sabato 23 febbraio 2008

ThyssenKrupp, accusa di omicidio volontario per l'ad

"I dirigenti delle acciaierie ThyssenKrupp sapevano che gli operai del proprio stabilimento rischiavano la vita ogni volta che entravano a lavorare, eppure hanno colpevolmente evitato di adottare le necessarie misure di sicurezza antincendio. Uno di essi, addirittura, Harald Espenhahn, l'amministratore delegato del gruppo italiano, avrebbe mandato i lavoratori incontro alla morte con la piena consapevolezza che, nei reparti sguarniti della fabbrica, un incendio sarebbe potuto scoppiare da un momento all'altro." (fonte: Repubblica)

L'indagine sulla strage di Torino, che costò la vita a sette operai, è formalmente chiusa, e la spiegazione di quello che è successo è racchiusa in oltre 40.000 pagine di documentazione. L'amministratore delegato della filiale italiana rischia 10 anni di galera per omicidio volontario.

Sui fatti di Torino è stato scritto di tutto e di più, e quindi non è che ci sia granché da aggiungere. L'accusa che viene rivolta all'amministratore delegato pare incredibile. Anche a mente fredda. Anche pensandoci bene. Sappiamo tutti che (purtroppo) la sicurezza sul lavoro in Italia (e non solo) è una chimera e che le leggi in materia vengono disinvoltamente disattese; però si è sempre portati a pensare - almeno per me è così - che in fondo queste leggerezze abbiano principalmente una componente di sottovalutazione dei reali pericoli derivanti dalla loro mancata applicazione.

Se, alla fine del procedimento giudiziario a carico dell'amministratore delegato della ThyssenKrupp, le accuse rivoltegli saranno confermate, beh, sarà la dimostrazione terribile che non è sempre così, e che esistono lavoratori che vengono consapevolmente mandati al macello.

Mi pare che l'aggiunta di qualsiasi considerazione a tutto ciò sia superflua.

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