domenica 3 febbraio 2008

Ciao Newton, e grazie

Quella che vedete qui a fianco è la copertina dell'ultimo numero di Newton che mi è stato recapitato ieri a casa. Al suo interno ho trovato un avviso, stampato su un foglio bianco, col quale dalla RCS mi comunicano in modo frettoloso che quello che ho tra le mani è l'ultimo numero e che provvederanno in altro modo a integrare la differenza con quanto già pagato alla sottoscrizione dell'abbonamento, magari proponendomi un altro abbonamento a un'altra rivista.

Ovviamente della suddetta integrazione non mi importa un beneamato: quello che mi dispiace è che la rivista chiude i battenti, come confermato anche dall'editoriale in prima pagina del suo direttore (qui in pdf).

Per chi non lo conoscesse, Newton (sito internet qui), è (era) un mensile scientifico che aveva il pregio di spiegare chiaramente ai "semplici", come il sottoscritto, argomenti solitamente prerogativa degli addetti ai lavori. Un mensile culturale, scientifico e tecnologico estremamente interessante: mai banale e lontano anni luce dalla tendenza molto in voga in analoghe pubblicazioni simili di "sensazionalizzare" la scienza.

I motivi della chiusura sono abbastanza intuibili (tanto per intenderci, una rivista che vende è difficile che chiuda). Rimane un po' di dispiacere, anche perché ci ero abbonato da parecchi anni. E anche un po' di tristezza, soprattutto nel constatare che una rivista scientifica di un certo livello sparisce dai banchi delle edicole per fare magari il posto a una (l'ennesima) di astrologia o gossip.

Ma, d'altra parte, perché stupirsi? Siamo o no il paese del grande fratello, delle veline e dei profeti dell'astrologia?

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Anche io abbonato di lunga data. Dovrei avere pure i primi numeri da qualche parte.

E' un peccato, una tra le più belle letture rimaste in edicola.

Andrea Sacchini ha detto...

> una tra le più belle letture rimaste in edicola

Ma no, cosa dici? C'è ancora Novella 2000, Cioè, GossipNews, Astrella...

:-(

Maurizio Antonelli ha detto...

Hai ragione Andrea. È proprio un gran peccato.

Romina ha detto...

In fondo, quest'evento ci offre l'amara prova di quello che ripetiamo da tempo: siamo precipitati nel fondo del barile, e lo stiamo raschiando.
In Italia la "cultura" vale zero, non è una frase fatta, è la pura verità.
E peggioreremo, visto anche il livello della classe politica attuale (che infatti non sa rimediare nemmeno ai problemi della scuola).

Negadrive ha detto...

E' un peccato, ma forse è "colpa" anche di Internet: anche io leggo molte meno riviste di astronomia di un tempo, ma il mio interesse è lo stesso. Quello che è cambiato è il modo di informarsi; dipende dal tipo di utenza, più o meno avvezza alle nuove tecnologie. Alcuni editori l'hanno capito e hanno iniziato una migrazione verso il web.

Andrea Sacchini ha detto...

Sì, non è da escludere a priori il fattore internet. Quello che lascia perplessi è che le riviste "leggere" non hanno questi problemi, pur brulicando la rete anche di gossip.

schrodcat ha detto...

Lo dico francamente: questa mancanza di attenzione verso la promozione della cultura scientifica (ma anche la cultura in genere), da parte della grande informazione e della politica, è l'elemento che più temo possa portare le nostre società ad una lenta decadenza globale. Sarà sempre più raro che ragazzi diciottenni saranno attratti verso facoltà scientifiche, che d'altro canto offrono sempre meno possibilità di impiego in un mondo del lavoro (italiano) sempre meno proiettato verso l'innovazione.

Ma anche ammettendo che i buoni scienziati ci saranno sempre, c'è un altro rischio per la rarefazione della divulgazione scientifica: essa tra le altre cose educa e promuove uno spirito critico e scettico, esercita a metter sempre in discussione le nozioni prima assodate, e infine si basa sul principio della "accumulazione" del sapere e non della sua stasi su definizioni istituite per autorità e inamovibli. Diventerà pertanto sempre più facile promuovere una cultura egemonizzante, acritica, ideologica, talvolta dogmatica. Le società sempre meno rifletteranno sui dilemmi della scienza e dell'etica, mettendo al primo posto il mantenimento dello status quo, dove ogni sperimentazione può venir vista come insidiosa verso gli individui.

Io, per esempio, considero l'arrembante avanzata del creazionismo americano il più grave rischio per quella nazione di cadere in una regressione in cui lo scetticismo diventa crimine e il dogmatismo un bene o un valore (decretando l'inizio di una china discendente di una società che ha il suo più grande motore nell'innovazione e nella ricerca). Non dimentichiamoci che le società occidentali si mantengono ai ritmi di ora grazie ad una continua evoluzione ed innovazione delle tecniche (si pensi al dramma per le economie ogni rara volta che il PIL si arresta per un solo anno), senza le quali si disperderebbero nella povertà nel giro di pochi anni.

In questo una parte di colpa, bisogna dirlo, ce l'hanno gli scienziati che tendono a snobbare la divulgazione in termini magari approssimativi ma semplici, facendo diventare la scienza un po' una cosa "da salotto".

Zappa ha detto...

Io penso:
Ma non è che uno dei motivi sia quello che fa faticare ad arrivare alla fine del mese?
E che senza Internet non si sta, ma senza cartaceo sì, tanto c'è Internet, ed il cartaceo costa!
Anch'io, nel mio piccolo, a volte ho anche comprato Newton, ma, ora come ora, non ricordo quanto tempo sia che non compro nè giornali nè riviste!
Non va bene, lo so, il problema è che la mattina andando in ufficio leggo i 'giornali gratuiti' che sono alla fermata del bus, e, anche se acquistassi quotidiani e/o riviste, .. quando li leggo?
Adesso che abito in campagna ce n'è sempre, da fare!
Però mi dispiace un po', per Newton!

schrodcat ha detto...

Guardate che internet fa introiti anche raccogliendo pubblicità. Magari meno di quelli che si fanno vendendo copie cartacee, ma almeno parzialmente in compensazione della perdita di "clienti" del cartaceo (anche perché può aumentare potenzialmente la fruizione, in termini assoluti di somma tra cartaceo e online). Un esempio: il gruppo Eespresso, forse quello editoriale (italiano) più attivo in rete, sono anni che continua ad essere fortemente in attivo e con utili in crescita costante (come raccolta pubblicitaria). Tutto ciò in modo sempre più fruttuoso da quando opera massicciamente in rete. Il tutto nelle condizioni salariali qui riportate da altri.

Quindi io personalmente questa tesi non la sposo. O per lo meno, concordo che può darsi che sia per effetto di internet ma la causa allora sia che una tal rivista non abbia saputo innovarsi in questo senso, approfittandone, come ha fatto il Gruppo Eespresso, invece che facendosi schiacciare.

Tutto sommato poi penso che in termini assoluti la rete abbia aumentato, diciamo così, il numero di pagine lette per persona. E non credo che questo aumento riguardi comunque gli scritti di contenuto scientifico...

Andrea Sacchini ha detto...

> ora come ora, non ricordo quanto tempo sia che non compro nè giornali nè riviste!

Male, malissimo. Io cosa li porto a fare alle edicole? :-)

> Diventerà pertanto sempre più facile promuovere una cultura egemonizzante, acritica, ideologica, talvolta dogmatica.

Ovviamente, come te, auspico - e in fondo sono anche convinto - che tutto ciò non avverrà, perlomeno in tempi brevi. Certo è che le generazioni future dovranno fare molta attenzione.

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