martedì 30 aprile 2024

Proteste

Vorrei nel mio piccolo fare presente che le proteste nelle università americane non sono iniziate oggi. Neppure ieri. Neppure un mese fa. Sono iniziare il 7 ottobre dello scorso anno in conseguenza dell'attentato di Hamas a Israele. Da allora, diversi gruppi studenteschi hanno protestato sia per manifestare solidarietà a Israele, sia per rigettare le politiche di Netanyahu, che ormai da mesi ha assediato e invaso Gaza uccidendo fino ad oggi 35mila persone. 

So bene che approcciarsi alla complessità sui social è impresa ardua, ma accusare genericamente di antisemitismo chiunque in America protesti è una semplificazione che grida vendetta. La maggior parte delle persone che protestano, sia nelle città che nelle università, non lo fa in nome dell'antisemitismo ma unicamente per manifestare contrarietà al modo in cui il governo israeliano sta gestendo la guerra e le trattative per liberare gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. 

Poi, certo, nessuno è nato ieri e nessuno che sia intellettualmente onesto può negare che nella moltitudine dei manifestanti ci sia anche chi lo fa per spirito antisemita/antisionista. Ma ricondurre a questo tutte le proteste in corso negli USA denota, credo, una certa dose di malafede. Anche perché la componente ebraica non è assente dalle proteste. 

Le imponenti manifestazioni di New York di ottobre e novembre erano composte di persone perlopiù ebree, che manifestavano per i civili palestinesi massacrati dall'esercito israeliano. Accusiamo di antisemitismo anche loro?

La realtà è complessa e davanti alla complessità l'uomo, per sua natura, sceglie sempre la semplificazione e la partigianeria manichea. È fatto così, non gliene si può fare una colpa. Ma ha anche la possibilità di emanciparsi da queste puerili semplificazioni, basta che lo voglia.

10 commenti:

  1. Ho sempre più l'impressione che anche il semplice buon senso non sia mai stato così desaparecido in questo mondo.
    Nel frattempo alla Columbia è arrivata la polizia...

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  2. Questa cosa di denunciare il presunto antisemitismo la trovo fastidiosa e forse ipocrita. La si spiega solo con l'ignoranza che avanza, con la semplificazione preferita all'approfondimento. Come rilevi giustamente, in giro per il mondo protestano anche un sacco di ebrei e gli stessi israeliani in patria non sono certo tutti a favore del disastro provocato da Netanyahu. Allora perché sostenere un'idea deve diventare automaticamente qualcosa di nefasto?

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    1. Perché non siamo più in grado di rapportarci alla complessità in maniera razionale, suppongo. O almeno credo che questo sia uno dei motivi.

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  3. Un (secondo me) buon articolo sull'argomento:
    https://www.nazioneindiana.com/2024/05/01/la-sineddoche-israeliana-e-la-contestazione-studentesca/

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    1. Articolo da incorniciare, specialmente là dove si dice che le università (ma vale per ogni tipo di scuola) non devono essere ridotte al mero rango di trasmettitrici di nozioni ma sono luoghi in cui, in una democrazia sana, viene coltivato e insegnato lo spirito critico, il gusto per il dissenso. In altre parole, le scuole devono formare l'uomo, prima del funzionario competente (vecchio concetto galimbertiano, questo).
      Spiace che questo concetto non sia condiviso (comprensibilmente, dal loro punto di vista) da chi gestisce la cosa pubblica.
      E spiace anche vedere personaggi pubblici come Robert De Niro presentarsi davanti alla sede della Columbia facendo ai ragazzi il pistolotto che nelle università si studia, non si protesta.
      Bah!

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  4. Aggiungo che, a rigor di logica, le accuse di antisemitismo andrebbero rivolte anche agli israeliani e a chi condivide la mattanza di Netanyahu, dal momento che sia i palestinesi che gli israeliani sono entrambi popoli semiti. Ma vabbe'...

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  5. Oltretutto fra coloro che protestano contro la politica di Israele vi sono anche molti ebrei.
    Insomma l'equiparare la critica politica all'antisemitismo è solo una scusa per cercare di evitare il confronto su un sostegno acritico e totale di Biden & C. a Israele. Oltretutto col rischio sempre più concreto di complicità in genocidio.

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