Spesso siamo terrorizzati dai nostri errori e dal fatto che gli altri possano accorgersene e giudicarci in modo negativo. Invece gli errori, piú di tutto, rendono gli uomini amabili, scriveva Goethe. La capacità di sbagliare con eleganza - e di ammetterlo quando è necessario o semplicemente giusto - è un fattore tanto controintuitivo quanto fondamentale del successo in qualsiasi attività. Ha detto Michael Jordan, una leggenda del basket: 'Nella mia carriera ho sbagliato piú di novemila tiri. Ho perso trecento partite. Per trentasei volte i miei compagni si sono affidati a me per il canestro decisivo e io l'ho sbagliato. Ho fallito tante e tante volte nella mia vita. Ed è per questo che alla fine ho vinto tutto'.
Un pensiero con cui familiarizzare è il seguente: ognuno di noi passa gran parte della sua vita a commettere errori e ad avere torto. Una fondamentale linea di demarcazione è fra quelli che ne sono consapevoli e quelli che non lo sono. Tutti noi prendiamo decisioni giuste e decisioni sbagliate. La vera differenza è fra coloro che sono disposti (e veloci) a riconoscere quelle sbagliate e a correggerle, e coloro che cercano di occultarle a sé stessi e agli altri, che cercano di convincere, sé stessi e gli altri, di avere ragione anche quando hanno torto. Quando si imbattono in eventi che mettono in crisi le loro credenze, sono piú inclini a manipolarli piuttosto che a interpretarli. Elaborano nuove spiegazioni oppure, semplicemente, ignorano l'evidenza.
Ma torniamo alla frase di Goethe. Cosa significa davvero che gli errori rendono l'uomo amabile? Il primo significato della frase, quello piú ovvio, è che gli errori ci umanizzano agli occhi degli altri esattamente come pretendere di avere sempre ragione ci rende piuttosto odiosi. Ma forse il significato piú profondo è che gli errori ci ren- dono amabili con noi stessi. Accettare l'idea che sbagliare non è una catastrofe ma un passaggio fondamentale dell'evoluzione. Una forma di ar- mistizio con noi stessi. Un modo per diventare persone migliori.
Alla fine questo libro l'ho letto in un pomeriggio. È una specie di breviario, si potrebbe dire. Un testo sulla fallacia e sull'umiltà. Soprattutto un saggio che prova a insegnare una cosa difficilissima e istintivamente controintuitiva: la capacità di mettere in dubbio le proprie convinzioni, anche (anzi, soprattutto) quando si è convinti della loro graniticità. Bellissima la citazione di Bertrand Russell secondo cui la categoricità è sempre sinonimo di mediocrità. È un libro istruttivo che credo sia utile sia nella vita reale che, specialmente, in quella che trascorriamo sui social.
In generale Carofiglio è un grande, sia che scriva saggi e sia che scriva romanzi.

Ne ho letti tre romanzi del Carofiglio. Non lo sapevo che anche scriveva saggi.
RispondiEliminapodi-.
Oltre ai romanzi, Carofiglio ha scritto ottimi saggi: L'arte del dubbio, La manomissione delle parole, Della gentilezza e del coraggio e altri. È uno scrittore prolifico e versatile.
Elimina"È un libro istruttivo che credo sia utile sia nella vita reale che, specialmente, in quella che trascorriamo sui social."
RispondiEliminaE ancor prima di entrambe aggiungerei l'utilità anche in quella interiore...
Carofiglio resta unico e prezioso, credo, sia per la molteplicità degli ambiti toccati dai suoi libri, sia per la sua sempre limpidissima intelligenza.
Verissimo, siu.
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