mercoledì 15 aprile 2020

Un merito del coronavirus

Se il coronavirus ha un merito, è quello di essere riuscito là dove Greta Thunberg e tutti i vari accordi internazionali sul clima degli ultimi decenni (quasi sempre disattesi) hanno fallito: diminuire l'inquinamento del pianeta.

Il problema è che questa sensibile diminuzione dell'inquinamento, che oggi è sotto gli occhi di tutti e oggetto di continui report, si ottiene al prezzo di un aumento della disoccupazione, perché con le fabbriche e le industrie ferme l'inquinamento scompare, è vero, ma le persone perdono il lavoro, e ciò significa nella migliore delle ipotesi disagio economico, nella peggiore la discesa nel baratro della povertà.

Questo circolo vizioso e perverso dovrebbe indurre tutti a elaborare qualche riflessione su come abbiamo costruito e impostato la nostra società, sui meccanismi che ci siamo inventati per regolarla. Meccanismi fragili e deleteri che, in sostanza, si possono ridurre alla scelta riguardo a quale sia il modo migliore di morire: di povertà o di inquinamento.

Ho sintetizzato brutalmente, ma il concetto che volevo esprimere credo sia chiaro.

17 commenti:

MAX ha detto...

Molto chiaro...se devo scegliere meglio morire d'inquinamento ma con la pancia piena.

Gus O. ha detto...

Il problema è che lo sviluppo sostenibile nei fatti è solo uno slogan. Bisognerebbe ripartire da una riconversione industriale. Produrre di meno, solo il necessario.

MikiMoz ha detto...

Non resta che dimezzare la popolazione mondiale ed è fatta... :)

Moz-

Claudia Turchiarulo ha detto...

È un cane che si morde la coda e, in ogni caso, non ne usciremo vivi.

Alberto ha detto...

Ma perché il PIL ogni anno deve crescere?

Mariella ha detto...

Saremo tutti più poveri.

Andrea Sacchini ha detto...

Gaudente andante, eh? :)

Andrea Sacchini ha detto...

Pura utopia. Specie in un'era, come la nostra, dove la produzione non è finalizzata al soddisfacimento di bisogni ma alla sua autoperpetuazione.

Andrea Sacchini ha detto...

Eh, ci aveva già pensato, a cavallo tra il Settecento e l'Ottocento il buon vecchio Thomas Malthus, ma le cose sono andate diversamente :)

Andrea Sacchini ha detto...

Beh, non ne usciremo vivi è una tautologia :-)
In ogni caso sì, è un cane che si morde la coda.

Andrea Sacchini ha detto...

Perché la nostra vita è legata al PIL, che deve crescere. Facci caso: ad ogni variazione percentuale negativa del PIL scatta l'allarme: toni allarmistici e paranoie. Quello che i tromboni che parlano sempre di crescita non capiscono è che noi non possiamo più crescere. Noi occidentali, che siamo un miliardo, per tenere il nostro tenore di vita consumiamo l'80% delle risorse della terra, ciò significa che gli altri sei miliardi di persone sul pianeta si devono spartire il restante 20%. Sfido qualsiasi teorico dei sistemi ad affermare che un sistema così squilibrato possa reggere all'infinito. Eppure vogliamo crescere ancora.
Prego, si accomodino.

Andrea Sacchini ha detto...

La mia generazione, parlo di chi viaggia tra i quaranta e i cinquant'anni, bene o male la sfangherà. Ma ciò che dovrà sobbarcarsi chi verrà dopo di noi... Meglio non pensarci, va'.

Gus O. ha detto...

Convincere l'Occidente a spartire la ricchezza con il mondo che ha fame è un'utopia. Ma qualcuno ha detto che l'utopia è quello che oggi non vogliamo fare e che domani saremo costretti a fare.
Non Michel Onfray che è un seguace di Nietzsche.

Andrea Sacchini ha detto...

Quel qualcuno si è sbagliato, secondo me.

Mia Euridice ha detto...

Chiaro e spietato, direi.

Gus O. ha detto...

https://www.codiceedizioni.it/lutopia-e-architettura-un-estratto-da-utopie-percorsi-per-immaginare-il-futuro/

Andrea Sacchini ha detto...

Vabbe', tieni conto che io sono tendenzialmente pessimista. Magari le cose, alla fine, andranno diversamente.

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