento al nucleare di terza generazione (?) seppur nella sua forma più evoluta. Ma cosa si intende con nucleare di terza o di quarta generazione?

In genere con questa definizione si intendono alcune caratteristiche tecniche e di sicurezza del reattore nucleare stesso. Riguardo a quelli di terza generazione indicati da Scajola, sul sito dell'Enel tra le altre cose si legge:

Nella III generazione di reattori si introduce una notevole semplificazione impiantistica riducendo il numero dei circuiti e componenti e conseguentemente abbassando la probabilità di guasti. Inoltre viene introdotto un sistema addizionale di spegnimento del reattore completamente passivo: l'ATSS (Additional Temperature-actuated Scram System) in virtù del quale ogni qual volta la temperatura del nocciolo dovesse superare un determinato valore, solamente in base alla dilatazione termica di particolari sensori verrebbe attuato il sistema di leve che sgancia e inserisce per caduta le barre di controllo nel nocciolo, senza bisogno di apporto di energia o di un operatore esterno. (fonte)

Parole rassicuranti, che dovrebbero indurre ad abbandonare vecchi timori e ancestrali paure, soprattutto in riferimento a noti incidenti accaduti in passato. Secondo la wikipedia, gli unici inconvenienti nell'adottare questi tipi di reattori sarebbero da ricercare negli altissimi costi di costruzione, dovuti appunto all'adozione di maggiori e più sofisticate tecniche di sicurezza. In fase di progetto ci sono anche i reattori nucleari di quarta generazione, ancora in fase embrionale e dei quali si parlerà non prima del 2030.

A mio parere, comunque, quello della sicurezza è un falso problema in quanto noi siamo già attorniati da centrali nucleari (Francia, Germania, ecc...). Ed è facile immaginare che saremmo subito coinvolti da un eventuale incidente che dovesse malauguratamente capitare in uno di questi impianti (perfino il disastro di Chernobyl ebbe ripercussioni nel nostro paese). Se a tutto questo aggiungiamo che recentemente un incidente analogo, seppur meno grave, è accaduto in Spagna in una centrale di ultima generazione, e alla luce di quanto sta avvenendo adesso nel sito di stoccaggio di Yucca Mountain, Nevada, qualche sospetto sui rischi a cui si va incontro forse viene.

Insomma, tutti decantano i vantaggi del nucleare ma non ho ancora sentito nessuno parlare di come verranno ad esempio smaltite le scorie. Non è un problema di poco conto. Le scorie radioattive di alto livello, quelle più pericolose, richiedono, se non trattate, anche 2.000.000 di anni per raggiungere un livello di radioattività non pericoloso (altri dati più precisi li trovate qui). In tutti gli articoli che ho letto non ho trovato nessuna dichiarazione di Scajola che indichi né dove intende aprire queste centrali, né come intende disfarsi di tali scorie. Dice solo genericamente che la prima pietra sarà posata entro 5 anni. Ho come la sensazione che non sappia con precisione cosa stia dicendo, ma ovviamente è un'impressione mia. Concedetemelo.

Su Repubblica, inoltre, che riprende l'articolo de La Stampa, afferma:

Solo gli impianti nucleari consentono di produrre energia su larga scala, in modo sicuro, a costi competitivi e nel rispetto dell'ambiente

Sulla sicurezza qualcosa abbiamo già visto. Per quanto riguarda la produzione di energia su larga scala tramite le centrali atomiche, sarebbe interessante far notare al ministro che a parte la Francia (caso unico al mondo), che copre ben il 78% del suo fabbisogno di energia tramite le centrali atomiche, nell'Europa dell'Est si scende già al 40/50%, per arrivare al 20% degli Stati Uniti e al 16% a livello mondiale (fonte). Per arrivare alla famosa "produzione su larga scala" (?) auspicata da Scajola quante centrali occorrerebbe costruire in Italia?

Ma tutte queste sono semplici considerazioni mie basate sui documenti e i link che ho disseminato nel post. Per chiudere vi lascio due contributi molto più autorevoli da parte di due personaggi che in questo campo non devono probabilmente prendere lezioni da nessuno: Carlo Rubbia e Stefano Montanari.

Ecco qui sotto un breve stralcio di un'intervista rilasciata a marzo, a Repubblica, dal celebre premio Nobel per la fisica:

Repubblica
: "Eppure, dagli Stati Uniti all' Europa e ancora più nei Paesi emergenti, c' è una gran voglia di nucleare. Anzi, una corsa al nucleare. Secondo lei, sbagliano tutti?"

