martedì 11 gennaio 2022

Sull'informazione

"Non molto tempo fa, se volevate impadronirvi del potere politico in un paese, era sufficiente controllare l'esercito e la polizia. Oggi è solo nei paesi sottosviluppati che i generali fascisti, per fare un colpo di stato, usano ancora i carri armati. Basta che un paese abbia raggiunto un alto livello di industrializzazione perché il panorama cambi completamente: il giorno dopo la caduta di Chruščëv i direttori della Pravda, della Izvestija e delle catene radiotelevisive sono stati sostituiti; nessun movimento nell'esercito. Oggi un paese appartiene a chi controlla le comunicazioni.
Se la lezione della storia non sembra convincente, possiamo ricorrere all'aiuto della finzione, che - come insegnava Aristotele - è assai più verosimile della realtà. Si vedano tre film americani apparsi negli anni scorsi: Seven Days in May, Dr. Strangelove e Fail Safe. Tutti e tre concernevano la possibilità di un colpo di mano militare contro il governo degli Stati Uniti. In tutti e tre i film i militari non cercavano di controllare il paese attraverso la violenza armata, ma attraverso il controllo di telegrafo, telefono, radio e televisione. 
Non sto dicendo cose nuove: ormai non solo gli studiosi della comunicazione, ma anche il grande pubblico sta avvertendo di vivere nell'Era della Comunicazione. Come ha suggerito il professor McLuhan la informazione non è più uno strumento per produrre beni economici, ma è diventato esso stesso il principale dei beni. La comunicazione si è trasformata in industria pesante. Quando il potere economico passa da chi ha in mano i mezzi di produzione a chi ha in mano i mezzi di informazione che possono determinare il controllo dei mezzi di produzione, anche il problema dell'alienazione cambia significato. Di fronte all'ombra di una rete comunicativa che si stende ad abbracciare l'universo, ogni cittadino del mondo diventa membro di un nuovo proletariato. Ma a questo proletariato nessun manifesto rivoluzionario potrebbe lanciare l'appello 'Proletari di tutto i mondo unitevi!' Perché, anche quando i mezzi di comunicazione, in quanto mezzi di produzione, cambiassero padrone, la situazione di soggezione non muterebbe. Al limite è lecito sospettare che i mezzi di comunicazione sarebbero mezzi alienanti anche se appartenessero alla comunità.
Ciò che rende temibile il giornale non è (almeno: non è soltanto) la forza economica e politica che lo dirige. Il giornale come mezzo di condizionamento dell'opinione è già definito quando nascono le prime gazzette. Quando qualcuno deve scrivere ogni giorno tante notizie quante ne permette lo spazio a disposizione, in modo che siano leggibili da una udienza di gusti, classe sociale, istruzione diversi, su tutto il territorio nazionale, la libertà di chi scrive è già finita: i contenuti del messaggio dipenderanno non dall'autore ma dalle determinazioni tecniche e sociologiche del medium.
Di tutto questo si erano accorti da gran tempo i critici più severi della cultura di massa, che avevano affermato: 'I mezzi di massa non trasportano ideologie: sono essi stessi una ideologia'. Questa posizione, che in un mio libro ho definito 'apocalittica', sottintende questo altro argomento: non importa cosa direte attraverso i canali di comunicazione di massa; nel momento in cui il ricettore è attorniato da una serie di comunicazioni che gli arrivano da vari canali, contemporaneamente, in una data forma, la natura di queste informazioni ha pochissimo rilievo. Ciò che conta è il bombardamento graduale e uniforme dell'informazione, dove i contenuti diversi si livellano e perdono le loro differenze." [...]

Umberto Eco - L'era della Comunicazione - 1967

4 commenti:

Flo ha detto...

Sai cosa è scioccante in questo libro? che ha la mia età...
Banalmente (chi può essere originale al cospetto di Eco?) aggiungo che sembra che sia stata scritta stamattina a proposito della rete o della pandemia

Andrea Sacchini ha detto...

Verissimo. Eco è stato profetico su questa e su tante altre cose, come quando, più di vent'anni fa, scrisse Migrazioni e intolleranza, prevedendo esattamente ciò che poi si è verificato.

carlo49calati ha detto...

Eco, mezzo secolo fa, aveva la vista lunga.
ml

Andrea Sacchini ha detto...

Lunghissima. Non a caso il prefatore del libro scrive che leggere Eco è come camminare sulle spalle di un gigante.

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