domenica 25 luglio 2021

Senza opinioni

Non è obbligatorio avere un'opinione su tutto. Anzi, forse è meglio averne poche ma argomentabili e, possibilmente, epistemologicamente sostenibili. In realtà, al giorno d'oggi è impossibile per chiunque avere opinioni chiare e documentate su ogni argomento che la società mette sul tappeto, perché viviamo in una realtà complessa, che oltretutto viaggia molto velocemente. Un esempio tra i tanti che si potrebbero fare. In parlamento sta per toccare il traguardo una riforma della giustizia sulla quale da tempo si stanno accapigliando, tanto per cambiare, partiti di maggioranza e di opposizione. Per capire bene i termini della vicenda, e farsi quindi un'opinione consapevole e meditata, uno dovrebbe leggere tutto il testo di legge e cercare di capirlo. L'ideale sarebbe essere un avvocato, o comunque un giurista. In mancanza di questi requisiti, l'alternativa è ascoltare il giudizio di persone di cui ci si ha considerazione (un giornalista o un politico di cui si ha stima, ad esempio). Il tal politico mi piace, il politico che mi piace dice che la riforma è buona, quindi anche per me la riforma è buona. Una specie di proprietà transitiva delle idee, si potrebbe dire.

Il discorso, come dicevo, vale per qualsiasi altro argomento che la società contemporanea mette sul tappeto: dagli OGM alla fecondazione assistita, dalle centrali nucleari ai vaccini, dall'eutanasia al testamento biologico ecc. In linea generale, farsi un'opinione precisa che sia frutto di accurata documentazione su questi argomenti è praticamente impossibile, o comunque molto difficile, appunto perché manca la competenza necessaria, dal momento che non tutti siamo genetisti, avvocati, medici, fisici nucleari ecc. Da ciò deriva, giocoforza, che le opinioni su questi argomenti complessi ce le costruiamo ascoltando pareri di persone, più o meno autorevoli, che ci piacciono. 

Ma la difficoltà di costruirsi una opinione solidamente argomentabile non nasce solo dal connubio tra la nostra inevitabile inadeguatezza culturale e la complessità dei problemi che la società mette sul tavolo, ma anche dalla velocità con cui lo fa. Sto leggendo in questi giorni un bellissimo saggio: Stati di negazione. La rimozione del dolore nella società contemporanea, del sociologo Stanley Cohen. A un certo punto Cohen scrive: "Il concetto di 'sovraccarico di informazioni' fu inizialmente utilizzato dagli psicologi per indicare una quantità ed intensità di stimoli che superano la capacità mentale di prestare attenzione. Le domande cognitive della vita quotidiana sopraffanno la capacità mentale di gestire ogni tema. Esposte a questo ronzio di stimoli, le persone scivolano in quello che Rimmel ha definito una 'trance metropolitana': uno stato in cui una persona è assorta in se stessa, caratterizzato da una mancanza di responsione. Verbi quali spegnere o de-sintonizzare sono applicabili alla mente quanto a un televisore."

Quando Cohen scrisse questo saggio (2001), ancora non esistevano i social network, se non in forma embrionale, ma già allora esisteva il problema del sovraccarico di informazioni con cui i media (TV e giornali principalmente) bombardavano le persone. Oggi, coi social che imperano e con la relativa velocizzazione del tempo, al problema del sovraccarico di informazioni si aggiunge la velocità con cui queste informazioni vengono gettate in pasto agli utenti. Basta avere un account su qualsiasi social per farsene un'idea: un flusso costante e ininterrotto di pensieri, totalmente privi di approfondimento perché nei social bisogna essere stringatissimi, su praticamente ogni ramo dello scibile umano, dal più banale al più complesso, e la banalizzazione in slogan dell'elevato numero di problemi complessi di oggi, è ciò che impedisce il formarsi di una opinione basata su solide argomentazioni.

La spinosa questione dei vaccini, di cui oggi si parla tanto (forse perfino troppo), mi pare sia l'esempio perfetto e più attuale di questa grave tendenza a formarsi opinioni prive di ragionamento retrostante, formatesi principalmente sulla base dell'orientamento dei politici o dei personaggi pubblici di riferimento. Le proteste dei contrari ai vaccini e al Green pass di ieri nelle piazze d'Italia, con slogan che inneggiavano a una inesistente dittatura sanitaria, in gran parte derivano infatti da pregiudizi incancreniti e dalla mancanza di adeguati strumenti culturali che consentano di capire come stanno le cose (difficile parlare di dittatura sanitaria quando non c'è alcun obbligo di vaccinarsi ma solo alcune sacrosante limitazioni a chi non lo vuole fare a tutela dell'incolumità pubblica). 

