Torno dalla mia passeggiata domenicale in collina e vedo la signora anziana, attaccata alla rete, che ripete alla vicina, più anziana di lei, qualcosa che sta leggendo sul suo smartphone. Lui e lei passeggiano sulla strada che sale su a Poggio Berni, lui davanti, lei dietro, entrambi chini sul loro smartphone. In pizzeria ogni persona seduta ai tavoli ha il proprio smartphone, ce l'hanno i grandi e ce l'hanno i bambini, e con quello fotografano e inviano a chissachì la pizza fumante che si apprestano a divorare (tranquilli, è capitato di farlo anche a me). Anche i camerieri prendono le ordinazioni ai tavoli digitando su apparecchi elettronici simili ai telefonini.
Usiamo lo smartphone a cena, in macchina, sul lavoro, a letto, mentre facciamo jogging, andiamo in bicicletta, siamo seduti sul water, nelle sale d'attesa del dentista, sul tram, in spiaggia, in albergo. Io stesso lo uso (ci sto scrivendo questo post), anche se non ritengo di esserne schiavo, o forse tento di illudermi di non esserlo. D'altra parte se oltre a lavorare riesco a leggere tra i settanta e gli ottanta libri all'anno qualcosa vorrà dire, no?
Mi viene in mente Paolo Crepet quando, in una sua recente conferenza, diceva che il telefonino è l'oggetto che ha avuto più successo nella storia dell'umanità: più della macchina, più dei frullatori, più delle lavatrici, più di tutto quello che vi viene in mente. Ce l'hanno i bambini, i giovani, gli adulti, gli anziani, i poveri, i ricchi, i colti, gli ignoranti, i cristiani, i musulmani, gli ebrei, gli animisti, i buddisti; gli esseri umani di qualsiasi latitudine della terra hanno uno smartphone. Da un certo punto di vista è lo strumento più democratico che ci sia, da un altro punto di vista un filo di inquietudine questa cosa la genera, se ci si pensa.
Io non ce l'ho. Non ne sento alcun bisogno. Anzi a dire il vero non è neanche corretto dire che non ce l'ho, perchè un'amica arrivata al suo terzo smartphone mi ha regalato il suo primo, che però da quel dì giace del tutto indisturbato in fondo ad un armadio.
RispondiEliminaUn cellulare Nokia al quale sono affezionata per gli sms ed eventuali chiamate urgenti, il pc per tutto il resto, altro non mi serve. E quando mi trovo in mezzo a tanti per non dire tutti che stanno con gli occhi incollati a -e dipendenti da- questi loro prolungamenti, o forse feticci, comunque stranianti rispetto alla realtà e quindi come minimo inopportuni credo, mi viene da sorridere, e un po' mi sento libera.
Complimenti. Io non sono bravo come te e ce l'ho. Ma, come scrivevo nel post, non credo di esserne schiavo. Mi sento, semmai, più schiavo dei libri, nel senso che ho sempre bisogno di avere sott'occhio il libro che sto leggendo, per poterlo prendere in mano in ogni momento libero. In fin dei conti pure questa è una forma di schiavitù, anche se forse meno deleteria rispetto a quella della tecnologia.
RispondiEliminaio lo uso solo per telefonare. i messaggi e qualsiasi post li scrivo con il portatile
RispondiEliminaA me capita di scrivere post anche quando sono in giro. C'è una app apposita che consente di pubblicare post su blogger.com. È un po' spartana ma abbastanza comoda.
RispondiElimina