Rubbia: "Sa quando è stato costruito l' ultimo reattore in America? Nel 1979, trent' anni fa! E sa quanto conta il nucleare nella produzione energetica francese? Circa il 20 per cento. Ma i costi altissimi dei loro 59 reattori sono stati sostenuti di fatto dal governo, dallo Stato, per mantenere l' arsenale atomico. Ricordiamoci che per costruire una centrale nucleare occorrono 8-10 anni di lavoro che la tecnologia proposta si basa su un combustibile, l' uranio appunto, di durata limitata. Poi resta, in tutto il mondo, il problema delle scorie"

Repubblica: "Ma non si parla ormai di "nucleare sicuro"? Quale è la sua opinione in proposito?"

Rubbia: "Non esiste un nucleare sicuro. O a bassa produzione di scorie. Esiste un calcolo delle probabilità, per cui ogni cento anni un incidente nucleare è possibile: e questo evidentemente aumenta con il numero delle centrali. Si può parlare, semmai, di un nucleare innovativo"

Repubblica: "In che cosa consiste?"

Rubbia: "Nella possibilità di usare il torio, un elemento largamente disponibile in natura, per alimentare un amplificatore nucleare. Si tratta di un acceleratore, un reattore non critico, che non provoca cioè reazioni a catena. Non produce plutonio. E dal torio, le assicuro, non si tira fuori una bomba. In questo modo, si taglia definitivamente il cordone fra il nucleare militare e quello civile"

Repubblica: "Lei sarebbe in grado di progettare un impianto di questo tipo?"

Rubbia: "E' già stato fatto e la tecnologia sperimentata con successo su piccola scala. Un prototipo da 500 milioni di euro servirebbe per bruciare le scorie nucleari ad alta attività del nostro Paese, producendo allo stesso tempo una discreta quantità di energia"

Repubblica: "Ora c' è anche il cosiddetto "carbone pulito". La Gran Bretagna di Gordon Brown ha riaperto le sue miniere e negli Usa anche Hillary Clinton s' è detta favorevole"

Rubbia: "Questo mi ricorda la storia della botte piena e della moglie ubriaca. Il carbone è la fonte energetica più inquinante, più pericolosa per la salute dell' umanità. Ma non si risolve il problema nascondendo l' anidride carbonica sotto terra. In realtà nessuno dice quanto tempo debba restare, eppure la CO2 dura in media fino a 30 mila anni, contro i 22 mila del plutonio. No, il ritorno al carbone sarebbe drammatico, disastroso"

(Repubblica, 30/03/2008, versione integrale qui)

E infine un contributo video. Un'intervista di Daniele Martinelli allo scienziato Stefano Montanari. Ecco il video:




Alla luce di tutto ciò, vediamo quindi di fare un breve sunto della situazione. Scajola, come abbiamo visto, ha affermato di voler dare il via entro massimo il prossimo quinquennio alla costruzione di centrali nucleari di nuova generazione. E' una balla, perché, come abbiamo già visto, quelle che ha in mente lui sono quelle di terza generazione già in uso addirittura dal 1996. Quelle di quarta generazione sono attualmente solo sulla carta a livello di studio teorico, e saranno disponibili e utilizzabili, se tutto va bene, solo dopo il 2030.

In più, a parte l'affermazione iniziale che sa molto di spot, Scajola non chiarisce nient'altro, in particolare i due interrogativi più pregnanti quando si parla di nucleare: dove costruire le centrali e come e dove smaltire le scorie radioattive. Capisco che si tratta di una sorta di anticipazione, ma qualche dettaglio in più non avrebbe guastato. Ho spulciato un po' tutti gli articoli che ho trovato sulle affermazioni del ministro, ma non ho trovato niente di dettagliato.

Come ho detto all'inizio, non avendo completamente ben chiari neppure io i termini della vicenda, ho messo nel post i documenti e i link che mi sembravano più significativi. Naturalmente il mio articolo non ha nessuna pretesa di completezza o esaustività, vista la complessità e le molte sfaccettature dell'argomento.

Alla luce di quanto ho trovato, mi pare comunque di poter dire che la questione del ricorso al nucleare non sia tutta rose e fiori come ultimamente i media e qualche ministro facilone sembra vogliano farci credere.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

anche questo è interessante

http://tinyurl.com/3maaoj

Andrea Sacchini ha detto...

Cito questo passaggio dell'articolo che hai linkato:

Prima di ipotizzare la costruzione di centrali nucleari sarebbe opportuno stabilire la struttura finanziaria degli investimenti, la quota degli investimenti privati e le eventuali sovvenzioni pubbliche esplicite e implicite, come verranno gestite le scorie, chi pagherà lo smaltimento delle centrali una volta che saranno obsolete.

Questo è uno dei punti di cui nessuno parla mai (tanto meno Scajola): i costi di dismissione.

