Fin da giovane ho letto libri di tutti i tipi: romanzi, racconti, saggi, narrativa e altri. "I figli non crescono più" è il primo che ho letto scritto da uno di quelli che, un po' irrispettosamente, vengono chiamati "strizzacervelli", ossia uno psichiatra. L'autore è Paolo Crepet, medico e psichiatra plurilaureato, autore tra gli altri di numerosi saggi e libri sui giovani e sul loro rapporto con i genitori e la società.
Il libro è scorrevole, scritto bene e alla portata di tutti, e, come si intuisce dal titolo, esamina un po' i motivi (non solo economici) per cui i giovani oggi tendono a rimanere tra le mura domestiche (i famosi "bamboccioni" di Padoa-Schioppa) il più possibile. Da esperto del ramo, l'autore fornisce anche molte indicazioni sul comportamento che dovrebbero adottare i genitori di fronte a certe situazioni che inevitabilmente si presentano nel difficile percorso di educazione e crescita dei figli. E qui arrivano i primi problemi.
Non propriamente problemi, ma constatazioni - provate di persona - di come spesso tra il dire e il fare ci sia di mezzo il mare, come si suol dire. Voglio cioè semplicemente dire che i consigli illustrati sono sicuramente ottimi, ma purtroppo, spesso, di ben difficile applicazione. Faccio solo un esempio, preso appunto da un aspetto trattato nel libro, che in prospettiva mi riguarda da vicino.
A un certo punto, in un capitolo, Crepet parla dell'arcinoto problema dell'omologazione dei giovani, omologazione intesa nel senso di avere tutti lo stesso zainetto firmato, le scarpe della stessa marca e cose di questo genere. Chi, come me, ha i figli che vanno in scuole diverse sa benissimo quanto sia vera questa cosa, quanto sia imperante tra i giovani questa cultura del "gregge". E soprattutto di come sia faticoso riuscire a farne fronte. L'autore racconta in proposito una sua esperienza personale: in questo caso una mamma che gli confida il suo timore che non comprando al proprio pargolo l'ennesimo zainetto di marca - cosa che regolarmente fanno tutti gli altri genitori - il piccolo possa soffrirne, possa crescere diverso.
Crepet spiega a questa mamma che obiettivo dell'educare non è avere tutti gli stessi figli, magari seguendo la logica di un'azienda che li vorrebbe tutti clienti di uno stesso zainetto, ma educare significa anche valorizzare la diversità, inculcando l'idea che, vissuta positivamente, questa diversità/rifiuto dell'omologazione rappresenti un valore aggiunto e una ricchezza, naturale prosieguo di un certo modo di vedere la naturale evoluzione dell'uomo che contempla l'impossibilita evidente di replicarci identici.
Concetti sublimi, esemplari, certo, ma mettevi nei miei panni: come lo spiego a mia figlia? Con cose tipo: "Non ti preoccupare, sei l'unica della tua classe che ancora è senza cellulare, ma cerca di guardare il lato positivo di questa cosa"? L'abbiamo fatto, e la risposta è stata di indicarle quale fosse questo lato positivo. Tombola! Insomma, ecco che si torna al famoso "tra il dire e il fare...": insegnamenti bellissimi che però vanno a cozzare palesemente con la realtà. E che ti fanno venire anche qualche dubbio (stiamo facendo bene? abbiamo sbagliato qualcosa? ecc...).
In ogni caso, tornando al libro, se vi capita di rimediarlo da qualche parte dateci una letta, probabilmente vi farà venire qualche leggero senso di colpa e vi inculcherà l'idea di non essere granché come genitori o educatori, ma ne sarà comunque valsa la pena.
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Sarò breve e diretta: hai capito più cose tu di Crepet. Fidati.
RispondiEliminaLa vita reale è un'altra cosa. Senza contare che, quando si va a scuola, si rischiano paurose esclusioni e anche piccoli drammi quando si è "diversi". Quanta cattiveria s'incontra a scuola!
Con ciò non sto affermando che devi comprare il cellulare a tua figlia; sto solo dicendo che, se anche tu lo comprassi, non saresti un cattivo genitore.
Anche perché sono convinto che i parametri attraverso cui valutare se si è buoni genitori o meno siano molti ma molti di più del semplice comprare o no un cellulare.
RispondiEliminaCellulare il cui acquisto - per la cronaca - è comunque previsto alla fine dell'anno scolastico. ;)