Non ho trovato detto più appropriato di questo per descrivere ciò che è successo, e che sta ancora succedendo, come corollario alla ormai stranota vicenda della fuga in ogni meandro della rete dei dati sensibili (730 e 740) di alcuni milioni di italiani.
La decisione dell'Agenzia delle Entrate, con il beneplacito iniziale del vice ministro all'economia Visco, di mettere online queste informazioni e poi di tentare di bloccarle repentinamente per volere del garante della privacy, dimostra - oltre a provocare una triste ilarità e se mai ce ne fosse ancora bisogno - che per governare requisito essenziale è non capire un tubo di internet e delle meccaniche della rete. La vicenda e i suoi sviluppi, infatti, al cospetto dei quali gli omissis del rapporto Calipari e i file .doc che hanno smascherato le bugie di Tony Blair sulle fantomatiche armi di distruzione di massa iraqene sono delle quisquilie, offrono in tutta la loro drammaticità la prova di tutto questo.
Molti ancora si chiedono come sia stato possibile che il poco tempo in cui i dati sono rimasti online sia stato sufficiente a provocare l'emorragia. Ma mezza giornata online non è poco tempo, è un tempo lunghissimo, quasi l'equivalente della lunghezza di un'era preistorica, in rapporto alla velocità dello scambio delle informazioni in rete. Non è dato sapere quanti sono stati gli utenti che nel "poco tempo" in cui i dati sono rimasti online hanno fisicamente avuto la possibilità di farne il copia e incolla e di immetterli come .txt o .pdf nei circuiti p2p, ma non importa. Sarebbe bastato un solo utente che l'avesse fatto e il patatrac sarebbe successo, perché anche un solo file in un circuito di condivisione diventa immediatamente disponibile a tutto il pianeta.
Ora, a parziale scusante di Visco, c'è il fatto che probabilmente non immaginava (non immaginava?) che il garante avrebbe bloccato l'iniziativa, ma questo in ogni modo non giustifica un bel niente. Lui l'ha fatto - almeno così dice - in nome di una presunta "democrazia e trasparenza" (come se la democrazia di un paese si misurasse dalla possibilità o meno di sbirciare i redditi del vicino di casa) e adesso di questa democrazia e trasparenza ne subisce le giuste conseguenze. Perché la rete sotto questo punto di vista non perdona: tutto ciò che entra in circolo diventa di difficile (impossibile) rimozione.
Ecco perché suscitano ancora più ilarità le minacce di arresto, da parte dei responsabili delle indagini, per chi usa tali dati. Operazione che ovviamente presuppone la visita porta a porta nelle case degli utenti per verificare che nei rispettivi pc non vi siano archiviati i file incriminati. Grottesco che si aggiunge a grottesco e che ha già suscitato l'ilarità del resto d'Europa.
L'unica speranza rimasta, è che chi di dovere da questa storia abbia imparato qualcosa, ma è una speranza vana, visti anche certi precedenti. E quindi i buoi possono stare tranquilli: anche nelle prossime occasioni le porte le chiuderanno certamente sempre dopo.
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Tre commenti.
RispondiElimina1. Indipendentemente dalla bontà o meno del provvedimento di Visco, mi lascia allibito il dilettantismo con cui questa persona amministra la cosa pubblica. Per limitari i danni sarebbe bastato costringere chi vuole consultare i dati a registrarsi, e fargli consultare UN reddito alla volta impedendo il download di massa. Tra l'altro in questo modo in mezza giornata avrebbero salvato al massimo i redditi di qualche centinaio di persone, e il danno sarebbe stato minimo. Ma anche senza blocco del Garante, sarebbe stato un sistema molto più ragionevole. A che serve permettere ad un utente di scaricare i dati di 60 milioni di persone? Se uno vuole spiare il proprio vicino, si registri lasciando nome e cognome (come con l'INPS si potrebbe mandare la password di accesso per posta) e che spii solamente il proprio vicino.
2. Il Codacons denuncia Visco e chiede 20 miliardi di danni (da verificare, mi pare sia questa la cifra ma non trovo la fonte). Naturalmente a pagare non sarà Visco ma i contribuenti stessi! Oltre al danno anche la beffa.
3. Le minacce di arresto per chi usa tali dati mi lasciano basito. Prima diffondono dati sensibili, e poi minacciano chi li usa? E' come se lasciassi dei soldi in strada, e poi accusassi di furto il passante che li raccoglie.
Beh, mi pare che ci sia poco da aggiungere. Sul tuo primo commento concordo in toto, così come concordo con mante su PI di oggi:
RispondiEliminaPerché non creare un banale meccanismo di autenticazione che consenta all'Amministrazione di sapere chi domanda i dati di chi, esattamente come avviene quando ci si reca in Comune con il medesimo legittimo intento? Sarebbe bastato un piccolo ragionamento supplementare per rendere la consultazione online più simile a quella già ora prevista, e ciò avrebbe certamente limitato molte polemiche mantenendo intatti i vantaggi legati alla consultazione online.
Ma una cosa di questo genere Visco e c. non riusciranno mai a concepirla.
> Il Codacons denuncia Visco e chiede 20 miliardi di danni (da verificare, mi pare sia questa la cifra ma non trovo la fonte).
Eccola.
> Le minacce di arresto per chi usa tali dati mi lasciano basito.
Anche a me.
io vorrei fare una piccola osservazione sui file che circolano 'illeggittimmente'(?) su eMule: ho scaricato i file della mia città per vedere se c'ero anche io, ma non sono riuscito a trovarmi!! i file di testo sono tanti (e non sono riuscito a trovare quello con la mia lettera), mentre il database completo che ho scaricato è in formato Access, a io uso OpenOffice.org...
RispondiEliminae mo come faccio a trovarmi?? ^_^
Mmh... ho paura che con OOo non ti troverai mai. :-)
RispondiEliminaI file .mdb possono essere letti con appositi programmi (esempio: mdb view 1.0 è freeware). Solo per modificarli serve Access.
RispondiEliminaMa i database completi (esempio: per Roma sono 500MB) sono molto pesanti da aprire. Per leggerli agevolmente ti serve un PC con molta RAM.
PS: io non mi sono trovato neanche sul database completo (sono residente a Roma).
RispondiEliminaO i database dichiarati "completi" su emule non lo sono, oppure qualcuno li ha già taroccati per confondere le acque. (un rimedio a cui il Garante per la Privacy non avrebbe mai pensato: questo dimostra che come al solito l'italiano medio è più furbo del burocrate medio)