Si legge ad esempio su Ecoage:

Il ciclo completo del nucleare implica tre diverse fasi:

1. costruzione centrale nucleare
2. gestione e produzione energia
3. dismissione centrale e stoccaggio scorie

L'attenzione viene generalmente concentrata sulla prima fase e sulla seconda fase. Nella prima ritroviamo i costi di costruzione degli impianti, nella seconda i costi di gestione. Esistono però anche i costi elevati della terza fase in cui l'impianto dovrà essere dismesso e le scorie stoccate in depositi geologici o ingegneristici per migliaia di anni. La sola dismissione di una centrale nucleare implica costi pari al doppio dell'iniziale costruzione della centrale. Il successivo stoccaggio delle scorie radioattive per migliaia di anni implica, infine, ulteriori costi economici nemmeno calcolabili in una normale gestione d'impresa.

Anonimo ha detto...

Io ho parecchi dubbi legati più che altro alla serietà del governo (ma anche dell'opposizione) nel trattare argomenti del genere. Ma sono più perplessità riguardanti i politici che il nucleare.

Sul nucleare ho due considerazioni: 1. SICUREZZA. La Francia ha costruito centrali a ridosso del confine italiano. Affiancare a queste affianchiamo qualche centrale italiana sarebbe pressoché indolore.
2. SCORIE. Noi compriamo energia dalla Francia. Tale energia è prodotta col nucleare. Dunque noi contribuiamo a produrre scorie radioattive che inquinano il pianeta. Il fatto che tali scorie siano prodotte in Francia piuttosto che in Italia mi sembra irrilevante.

Sui costi invece non mi pronuncio. Lascio la palla agli esperti, sperando che siano onesti.

Anonimo ha detto...

L'Italia è l'unico paese industrializzato a non avere centrali nucleari. Siamo i più furbi o i più fessi?

Andrea Sacchini ha detto...

> La Francia ha costruito centrali a ridosso del confine italiano. Affiancare a queste affianchiamo qualche centrale italiana sarebbe pressoché indolore.

Per quanto riguarda la questione sicurezza, sicuramente.

> Tale energia è prodotta col nucleare. Dunque noi contribuiamo a produrre scorie radioattive che inquinano il pianeta. Il fatto che tali scorie siano prodotte in Francia piuttosto che in Italia mi sembra irrilevante.

Concordo. Seppure indirettamente, infatti, anche noi contribuiamo ad accrescere la massa di queste scorie. Ma il punto a mio parere non è questo, o non solo questo.

Il problema dello smaltimento delle scorie nucleari a lungo termine è a livello mondiale tuttora irrisolto. Poco importa che a produrle siamo noi o la Francia o qualsiasi altro paese, perché appunto questo tipo di problematica non va inquadrata nell'ambito di un singolo paese.

Dal mio modesto punto di vista, poi, non è un problema di serietà o meno (in questo caso meno) dei politici nell'affrontare la questione, ma è un problema di riuscire a far pendere la bilancia costi/benefici del nucleare a favore di questi ultimi.

Allo stato attuale, imbarcarsi nell'"avventura" nucleare vorrebbe dire:

1) Costruire centrali nucleari dai costi elevatissimi che comincerebbero a dare energia utile non prima di 15/20 anni

2) Fare i conti con una materia prima che al pari del petrolio è in via di esaurimento, con conseguente progressivo aumento dei suoi costi ed elevatissime probabilità di dover "spegnere" queste centrali pochi anni dopo essere state accese

3) Nessuno parla dei giganteschi costi futuri per la loro dismissione

4) Nessuno, come ho già detto prima, ha spiegato come intende affrontare il problema scorie (non sappiamo ancora cosa fare di quelle della centrale nucleare di Caorso, chiusa nel 1986)

Come ho già scritto nel mio articolo, io non sono pregiudizialmente contro niente, e al limite mi va bene anche il nucleare. Ma finché qualcuno (politici, scienziati o chi volete voi) non darà risposte chiare, esaurienti e dettagliate a queste domande - invece di sparare facili slogan altisonanti alle assemblee di confindustria - per me il nucleare rimarrà un'ipotesi autolesionistica.

> L'Italia è l'unico paese industrializzato a non avere centrali nucleari. Siamo i più furbi o i più fessi?

Non so, giudicate voi. Non sappiamo neppure come affrontare il problema spazzatura a Napoli, vi immaginate le scorie nucleari?

Anonimo ha detto...

Si, secondo me il vero problema è che siamo troppo arretrati per pensare al nucleare adesso. Forse abbiamo fatto male a rinunciarvi 30 anni fa.

Inoltre lo smaltimento dei rifiuti è affare di mafia/camorra/etc., e se mettessero le mani anche sullo smaltimento delle scorie nucleari sarebbe certamente un problema.

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