La riforma costituzionale sottoposta a referendum è stata invece approvata, anzitutto, da un parlamento eletto in maniera maggioritaria nel 2013, con il cosiddetto Porcellum. Grazie al premio di maggioranza da esso attribuito, alla Camera la coalizione di centro-sinistra ha ottenuto 345 seggi su 630 con il 29,55% dei voti espressi, la coalizione di centro-destra 124 seggi con il 29,18% dei voti, e il Movimento Cinque Stelle 105 seggi con il 25,56% dei voti.
A quell’elezione ha partecipato solo il 75% degli aventi diritto. In realtà, dunque, sia il centro-sinistra che il centro-destra non rappresenta(va)no in Parlamento che il 22% circa degli elettori, e il Movimento Cinque Stelle il 19% circa: tutte piccole minoranze, cioè. Ma il centro-sinistra ha comunque ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera, grazie appunto all’indegna legge maggioritaria.
Come se non bastasse, la Corte Costituzionale ha dichiarato in seguito incostituzionale l’abnorme premio di maggioranza da essa assegnato, pur non annullando le elezioni e non dichiarando decaduto il Parlamento eletto con la “legge truffa”. La decenza politica avrebbe comunque richiesto che un tale Parlamento si limitasse a gestire l’ordinaria amministrazione, invece di arrogarsi addirittura il diritto di cambiare una Costituzione approvata a suo tempo nei ben diversi modi descritti sopra, e per cambiare la quale l’elettorato non aveva dato alcun mandato esplicito.
Alla faccia della decenza, a volere e a fare la riforma è stato invece un Partito Democratico che rappresenta soltanto il 25% dei voti espressi, pari a circa il 18% degli aventi diritto (dunque, meno del Movimento Cinque Stelle), ma che ha alla Camera ben 297 seggi, ottenuti grazie a un premio di maggioranza che però veniva assegnato alle coalizioni, e non ai partiti! Peccato che quelle coalizioni ora non esistono più, perché si sono sfaldate nei tre anni di legislatura, con la conseguente transumanza di deputati e senatori da un gruppo parlamentare all’altro.
Per completare il quadro va ricordato che il governo è presieduto da Matteo Renzi, che non era candidato alle elezioni del 2013, e ha scalato Palazzo Chigi grazie alle sole primarie di fine 2013 per la segreteria del Partito Democratico: elezioni alle quali hanno preso parte meno di tre milioni di elettori, cioè solo circa il 6% dell’elettorato, meno di due milioni dei quali hanno votato per Renzi.
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