Qualche tempo fa mi sono trovato a dover scrivere un biglietto di auguri. Niente di particolarmente complicato, una semplice frase col mio nome vergato in calce. Eppure ho avuto una grande difficoltà perché mi sono reso conto di non essere più capace di scrivere fluentemente in corsivo. Ho preso quindi un piccolo block notes e ho fatto alcune prove, una specie di brutta copia, se vogliamo, che è servita a certificare questa grossa difficoltà di cui ero solo vagamente a conoscenza. Non è che io non riesca più a scrivere in corsivo tout court, ma mi impunto, mi blocco di fronte a certe lettere e al modo di congiungerle, e questa cosa mi ha colpito molto.
In realtà, se ci si pensa, è normale che accada. Quando si abbandona un'attività, non si svolge più una funzione, col tempo subentra progressivamente la loro dimenticanza. Non vale solo per la scrittura in corsivo, ma anche per le lingue, ad esempio, o qualsiasi altra cosa. Ma tutto ciò non è di grossa consolazione perché si tratta sempre di qualcosa che si perde. Comunque, tornando al biglietto di auguri, alla fine mi sono arreso e l'ho scritto in stampatello, col quale ho ancora molta dimestichezza.
Perché questo post sul corsivo? Perché in questi giorni sto leggendo un saggio di Nicola Gardini: Le dieci parole latine che raccontano il nostro mondo, una interessantissima analisi storica, letteraria ed etimologica dei dieci lemmi di origine latina che oggi utilizziamo più correntemente (ne consiglio la lettura a quelli che "ma a cosa serve il latino? È solo una perdita di tempo". No, non è una perdita di tempo; il latino serve a conoscere moltissime cose, tra cui le cose che diciamo, anche se quasi mai ce ne rendiamo conto. Perché, come scrive l'autore: "Non conoscere le parole ci porterà prima o poi a commettere gravi torti").
Nel capitolo riguardante la parola latina "stilus", che in origine significava palo, bastone, asta, e che poi nel corso dei secoli ha prodotto una molteplicità di significati (dalle verghe di olmo per frustate gli schiavi ai tagli che un incauto barbiere lasciava sul collo di un cliente; dal coltello al pungiglione all'antica penna con cui si scriveva fino ad arrivare allo stile - tipo "avere stile" - di oggi), leggo queste riflessioni:
Lo stilus è tra le invenzioni tecnologiche più fortunate di tutti i tempi. La mano che tiene l’asticciola è diventata un emblema dell’identità occidentale, l’incarnazione stessa della scrittura. Poi, però, è arrivata la stampa a farle concorrenza e a metà dell’Ottocento è nata un’altra rivale, la macchina da scrivere. Il braccio di ferro l’ha vinto l’ultima arrivata, la tastiera elettronica. Lo stilus, ovvero la penna, come lo chiamiamo ormai da molto tempo (pensiamo al sonetto di Cavalcanti in cui parlano le penne stesse), si tira fuori di rado, per un appunto estemporaneo, per una firma. Io stesso sto scrivendo queste parole con una tastiera, seppure di stili abbia pieni i cassetti e le tasche e sia felicissimo di tenerne uno tra le dita.
L’affermarsi della tastiera si è rivelato vantaggioso sotto vari aspetti: offre rapidità, permette facilità di diffusione, spinge alla socializzazione. Non esistono, però, solo vantaggi. Numerosi studi hanno dimostrato che la scrittura a mano sviluppa la memoria, organizza le informazioni in aree specializzate del cervello, stimola il pensiero astratto e la diversità. Lamenti e proteste contro il predominio della tastiera si levano ormai dall’Europa all’America alla Cina. In quest’ultimo paese, in particolare, la crescente sostituzione della penna con i tasti del computer, data la complessità dei caratteri non alfabetici, sta portando danni irreparabili alla memoria nazionale e alla coscienza intellettuale degli individui. Negli Stati Uniti e in Canada è partita una "campagna in favore del corsivo", che ha per fine il rilancio della penna nelle scuole primarie. Anche a Harvard si trovano professori che impongono che i loro studenti prendano appunti a mano, non con il computer (dovrei farne anch'io una regola a Oxford).
In Italia esiste una Giornata nazionale della scrittura a mano, il 23 gennaio, che invita i frequentatori dei social a postare da qualche parte un campione della loro grafia; e l'Istituto Grafologico Internazionale Girolamo Moretti di Urbino si sta adoperando perché la scrittura a mano sia proclamata patrimonio dell'umanità dall'Unesco.
Ma perché tanto allarme? Se il messaggio che produco sul display significa pur sempre quello che avrei potuto esprimere con carta e penna, perché la tecnologia ci preoccupa?