Da questo punto di vista, mi verrebbe quasi da essere comprensivo nei confronti dei vari no-vax e no-Green pass assortiti. E mi rendo anche conto che l'arma del dileggio nei loro confronti, alla fine può rivelarsi perfino controproducente. Bisognerebbe semmai ricorrere all'arma della persuasione argomentata, o per lo meno tentare, ma anche qui l'esperienza (almeno la mia) insegna che si tratta di tempo perso. Anche perché, come ormai è noto, l'argomentazione e l'approfondimento non hanno quasi più cittadinanza nella rutilante e veloce società di oggi. Alla fine questo è il motivo, come scrivevo all'inizio, per cui non è obbligatorio avere un'opinione su tutto. Ci sono tantissimi argomenti su cui io non riesco a farmi un'opinione e di cui, quindi, non parlo, e la cosa, devo dire, mi provoca un certo rammarico.

8 commenti:

giorgio giorgi ha detto...

Hai centrato un problema fondamentale della nostra società del quale non sento mai nessuno tentare di proporre qualche soluzione. Le informazioni sono troppe, i problemi che ci arrivano sono troppi, il nostro cervello va in pappa. C'è tanta complessità in giro, tanto non detto, che sapere con ragionevole certezza cosa si nasconde dietro le prese di posizione quotidiane dei politici e uomini pubblici vari è impossibile. Forse questa dovrebbe essere l'oggetto di una rivoluzione: pretendere poche parole e obiettivi semplici, chiari e misurabili,
Non mi nascondo che la nostra società è complessa ma il rischio è di avere o pensare di avere una classe dirigente che si è anch'essa persa per strada e naviga a vista, tracciando rotte complessivamente schizofreniche.
La semplicità delle proposte e della comunicazione è cosa diversa dalla mancanza di idee chiare e sensate, dalla capacità di tenere conto della complessità e realtà del mondo in cui siamo inseriti.




Andrea Sacchini ha detto...

A proposito di semplicità delle comunicazioni, mi hai fatto venire in mente che a ottobre dell'anno scorso un gruppo di deputati avanzò una proposta di legge che aveva l'obiettivo di spiegare in maniera chiara i testi di legge, spesso ingarbugliati e di difficile comprensione. Cioè, una legge per chiarire le leggi. Mi pare non occorra aggiungere altro...

Franco Battaglia ha detto...

Non c'è bisogno di dover avere un'opinione per forza e sempre. Certe cose si fanno, se si devono fare. Punto. E questo per una ragione semplice: viviamo in collettività. Su un'isola deserta verrebbe meno il problema. Non dovremmo rendere conto a nessuno se non a noi stessi.

Anonimo ha detto...

- La spinosa questione dei vaccini, di cui oggi si parla tanto (forse perfino troppo), mi pare sia l'esempio perfetto e più attuale di questa grave tendenza a formarsi opinioni prive di ragionamento retrostante, formatesi principalmente sulla base dell'orientamento dei politici o dei personaggi pubblici di riferimento. Le proteste dei contrari ai vaccini e al Green pass di ieri nelle piazze d'Italia, con slogan che inneggiavano a una inesistente dittatura sanitaria, in gran parte derivano infatti da pregiudizi incancreniti e dalla mancanza di adeguati strumenti culturali che consentano di capire come stanno le cose (difficile parlare di dittatura sanitaria quando non c'è alcun obbligo di vaccinarsi ma solo alcune sacrosante limitazioni a chi non lo vuole fare a tutela dell'incolumità pubblica).

Da questo punto di vista, mi verrebbe quasi da essere comprensivo nei confronti dei vari no-vax e no-Green pass assortiti. E mi rendo anche conto che l'arma del dileggio nei loro confronti, alla fine può rivelarsi perfino controproducente"

Eccola la risposta Andrea...Diciamo che la mia domanda sul tuo penultimo post integra anche questa come risposta oltre al tuo commento...

