sabato 14 maggio 2016

Veline e censura del silenzio

C'è un capitolo più interessante degli altri in Costruire il nemico, il libro di Umberto Eco che sto leggendo in questi giorni, si chiama Veline e silenzio. Dopo una dotta disquisizione sul significato originale del termine velina, che è tutt'altro rispetto a ciò che si intende oggi con questo sostantivo - Striscia la notizia, per intenderci - Eco si aggancia al suddetto significato originale per parlare di censura, evidenziandone due tipi: quella del silenzio e quella del rumore. Quella del silenzio non ha ovviamente bisogno di spiegazioni, e tale tipo di censura, solo per stare alla storia recente, trae origine appunto da quella creata dal regime fascista col sistema dei fogli di carta velina, che venivano passati ai giornali con le indicazioni riguardo a ciò di cui era consentito parlare e di cui era invece proibito. Accanto a questa, in voga allora (non è comunque sparita), ha preso maggiormente piede, oggi, la censura del rumore, più subdola ma dai medesimi effetti. Per rendere l'idea di cosa sia, Eco scrive: "Io sono sempre stato del parere che, se per caso sapessi che domani i giornali parlassero di un mio misfatto che mi porterebbe nocumento gravissimo, la prima cosa che farei sarebbe di andare a depositare una bomba vicino alla questura o alla stazione. Il giorno dopo le prime pagine sarebbero occupate da quell'evento e il mio scandaletto personale finirebbe nella cronaca nelle pagine interne. E chissà quante bombe vere sono state messe proprio per far scomparire dalla prima pagina altre notizie."
Ora, sorvolando sulla domanda che si pone Eco, che è chiaramente una forzatura, l'esempio della bomba in stazione per nascondere lo scandaletto personale è perfetto per indicare cosa sia la censura del rumore: nascondere notizie scomode enfatizzandone arbitrariamente altre. Mentre leggevo questo esempio di Eco, mi sono venuti in mente alcuni accadimenti recenti relativi alla nostra attualità politica. Quasi in concomitanza con l'esplosione dello scandalo Tempa Rossa, ad esempio, che costò le dimissioni della ministra Federica Guidi, Matteo Renzi se ne uscì con la famosa dichiarazione con cui invitava i magistrati a chiacchierare meno e ad arrivare a sentenza più velocemente. Cominciò da lì una serie di botta e risposta tra le due fazioni che molti giornali battezzarono con titoli in cui si parlava di "guerra" tra politica e magistratura - un film che da Mani Pulite in qua ciclicamente ritorna - e che occupò le prime pagine per giorni. Molti commentatori fecero notare che nei giorni in cui appunto continuavano a uscire titoloni su questa cosiddetta "guerra", l'Istat rendeva noti i dati, sconfortanti, sull'andamento del PIL e della crescita economica, e ipotizzarono che il peracottaro avesse intenzionalmente dato l'avvio a questa diatriba proprio per togliere visibilità ai dati economici totalmente in controtendenza rispetto a quanto preventivato dal governo.
Ora, si tratta ovviamente di ipotesi per la verità abbastanza campate in aria e tutt'altro che suffragate da elementi a supporto, ma conoscendo il tipo...

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