Ecco una prima differenza cruciale tra scrittura a mano e digitalizzazione: il messaggio digitato non porta traccia di me. Potrebbe averlo composto chiunque. Non è una manifestazione evidente del mio corpo, il ricordo di una presenza agente. In un certo senso, non è autentico. Le lettere non le ho fatte io. Le ha fatte un impulso elettronico tramite un tasto che la pressione più casuale potrebbe attivare. Certo, il mio corpo ha pur sempre agito, ma chi può dirlo? Non io che ho composto il messaggio, non tu che adesso l'hai davanti agli occhi, e neppure un esperto grafologo. L'evento originario e originale è dissolto: quel muoversi consapevole del polso, quello stringere delle dita, quel premere perché la parola affondi nelle fibre della carta, quel marchiare la superficie con un'immagine di me, unica, inconfondibile, che io stesso non potrei mai ripetere identica. La scrittura manuale, infatti, è un'immagine di me adesso e qui; una trascrizione del mio esserci.
Ora, non so dire se la perdita di una funzione come la scrittura in corsivo abbia tali e gravi implicazioni, ma per tentare di recuperare un po' della fluidità persa sto pensando di ricominciare a farlo. Magari ogni tanto, nei ritagli di tempo. Prendo carta e penna e scrivo in corsivo, provo a riabituarmi. Anche per poter tornare a scrivere biglietti di auguri come si deve.
https://francobattaglia.blogspot.com/2023/01/corsivo-e-stampatello.html l'evoluzione del corsivo.. fondamentale non abbandonare mai un bloc notes.. mai!
RispondiEliminaTroppo tardi...
EliminaDiscorso sacrosanto. Anch'io non sono letteralmente più capace di scrivere a mano, al punto che compilare il 730 è diventato ormai un problema proprio per questo motivo, così come riempire un modulo di c/c postale, scrivere due righe da lasciare al medico o, come nel tuo caso, un biglietto di auguri: mi ritrovo a fare e rifare delle prove, però poi il risultato viene sempre una schifezza. Persino la firma, non son più capace di fare... cioè la faccio, ma è decisamente un'altra cosa rispetto a quella che è stata fino a qualche anno fa.
RispondiEliminaVarie volte mi sono ripromessa di prendere carta e penna per fare un po' di esercizo, ma la pigrizia finisce inevitabilmente per prevalere. Comunque poco danno, io sono vecchia; ma è un discorso cruciale per lo sviluppo cognitivo di bambini e ragazzi: resta da sperare che i/le loro insegnanti ne siano pienamente consapevoli.
Anche io, oltre che col resto, ho difficoltà a firmare. Spesso vengono fuori sgorbi quasi incomprensibili. Nel post mi sono ripromesso di ricominciare ad abituarmi, ma so già che, come te, la pigrizia, nel mio caso unita anche alla mancanza di tempo, prevarrà :-(
EliminaHo una certa età e fortunatamente non ho mai abbandonato l'abitudine di scrivere in corsivo, tengo da anni anche un diario scritto a penna e sono contento di continuare a utilizzarlo.
RispondiEliminaPierre
Anche mia figlia minore, Francesca, tiene da tanti anni un diario che scrive a penna.
EliminaInvidio sia te che lei.
Mai perso l'abitudine di scrivere in corsivo. Quaderni, pezzi di carta ecc per scrivere appunti in ogni momento.
RispondiEliminaIo scrivo in stampatello anche la lista della spesa, ricomincerò da lì.
EliminaPure io, adesso che mi ci fai pensare, la lista della spesa la scrivo sempre in stampatello... (e mi chedo se, scritta in corsivo, io stessa sarei poi in grado di decifrarla ;-))
EliminaOk, proviamo e poi ci aggiorniamo :-)
EliminaVorrei spezzare una lancia in favore del latino, una lingua che ho sempre amato molto (forse anche perché appartengo ad una generazione che l'ha studiato sin dalle scuole medie).
RispondiEliminaIl latino ha valore per le nostre radici, è una lingua stupenda ed espressiva e, tra le altre cose, ha una struttura d'insieme molto razionale.
Quando insegnavo ho continuamente verificato che gli studenti con difficoltà in latino ne avevano anche in matematica: non è un caso.
Per ciò che riguarda la scrittura, fortunatamente anch'io sono tra coloro che non l'hanno mai del tutto abbandonata. Il diario non lo tengo più da parecchio, ma la penna in mano me la ritrovo spesso.
Io, purtroppo, non ho mai studiato latino, né alle medie né alle superiori (ho frequentato controvoglia un istituto tecnico). Sono diventato cosciente della sua importanza, e di riflesso di ciò che ho perso, solo dai libri che ne parlavano e dalle interessantissime conferenze di vari esperti e conoscitori di questa lingua.
EliminaPeccato.
La stessa cosa succede a me.Dopo tantissimi anni di scrittura in corsivo non so più scrivere.E ' triste,devo allenarmi.Ciao
RispondiEliminaIo ho smesso più o meno una ventina di anni fa, quando ho comprato il mio primo PC.
Elimina