mercoledì 29 agosto 2007

ICI e Chiesa, qualcuno vuole vederci chiaro

La Commissione Europea ha inviato una seconda richiesta di chiarimenti all'Italia in merito alla nota questione delle presunte agevolazioni fiscali di cui godrebbe la Chiesa nel nostro paese. La questione è nota già da tempo e ogni tanto rifà capolino.

In particolare, quello che fa sentire "puzza di bruciato" all'Unione Europea, sarebbe la norma inserita nella finanziaria 2006 del governo Berlusconi che di fatto esenta dal pagamento dell'ICI gli immobili ecclesiali "ad uso non 'esclusivamente' commerciale", come riportato dalla Stampa:
[...] Ora l’Italia rischia di essere sanzionata dall’Unione Europea per violazione della concorrenza. Difatti, per vanificare gli effetti di una clamorosa sentenza emessa nel 2004 dalla Cassazione che aveva dato torto alla Chiesa costringendola anche a pagare 5 anni di arretrati, il 2 dicembre 2005, ricorrendo al voto di fiducia, il governo Berlusconi, come chiedeva la Cei (Conferenza episcopale italiana), esenta dall’Ici le attività commerciali svolte da confessioni religiose e onlus. A parole il governo Prodi si prefigge di cancellare subito la riforma, ripristinando il pagamento dell’Ici sugli immobili degli enti ecclesiastici destinati allo svolgimento di attività commerciali. Ma l’art. 39 del decreto legge Bersani, scritto in perfetto «burocratese», lascia di fatto in vigore l’esenzione. [...]
Naturalmente, per ora, le intenzioni della Commissione Europea sono unicamente quelle di acquisire "informazioni supplementari" riguardo a tutta la questione e, al momento, non risulta aperta nessuna formale inchiesta. Per correttezza, va anche precisato che non è solo la Chiesa Cattolica a beneficiare di queste agevolazioni, ma lo sono anche le onlus e in generale gli enti di rilevanza sociale non commerciali.

Naturalmente la risposta delle alte sfere ecclesiali non si è fatta attendere. Cito in proposito dal Corriere le parole di mons. Betori:
[...] «Non possiamo fare a meno di precisare che l'esenzione dall'Ici è materia del tutto estranea agli accordi concordati, che nulla prevedono al riguardo, e ricordare ancora una volta che essa si applica alle sole attività religiose e di rilevanza sociale, che deriva dalla legislazione ordinaria ed è del tutto uguale a quella di cui si giovano gli altri enti non commerciali, in particolare il terzo settore», scrive mons. Betori. «Chi contesta un tale atteggiamento dello Stato verso soggetti senza fine di lucro operanti per la promozione sociale in campo esistenziale, sanitario, culturale, educativo, ricreativo e sportivo, manifesta una sostanziale sfiducia nei confronti di molteplici soggetti sociali di diversa ispirazione, particolarmente attivi nel contestare il disagio e la povertà. Sarebbe incongruo che lo Stato gravasse quelle realtà, ecclesiali e non, che perseguono fini di interesse collettivo». [...]
A mio parere - a margine di tutta la questione - il punto non è tanto se siano ravvisabili gli estremi che dimostrino eventuali aiuti di stato illegali nell'esenzione dell'ICI (cosa di cui si occuperà eventualmente l'antitrust), quanto se sia giusto che la Chiesa goda di questo beneficio, che - va ricordato - è solo l'ultimo di una serie piuttosto lunga, che va dall'abbattimento dell'Ires del 50% all'esenzione dall'Irap, dall'esenzione del pagamento dell'Irpef per i dipendenti della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano all'abolizione di qualsiasi tassa immobiliare e addirittura doganale (fonte).

Tutto questo senza contare altre cose, di alcune delle quali ho già parlato in passato, tipo il fiume di milioni di euro che annualmente confluiscono nelle casse vaticane derivanti da quello che è chiamato l'Obolo di San Pietro, o dal contorto meccanismo di attribuzione dell'8 x mille, solo per fare due esempi. Quindi mons. Betori fa benissimo a ricordare a tutti che la Chiesa è esentata, assieme alle onlus, dal pagamento dell'ICI in quanto "soggetto attivo nel contrastare il disagio e la povertà", ma farebbe altrettanto bene - se non altro in ossequio alle recenti parole del suo collega Bertone - a evidenziare che l'eventuale aggravio derivante dal pagamento dell'ICI probabilmente non inciderebbe più di tanto nel bilancio di una Chiesa che, per sua stessa ammissione, finanziariamente scoppia di salute.

4 commenti:

  1. e poi si lamentano se la gente non va in chiesa? Per forza ormai è tutto un businness...

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  2. Non so se la gente vada o non vada più in Chiesa (questione alla quale per la verità sono poco interessato), per quanto riguarda invece l'aspetto business non posso che darti ragione: per rendersene conto è sufficiente andare ad esempio in edicola, oppure al santuario di Padre Pio.

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  3. nel comune piemontese dove ho abitato da quando sono nato al 2005 la Chiesa possiede (o possiedeva) una cascina... immagino che non pagassero l'ici... magari adesso lo dovranno pagare, peccato però che non pagano l'ici neppure le altre cascine, nemmeno una lo fa, perchè se sei un contadino l'ici non lo devi pagare (e la tassa rifiuti ce l'hai con lo sconto). E non è tutto: al mio paese i contadini possiedono ben più case di quelle in cui abitano, in quelle in sovrannumero ci sono i nipoti, cugini e parenti vari, che così evitano anche loro l'ici... naturalmente i pochi che non hanno parenti agricoltori poi si trovano l'aliquota massima. Giusto far pagare alla Chiesa e a tutte le ong, onlus e compagnia bella l'ici quando hanno attività commerciali ma... farlo pagare anche ai contadini no?

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  4. > Giusto far pagare alla Chiesa e a tutte le ong, onlus e compagnia bella l'ici quando hanno attività commerciali

    Il succo del discorso è tutto qui. A me sta anche bene che le attività della Chiesa e delle varie onlus che hanno effettive finalità sociali senza fini lucrativi possano godere di benefici fiscali (penso ad esempio ai centri caritas diocesani o alle mense dei poveri), il problema è che questi benefici vengono estesi anche agli immobili (sempre della Chiesa) che non hanno finalità di questo tipo e che producono "reddito".

    A tal proposito non penso sia casuale la massiccia riconversione, in atto già da qualche anno, di conventi in hotel di lusso, per non parlare di tutto ciò che ruota attorno al mercato immobiliare riconducibile alle attività del Vaticano.

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