Intendevo anche che se l'umanità riuscisse a sintonizzarsi con la parte più profondamente spirituale ,gli verrebbe perfino naturale comportarsi bene senza star li a trovare un capro espiatorio su cui addossare le personali responsabilità o irresponsabilità che danneggiano se stesso e gli altri.

Spero di essere riuscita a farmi capire cosa davvero intendo ..Grazie ancora


L.

Anonimo ha detto...

Spero ti arrivi la segnalazione del mio commento giù:)

Andrea Sacchini ha detto...

Più che con la parte più spirituale, sarebbe cosa buona che l'umanità riuscisse a sintonizzarsi coi concetti di alterità, empatia. Dal mio punto di vista, alla base della convinzione di non vaccinarsi c'è il predominare della parte più egoica di noi, quella che considera se stessi senza curarsi del prossimo.
Buona giornata a te.

Anonimo ha detto...

Posso comprendere questo tuo punto di vista, però per quel che riguarda me io posso conoscere la motivazione e la piccola mia verità per la quale ho scelto il vaccino ma non nascondo di aver esitato prima ,perché in un certo senso avvertivo e ancora avverto che è una situazione da cui non ne usciremo domani e non per questo mi sentivo egoista ...

Quel senso spirituale a cui mi riferisco integra tutto il concetto di "empatia" anche verso l'ambiente che ci ospita,se si riuscisse ad aprire la mente davvero bastano pochi secondi per farci comprendere che non siamo "padroni" e "possessori"di un bel nulla,siamo ospiti su questa terra esattamente come quando sei invitato in casa di qualcuno e devi onorare quell'invito ,il fatto stesso che questa persona ha voluto che tu fossi li.È inpensabile che un ospite approfitti di tutto ciò che vede sul tavolo,facendo cadere sul pavimento di tutto e di più per sporcarlo.Ecco questa per me non è un "opinione" è un dato di fatto di cui non se ne vuole prendere consapevolezza...la pandemia stessa è conseguenza di scelleratezza umana ,poi vogliamo metterci una cattiva politica ...e cos altro è la politica se non un insieme di persone con la loro gestione prima di tutto?

La parte più difficile a mio parere è l'incapacità di lavorare quotidianamente su noi stessi ,un utopia (!?)che rendendoci migliori come esseri singoli anche la collettività ne trarrebbe beneficio.

Quello che io vedo da diversi anni è che l'umanità non è tanto interessata a fare pace ,ad avanzare passi in avanti e in bene per se stessi , quindi sorprendentemente e inclusivamente per gli altri...altroche', quanto piuttosto a trovare sempre un appiglio per fare e farsi guerra .E la cultura non è semplicemente un titolo di studio ,un accumulo di libri ...se poi non si riesce o ci si arrende( come tu dicevi con parole diverse) nel dispensare quella "persuasione argomentata".


Ti ringrazio per il tempo che dedichi nel rispondere e per quella notevole capacità di saper ascoltare.

Buona settimana


L.

Andrea Sacchini ha detto...

Hai ragione: non siamo né padroni né possessori di nulla, siamo semplicemente ospiti, qui, e dovremmo regolarci di conseguenza. Luca Mercalli, in un suo libro di un paio d'anni fa, scrive che tendiamo a dimenticarci che la Terra non ha alcun bisogno di noi, siamo noi ad avere bisogno di lei, ma a questa cosa non pensiamo mai.
Noi Occidentali, come ama ripetere Umberto Galimberti, viviamo nella cultura dell'illimitato e abbiamo perso il senso del limite. Gli antichi greci, una delle due fonti da cui discende la nostra cultura, avevano come concezione primaria il senso del limite, non hanno mai pensato l'uomo come illimitato e come dominatore della natura, tanto è vero che scrivevano: "E tu, uomo, sarai giusto se ti aggiusti all'univeesa armonia".
La pandemia contro cui combattiamo ormai da un anno e mezzo, se ci si pensa bene è anche figlia di questa cultura dell'illimitato, di questo modo di pensare secondo cui tutto ci è concesso di fare.
L'umanità, in generale, come dici tu, non è interessata a fare passi in avanti nel perseguire il bene collettivo, ma ognuno si protende e agisce nel mero conseguimento di interessi individuali, non collettivi. E non ci si può fare niente, perché è nel DNA dell'uomo agire in questo modo.
Triste ma è così.

Buona settimana anche a te.

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