La signora Meloni ha partecipato, ieri, all'ennesimo vertice della FAO, simposio dal titolo promettente e leggermente - mi pare - troppo ambizioso: "Fame Zero" entro il 2030. Che io ricordi, vertici di questo tipo, rigorosamente a base di fois gras e altre prelibatezze, si organizzano regolarmente da svariati decenni (la FAO esiste dal 1945).
Naturalmente, dati alla mano, immaginare che nel 2030 la fame scompaia dalla faccia della terra è pura utopia, visto che da almeno vent'anni invece di migliorare la situazione peggiora costantemente. Però i vertici si continuano a fare, vedi mai che a forza di parlare (e mangiare fois gras) col tempo si risolva qualcosa.
A dire il vero, un modo per risolvere il problema della fame nel mondo ci sarebbe (ce ne sono parecchi, a dire il vero). Circa metà delle terre coltivate del pianeta, percentuale che in Europa raggiunge il 70%, sono destinate alla produzione di foraggio per gli animali degli allevamenti intensivi (in particolare bovini, maiali e pollame), coi quali si produce carne per la parte ricca della popolazione mondiale. Se quelle colture venissero convertite in cereali da destinare alle persone che soffrono la malnutrizione, invece che agli animali, il problema della fame nel mondo sarebbe risolto una volta per tutte non entro il 2030, ma in un tempo molto più breve.
Ma non diciamolo a quelli della FAO, ché magari lo sanno già.
La fame dipende dal fatto che ci sono troppi mangiatori rispetto al cibo disponibile localmente.
RispondiEliminaDa questo punto di vista Europa e Corno d'Africa o Bengala o ... non sono molto diversi: il cibo prodotto localmente non è sufficiente.
Purtroppo la sovrappopolazione rimane uno dei peggiori tabù.
>sono troppi mangiatori rispetto al cibo disponibile localmente
RispondiEliminaNo, la fame dipende da una serie di cause, prima tra tutte gli squilibri produttivi e la destinazione del cibo prodotto rispetto al fabbisogno. Se le risorse alimentari fosse prodotte secondo i bisogni, e non secondo criteri di tipo capitalista come quello quello che ho menzionato nel post, il cibo sarebbe sufficiente a sfamare tutti e probabilmente ce ne sarebbe anche d'avanzo. Nella graduatoria delle cause della malnutrizione nel mondo, la sovrappopolazione è marginale.
Come potrebbe essere possibile produrre cibo, come nel Pachistan subdesertico, per una popolazione che si avvia ai duecentomiloni o in Egitto desertico?
RispondiEliminaSono stati capitalistici?
Chi dovrebbe organizzare la logistica, ad esempio, per portare cereali dall'Argentina alle vallate montuose del Pachistan? Sarebbe giusto? sostenibile?
Già oggi grano e altri cereali coltivati in Ucraina vengono trasportati via nave e sfamano ampie fasce del continente africano settentrionale. Le merci e i cibi nell'era della globalizzazione viaggiano da una parte all'altra del mondo. Volendo si può fare tutto (non ci sono limiti a quello che oggi l'uomo può fare). Ma ci vuole la volontà e la convenienza economica. Oggi in particolar modo la seconda.
RispondiEliminaOggi tutto si fa in nome del profitto. La parola 'solidarietà' è scomparsa dal vocabolario usuale, specialmente da quando la destra domina gran parte del mondo
RispondiEliminaVero, anche se non penso sia tanto una questione di destra o sinistra quanto proprio antropologica. Oggi denaro e profitto sono diventati la forma del mondo, indipendentemente dal colore politico dei singoli paesi. È vero comunque che, almeno a livello concettuale, destra e capitalismo hanno sempre avuto una relazione speciale.
RispondiEliminaQuale sarebbe l'utile per una fazenda argentina nel lavorare per dei pachistani? Come verrebbe ricompensata da questi ultimi?
RispondiEliminaSe non da questi ultimi da chi? con quali risorse?
Mi sembrerebbe molto più ragionevole che le popolazioni possano ovvero debbano essere in numerosità compatibile con i territori che le ospitano.
La solidarietà potrebbe essere una tantum, non strutturale, definitiva.
Altrimenti avvocheremmo una sorta di servaggio degli argentini nei confronti di pachistani o somali o ... .
A me pare alquanto ingiusto.
Un mondo sano ed equo non può prescindere da un giusto Do ut des!
Oltretutto è quasi certo che questo comporterebbe un ulteriore crescita della popolazione e un ulteriore aggravamento del deficit ecologico, dei rapporti di sfruttamento di un territorio nei confronti di un altro.
Il cibo locale prodotto localmente da piccoli contadini per il consumo locale è un caposaldo di una civiltà etica, sostenibile (Vandana Shiva c'è lo ha rammentato innumerevoli volte).
Questo approccio sì-global è nello spazio del problema, non della soluzione.
Una civiltà etica non esiste quando si ha una popolazione mondiale che nel 2050 sarà di 10 miliardi di persone gran parte delle quali stipate nelle immense megalopoli asiatiche o dell'America latina.
RispondiEliminaAlla fine dell'Ottocento più del 90% della popolazione del pianeta era dedita all'agricoltura, oggi lo è il 5%. L'agricoltura è intensiva, meccanizzata, e quel 5% che vi si dedica produce cibo per il restante 95. L'idea che si possa tornare alla piccola fattoria etica dove ognuno produce cibo per sé è una utopica romanticheria totalmente priva di fondamento.
Servirà ben altro, se veramente vorremo sfamare tutti.
Andrea, tu non hai risposto alle domande dell'altro anonimo.
RispondiEliminaPerché il contadino ucraino o argentino dovrebbe sgobbare per le conigliate di figlioli di quegli altri?
Solo gran supercazzole ideologiche radical schic.
Quando ti vedremo sgobbare gratis per loro potremmo iniziare a valutare alcune tue proposte.
Considerando che l'altro anonimo sei sempre tu e che la risposta te l'ho data (se non sei in grado di comprenderla non è un problema mio), direi che siamo a posto così.
RispondiEliminaSaluti.