Non mi riferisco all'omonimo film del 2013 diretto da Ben Wheatly, mi riferisco agli oltre 100.000 soldati ucraini che dall'inizio dell'anno hanno abbandonato i campi di battaglia e sono scappati, mentre i media ucraini stimano che il numero di disertori sia molto maggiore e arrivi addirittura a 170.000. Le motivazioni di questa specie di fuga di massa sono principalmente psicologiche e motivazionali, dettate dal fatto che in tanti, nelle file dell'esercito, hanno capito che la guerra è ormai perduta e che al fronte si muore.
Nel frattempo nel Donbass l'esercito russo avanza senza sosta a ritmi mai visti prima in due anni e mezzo di guerra.
Senza entrare nel merito dei torti e delle ragioni, mi limito a osservare come tutto ciò strida con quanto ci hanno raccontato e ci raccontano i media circa l'andamento di questo conflitto, con toni esageratamente trionfali ogni volta che Kiev guadagna pochi chilometri quadrati di territorio e ridicolmente minimizzatori quando la Russia avanza a passi da gigante (avete letto di ciò che sta succedendo in Donbass su Corriere o Repubblica?).
Oggi sembra che Russia e Ucraina in qualche modo stiano tornando a parlarsi, ma di fronte a un paese che ha perso la guerra, è distrutto e in via di dissoluzione; di fronte all'immenso tributo di vite pagato, quanti si spendevano per una soluzione negoziale fin dall'inizio e venivano bollati stupidamente come filo-putiniani forse non avevano tutti i torti.
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