In questi casi mi chiedo sempre chi abbia fallito. La famiglia? La scuola? La società nel suo complesso? Qual è stato l'anello mancante nel lungo percorso che dovrebbe portare gli ammassi sanguinolenti di organi che siamo a capire la differenza tra bene e male?
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SEcondo me la famiglia!
RispondiEliminaPrincipalmente sì.
EliminaIo sono di Rieti e ho seguito la notizia con una grande costernazione. Il punto è che le tifoserie di basket qui a Rieti sono di estrema destra e non da oggi ma da decenni. Certo non tutti i tifosi lo sono ma una buona parte sì.
RispondiEliminaMi ha sorpreso che questo genere di violenza è diffusa anche nel basket, tra l'altro in serie minori, credevo fosse diffusa più che altro nel calcio.
EliminaÈ così: nel calcio le miserie umane sono state almeno arginate da regole dure, Daspo, telecamere, controlli. Ma come in ogni ecosistema, quando bonifichi un’area, la feccia si sposta dove può proliferare indisturbata. E così molti di questi soggetti si sono riversati negli sport minori, dove l’assenza di controlli ha funzionato da rifugio. Ho saputo che anche il basket sta iniziando ad applicare le stesse misure punitive: tardi, ma necessario. Certi parassiti capiscono solo il linguaggio del divieto. Speriamo solo che, a furia di divieti, non finiscano nei campetti delle parrocchie: lì rovinerebbero pure le partitelle della domenica.
RispondiEliminaPurtroppo il problema e le cause di queste situazioni stanno a monte, molto a monte, bisognerebbe intervenire lì, ma ormai siamo a un punto che se anche si cominciasse a farlo i risultati si vedrebbero forse dalla prossima generazione. Credo manchino sia la volontà che la possibilità di mettere in atto un gigantesco piano educativo. È proprio una questione strutturale.
EliminaHai perfettamente ragione: il problema sta molto più a monte, e un vero piano educativo richiederebbe tempo, volontà e una società che creda ancora nella parola “educare”. Ma c’è anche un altro lato della medaglia: certi individui sembrano avere la violenza impressa nel dna, come un difetto di fabbrica. Puoi offrirgli scuole, regole e occasioni, ma appena togli la divisa o la telecamera, tornano alla natura di branco. E lì l’educazione non basta più, serve contenimento.
RispondiEliminaNo, non credo sia così. Le neuroscienze hanno dimostrato già da tempo che l'espressione "sta scritto nel dna" ha una qualche efficacia retorica ma dal punto di vista scientifico non ha senso, dal momento che il DNA non è altro che un codice che fornisce istruzioni su regolazioni biologiche che nulla hanno a che fare con la psicologia o il comportamento.
EliminaAnche perché per 2/3 il nostro cervello si sviluppa, si plasma e si modifica dopo la nascita, quindi ciò che siamo e ciò che facciamo è determinato unicamente dalle influenze esterne che riceviamo.
In sostanza, non si nasce mostro di Firenze o madre Teresa di Calcutta per predisposizione genetica o per istinto (che tra l'altro l'uomo non possiede), ma si diventa l'uno o l'altra in base all'ambiente e all'educazione che riceviamo. Per questo nel post mi sono chiesto quale sia l'anello mancante.
Anche in questo commento hai perfettamente ragione, dal punto di vista scientifico. Le neuroscienze lo spiegano bene: non c’è un gene della violenza né un cromosoma del male. Però, a volte, la realtà ci sbatte in faccia persone che sembrano nate con il gusto di distruggere. Pensa alle famiglie con due figli cresciuti nello stesso ambiente, con la stessa educazione e le stesse opportunità: uno diventa un genio tranquillo, l’altro fa passare le pene dell’inferno. Difficile liquidarlo solo come “influenza esterna”. Sarà pure ambiente, educazione o mancanza di entrambe, ma la sensazione è che certi cervelli non abbiano mai ricevuto nemmeno l’aggiornamento base del software umano. E lì non c’è laboratorio che tenga: serve una società che non si limiti a spiegare il perché, ma che impari finalmente a mettere un argine al come.
EliminaHai detto bene: "sembrano nate col gusto di distruggere". È un'impressione che si ha. Poi, ovvio, sono d'accordissimo sulle punizioni a posteriori, visto che sul piano educativo non si agisce.
EliminaPersonalmente penso che il fallimento sia di tutti i termini da te elencati. Manca il collegamento tra di loro. Buona giornata
RispondiEliminaLo penso anch'io. Ciao Farfalla.
EliminaLee frange di “tifosi” violenti assomigliano a quelli che si infiltrano nei cortei pacifici solo per menar le mani, della possibilità di pace o di una bella gara sportiva non gliene frega un accidente.
RispondiEliminamassimolegnani
Esatto, stessa stupidità.
EliminaCertamente, una cosa che non dovrebbe essere successa. Per me, è un fallimento di tutta la società e questo fatto è soltanto una crepa visibile.
RispondiEliminapodi-.
Credo che tu abbia ragione.
EliminaQuelli non li chiamo tifosi ma teppisti da black bloc...
RispondiEliminaL'autista era pure prossimo alla pensione dopo anni di onorato servizio.
Vero, gli mancava un mese, circostanza che rende il tutto ancora più assurdo.
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