venerdì 2 agosto 2019

I bambini se ne fregano

Da qualche tempo una famiglia che viene dalla Nigeria ha affittato un appartamento qui di fianco a casa mia. Padre, madre e quattro figli, il più piccolo cinque anni, il più grande tredici, forse quattordici. Il padre non si vede quasi mai, fa l'autista da qualche parte, va via la mattina presto e torna a casa la sera tardi. La mamma, una bella donna sui quarant'anni, forse meno, bada i figli. Ogni tanto vengono di qua, nel mio giardino, e se Michela o Francesca sono a casa, cosa che ormai capita di rado, giocano assieme. Poi capita che mio padre o mia madre da di sopra li vedano e vengano giù anche loro. Lei, la mamma, porta sempre il vestito tipico del suo paese, un abito lungo pieno di colori associato a un copricapo tipo turbante altrettanto colorato.

L'unica femmina dei quattro fratelli si chiama Fanta, come l'aranciata, o almeno ho capito così, gli altri non so come si chiamino. A dire il vero la mamma ha detto il nome di tutti, anche il proprio, ma non riesco a ricordarli. Fanta ha gli occhioni grandi come quelli di quella bambina, salvata da un soccorritore di una ONG, che girava in rete fino a poco tempo fa.
Nessuno della famiglia parla italiano, solo la mamma accenna qualche parola. 

Qualche giorno fa la mamma e uno dei figli dovevano recarsi qui a Santarcangelo, all'ospedale, per un esame pediatrico, e c'era il problema della lingua. A parte quelle poche parole di italiano, la mamma parla correntemente il francese, e siccome anche mia madre un po' lo parla, i miei hanno caricato mamma e figlio in macchina con loro e li hanno accompagnati a Santarcangelo per permettere al bambino di poter fare l'esame. La mamma di Fanta parlava in francese, mia madre faceva da traduttrice per il medico e viceversa.
Fanta e i suoi fratelli, il pomeriggio, passano spesso sul marciapiede davanti a casa mia e vanno a giocare con Ilaria, la figlia degli altri miei vicini di casa. I bambini giocano, si divertono, non sono razzisti, non gliene frega niente del colore dei compagni di gioco, né del fatto di non capirsi a parole, sono limpidi, non hanno ancora la testa piena di barriere, muri, pregiudizi come noi grandi.

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