sabato 17 maggio 2008

Se lo dice Einstein, forse...

La notizia è stata pubblicata tre giorni fa dal Guardian e ripresa successivamente qui da noi dall'Ansa. E racconta della messa all'asta di una lettera di Albert Einstein (foto) che per 50 anni è stata custodita da un collezionista privato. Una lettera scritta dal grande scienziato in risposta a un amico filosofo che gli aveva precedentemente inviato un suo libro sulla Bibbia.

Un passo a mio parere molto significativo della lettera di Einstein:
"Per me - confida all'amico filosofo - la religione ebraica é al pari di tutte le altre un'incarnazione delle più infantili superstizioni. E per me il popolo ebraico, al quale sono contento di appartenere e con cui sento una profonda affinità mentale, ha le stesse qualità di tutti gli altri popoli. In base alla mia esperienza non sono meglio degli altri gruppi umani anche se la mancanza di potere li protegge dai peggiori cancri. Non vedo in essi nulla di eletto".
Ora, leggo che il rapporto di Einstein con la religione è stato abbastanza complesso, e non ho particolari commenti al riguardo. Scrivo solamente queste poche righe di riflessione perché mi hanno colpito le sue parole, che peraltro - se posso osare - condivido pienamente. Naturalmente l'argomento non è di quelli semplici che si prestano ad essere affrontati in un post su un blog il sabato mattina. Ma siccome mi capita abbastanza frequentemente di discutere di religione e ateismo con amici e conoscenti, dico volentieri qualche mio pensiero al riguardo.

Esiste a mio parere un lato comico dell'essere ateo: quello di essere visto - ho avuto spesso quest'impressione - come una specie di "cattivo", magari privo di umiltà e di quella sorta di 'illuminazione' propria di chi crede. Ora, date un'occhiata alla foto che vedete qui a destra in alto e dite se do l'idea di uno cattivo! :-)

A parte gli scherzi, ho sempre ritenuto che la fede sia un dono: c'è chi ce l'ha e c'è chi non ce l'ha. Non ho purtroppo questa fortuna - me ne sono fatto una ragione - ma vi posso assicurare che campo sereno e tranquillo, al riparo da grossi travagli interiori. Ogni tanto qualcuno mi chiede perché non credo, e quando rispondo chiedendo perché lui invece creda, spesso il mio interlocutore comincia a balbettare e a farfugliare di Vangelo, Bibbia e simili, dando automaticamente per scontato che ciò che c'è scritto lì sia la verità piena e assoluta.

Recentemente ho discusso di questa cosa con un mio caro amico, credente, ribadendogli la mia convinzione che chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale non possa ad esempio accettare la Creazione come ce la racconta la Bibbia. Così come risulta difficile - parlo sempre a titolo personale, ovviamente - accettare il fatto che duemila (?) anni fa Dio sia sceso da qualche parte sulla terra sotto le spoglie di un bambino che una volta adulto è morto e risorto per salvarci da un improbabile peccato originale.

Non vorrei essere tacciato di blasfemia, ma a questo punto si può tranquillamente credere che Biancaneve abbia mangiato la mela avvelenata e sia poi stata risvegliata dal bacio del principe. Abbiate pazienza, ho smesso di credere alle favole parecchi anni fa.

Che poi, alla fin fine, non è neppure questo il punto. Il punto - a prescindere che si creda o no in qualcosa - è il rispetto reciproco. A me sta benissimo che chiunque sia libero di credere in quello che vuole, ci mancherebbe altro, ma magari gradirei da qualcuno di quei "chiunque" non essere guardato con certi sguardi, come si si trovasse di fronte un marziano.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Io sono agnostico. E non capisco ad esempio l'accostamento di atei ed agnostici nell'UAAR.

Secondo me l'ateismo è in un certo senso una religione. I monoteisti credono nell'esistenza di un unico Dio, gli atei credono nella non esistenza di Dio. Entrambe le credenze non sono supportate da fatti sperimentali, ma solo da argomentazioni più (atei) o meno (monoteisti) ragionevoli. Argomentazioni che non costituiscono una prova.

PS: naturalmente se si va a guardare a religioni specifiche, ci sono molte altre obiezioni che si possono sollevare oltre al semplice fatto di credere in Dio. Più aumentano i dogmi, maggiore è la possibilità che vengano confutati. In un certo senso, l'unico modo per non sbagliare è non credere in nulla.

Andrea Sacchini ha detto...

Mah, guarda, a livello razionale penso che abbia effettivamente più senso l'agnosticismo rispetto all'ateismo. Anche perché, per definizione, chi è ateo tende ad affermare con certezza che Dio o una qualunque entità superiore non esistano.

Nel mio caso baso il mio essere ateo sul semplice fatto che non ritengo le scritture, e i vari testi presunti sacri che sono giunti fino a noi, attendibili.

Sembrerà rozzo come modo di pensare, ma per credere nell'esistenza di Dio voglio una prova (mi sento un po' come S. Tommaso che voleva toccare per credere di avere davanti Gesù). Non mi posso basare su quanto scritto in testi inizialmente frutto del tramandamento orale, e quindi totalmente inattendibile.

Testi, oltretutto, che sono stati nel corso della storia ripetutamente adattati, rimaneggiati, corretti, e che quindi se ipoteticamente avessero anche avuto un qualcosa di divino sarebbe andato sicuramente perduto.

Non so. Di una cosa sono comunque sicuro: la vita è troppo breve e troppo interessante per perdere tempo dietro alla religione.

Ciao.

Anonimo ha detto...

l'ateo è un religioso al contrario. fa parte di un popolo con propria identità e convinzione che professa il suo (non) credo a agli altri ed intavola discorsi (non) religiosi con appartenenti alle (altre) religioni.

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