Alcune testate online, approfittando forse del calo fisiologico di visitatori dovuto al fatto che la gente - specie nei giorni festivi - se ne va al mare o in montagna, hanno pensato bene di integrare i polpettoni triti e ritriti del Papa in Australia (e relative strampalate dichiarazioni) e degli alpinisti italiani bloccati sul Nanga Parbat, con le esternazioni padovane del senatùr (foto) al congresso/ritrovo della Liga Veneta.
Per l'occasione (l'ennesima), il guru per eccellenza del federalismo sulla carta, ha nuovamente deliziato gli astanti con una delle sue leggendarie uscite-fiume nelle quali si trova un po' di tutto; anche se in rigoroso ordine sparso, ovviamente. Tutti a dare risalto, e naturalmente a indignarsi, per la questione del dito medio levato durante l'inno di Mameli (come se dal soggetto ci si potesse aspettare qualcosa di diverso), mentre invece, a mio parere, sono altre le cose a cui andrebbe data maggiore evidenza. Vediamo ad esempio qualche perla, sempre secondo quanto riportato dall'Ansa (link qui sopra):
"Non dobbiamo più essere schiavi di Roma. L'Inno dice che 'l'Italia è schiava di Roma...', toh! dico io.""Non dobbiamo più essere schiavi di Roma"? Ma come fa a dire una cosa del genere uno che dai primi anni '90, se non prima, non fa altro che bazzicare in Parlamento con relativo stipendio? Uno che sempre dal suddetto periodo ha fatto parte di una coalizione guidata dall'uomo amico di Dell'Utri, Andreotti, Craxi e company, cioè l'insieme per eccellenza e la massima rappresentazione (il partitismo) di ciò che la Lega (almeno quella degli inizi) ha sempre combattuto?
Sì, lo so, è il famoso "patto col diavolo": si tratta evidentemente di puro tatticismo che rispecchia il proverbiale "se non li puoi combattere fatteli amici". E lui se li è fatti amici eccome: a suon di legislature. Peccato che il tatticismo è finora servito a ben poco, visto ad esempio che dal quinquennio precedente all'ombra dell'uomo di Arcore, la Lega, per quanto riguarda 'sto benedetto federalismo, non ha cavato un ragno dal buco e visto che le prospettive attuali non sono diverse dalle precedenti. Ma tant'è.
Probabilmente il nostro uomo penserà che chi la dura la vince (non era lui il teorico del "celodurismo"?), e quindi anche questa volta aspetterà con (poca) pazienza che il cavaliere abbia finito di sbrigare le sue faccenducole personali prima di tornare alla carica con questo benedetto federalismo (anche se questa volta, va detto, pare un tantino più determinato delle volte precedenti). Peccato che la filosofia del "chi la dura la vince" sembri ultimamente non fare più molta presa in più di un elettore leghista, se sono veri i risultati di questo sondaggio e se in rete si trovano alcune lettere tipo questa:
Io penso che Berlusconi, scusa il termine, abbia fottuto te [Bossi, ndr] e la Lega e abbia incassato solo lui. Gli hai regalato cinque anni di governo senza cavare un ragno dal buco. Mentre lui ha fatto le leggi per sé, la Lega non ha ottenuto niente, meno di zero. Adesso hai promesso che porterai a casa il federalismo fiscale, se lo otterrai avrai avuto ragione tu. Ma non te lo faranno fare. Non possono chiudere per fallimento il Centro Sud che vive delle tasse della produzione del Nord, ci sarebbe la rivoluzione in Sicilia, in Calabria, in Campania dove le uniche imprese importanti sono la Regione, le province e i comuni. Morirebbero di fame. Il federalismo fiscale avrebbe come conseguenze la rivoluzione e la secessione. Tu lo sai benissimo, e lo sanno anche loro. Da quando sei con Berlusconi la base ha dovuto ingoiare dei rospi, ma in questa legislatura sono rospi giganti: i sussidi pubblici all’Alitalia, il Ponte di Messina, la spazzatura di Napoli portata al Nord. In tre mesi avete discusso solo di leggi per evitare i processi a Berlusconi, la sicurezza dei cittadini della campagna elettorale è stata sacrificata all’impunità di Berlusconi. I rom c’erano prima e ci sono adesso. I clandestini sbarcavano prima e ora pure. L’unica tassa che rimaneva ai comuni del Nord, l’ICI, è stata cancellata. Le imprese del Nord chiudono, la Lega lo sa bene, per la pressione fiscale, gli anticipi dell’IVA mai rimborsati, l’IRAP e per le mille rotture di balle della burocrazia italiana. Le nostre aziende chiudono, Umberto, e tu passi il tempo a parare il culo a Berlusconi sperando nel federalismo. Una volta che Berlusconi avrà sistemato i suoi problemi giudiziari potrai scordarti il federalismo fiscale. Spero (lo spero veramente) di sbagliarmi, ma ti troverai con un pugno di mosche in mano e il movimento sfasciato. (articolo integrale qui)
Naturalmente ogni elettore leghista, pur avendo magari questi piccoli pensieri, si augura che tutto ciò non accada, che alla fine Bossi la spunti e porti a casa il tanto agognato federalismo fiscale, sia pure ottenuto a colpi di dito medio all'inno di Mameli (dopo naturalmente aver fatto solenne giuramento di fedeltà davanti al Presidente della tanto odiata repubblica all'atto di insediamento dell'esecutivo). A proposito di dito medio, c'è da notare l'immediata reazione indignata, tra gli altri, di La Russa, anche se forse la sua indignazione va più attribuita a una certa frase poco felice (per La Russa) del senatùr ("Dobbiamo lottare contro questo stato fascista. E' arrivato il momento, fratelli, di farla finita."), che al dito medio vero e proprio, ma vabbè.
Riguardo alla questione dell'Italia schiava di Roma ("L'Inno dice che 'l'Italia è schiava di Roma...', toh! dico io") - concetto dal punto di vista dell'esegesi superbamente illustrato dal leader leghista - sarebbe interessante chiedere a Bossi a quale inno si stesse riferendo. Perché se si riferiva a quello di Mameli, sarebbe il caso che qualcuno gli facesse notare che la "schiava di Roma" menzionata nel suddetto inno (info qui) non è l'Italia, ma la Dea Vittoria (cosa che gli ha fatto notare lo stesso La Russa, evidentemente un pelino più acculturato di lui - anche se non è che ci voglia poi molto). L'Italia schiava di Roma è quindi una sua folkloristica e personalissima interpretazione dell'inno: inno che dimostra quindi di conoscere alla perfezione.
Alla luce di tutto ciò, suscita una certa ilarità la crociata contro gli insegnanti meridionali - tirata fuori anche oggi - che ogni tanto sbuca come per magia dal suo cilindro magico. Ma probabilmente si tratta di invidia, forse perché magari l'insegnante avrebbe voluto farlo lui; chissà, magari è sempre stato un suo recondito desiderio. Peccato che per insegnare, oggi, occorra almeno una laurea e non basti la maturità.
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