martedì 26 febbraio 2008

Canonizzazione di massa

A questo punto pare non ci siano più dubbi: il canone (che canone non è più, ma tassa a tutti gli effetti) va pagato anche solo se si possiede un videocitofono (il quale potrebbe potenzialmente essere adattato a ricevere il segnale televisivo). E ciò è confermato dalla miriade di ingiunzioni che stanno arrivando anche a utenti che la televisione non ce l'hanno o che hanno disdetto l'abbonamento.

Ingiunzioni che sarebbe più opportuno definire minacce. Scriveva infatti ieri PI:
"Dopo molti mesi di denunce e controdenunce anche il Garante del contribuente in Piemonte si è accorto del tono minaccioso delle missive con cui viene richiesto agli italiani di pagare il canone, spesso anche a chi lo ha già pagato o non deve pagarlo. Non solo, il Servizio Abbonamenti Televisivi, per gli amici i nemici "SAT", ora include esplicitamente "personal computer, decoder digitali e altri apparati multimediali" tra gli strumenti che richiedono il pagamento del canone RAI."
Tutto ciò che ruota attorno alla questione del canone è emblematico di come funzionano certe cose nel nostro paese. Questo balzello, infatti, è ancora regolato da un regio decreto antecedente la seconda guerra mondiale, quando ancora la tv (e la conseguente "zombificazione" di massa) non esisteva. Lo scopo era regolare il pagamento di un canone per tutti quegli apparecchi "atti o adattabili alla ricezione delle audioaudizioni", cioè la classica radio.

Capite da voi, allora, che, soprattutto tecnologicamente, di acqua sotto i ponti ne è passata, e non solo perché dalle mega radio a valvole di allora (il transistor verrà inventato solo alla fine degli anni '40) si è arrivati alla tv sui telefonini, ma per tutto il corollario di vicende storiche da allora fino ai giorni nostri. Eppure, nonostante questo, ci troviamo nell'assurda situazione (una delle tante) che per regolare e gestire una tecnologia recentissima si continua a fare ricorso a un vetusto regolamento che ha visto la luce nel 1938.

Naturalmente aspettiamo con ansia - visto lo zelo a cui ci ha abituato l'amata tv di stato - l'introduzione dal prossimo anno dell'obbligo di pagamento del canone anche a iPod, videocamere, riproduttori DVD o magari VHS.

Da oltre un anno, sia le associazioni dei consumatori che molti parlamentari si battono (invano) per cercare di ottenere dagli organi competenti chiarezza su quali siano effettivamente gli apparecchi per i quali è necessario pagare il canone. Finora nessuna risposta. Sul sito dell'Aduc, l'associazione che ha depositato ben quattro interrogazioni parlamentari senza mai ottenere risposta, si legge (qui):
"Da molto tempo stiamo cercando di ottenere una risposta precisa dalle istituzioni: quali sono gli "apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni" soggetti al canone/tassa tv? Lo abbiamo chiesto al servizio Rispondi Rai, alle sedi regionali della Rai, all'Agenzia delle Entrate, al ministro della Finanza. Lo abbiamo fatto per telefono, per lettera raccomandata a/r di messa in mora e con ben quattro interrogazioni parlamentari. Fino ad oggi, siamo stati cortesemente ignorati."
Nella stessa pagina, l'agguerrita associazione di consumatori ha pubblicato un modulario-interpello (qui in pdf) che è possibile compilare e inviare all'Agenzia delle Entrate. Si tratta in sostanza di una formale richiesta di chiarimenti che se non riceve risposta dagli organi preposti autorizza l'utente a "far valere la sua interpretazione della legge senza incorrere in future sanzioni".

Staremo a vedere come evolve la cosa. Nel frattempo vale la pena segnalare che pare ci sia già chi avrebbe intenzione di cavalcare la vicenda per fini elettorali.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Oltre al problema del canone, che ormai e' diventato una tassa, ne rilevo uno piu' grave. Lo stato, tramite discutibili societa' di riscossione debiti, usa metodi da vero mafioso per far pagare balzelli spesso non dovuti.

Per alcuni versi questa storia ricorda quella delle "cartelle pazze" di qualche mese fa. In sintesi: varie societa' che fanno capo a Equitalia (e.s. la Gerit a Roma) mandano lettere minatorie in cui dicono di essere state incaricate di riscuotere debiti verso il comune (tasse, multe non pagate), e minacciano di metterti casa all'asta se non paghi entro 20 giorni. C'e' gente che per un debito di 2000 euro si e' vista espropriare immobili del valore di centinaia di migliaia di euro.

REF:
http://www.noiconsumatori.org/
Articoli/articolo.asp?id=1155

In questo caso c'e' l'aggravante che spesso Equitalia cerca di riscuotere debiti inesistenti (multe gia' pagate o mai ricevute, e simili).

Qui abbiamo la Sat, altra societa' di riscossione debiti, incaricata di espropriarti casa se non paghi il canone.

Ormai per avere i nostri soldi non si fermano davanti a nulla. Le prossime lettere che manderanno reciteranno direttamente "o la borsa o la vita"...

Andrea Sacchini ha detto...

> Le prossime lettere che manderanno reciteranno direttamente "o la borsa o la vita"...

Sì, a giudicare da come si stanno mettendo le cose direi che siamo sulla strada giusta.

La vicenda delle famose cartelle pazze, poi, rasenta il grottesco. Tanto che qualcuno ci ha scritto anche un libro.

Anonimo ha detto...

Vedo che la guida e' risale a Novembre ‘99. Mi ricorda "i corsi e ricorsi storici" di Gianbattista Vico. Sembra che il problema delle 'cartelle pazze' si ripresenti esattamente ogni 4 (nei giornali se ne e' parlato nel 2003 e poi ancora a fine 2007). Mi ricorda anche quei film horror in cui ogni tot anni un mostro si sveglia per compiere i suoi massacri. Se la teoria e' corretta, meglio non essere in Italia nel 2011.

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