domenica 30 novembre 2025

L'Arcadia

Da qualche giorno utilizzo un'automobile sostitutiva prestatami dalla concessionaria dove è ricoverata la mia per risolvere alcune magagne. Il modello che mi ritrovo tra le mani ha le dimensioni della leggendaria Arcadia di capitan Harlock, mentre la plancia ha più o meno la stessa strumentazione di un Boeing 737. Sto esagerando, ovviamente; l'auto in questione è una "normale" Opel Frontera ibrida con cambio automatico. "Normale" per la maggior parte delle persone, presumo, meno normale per me, che non ho mai avuto a che fare con le auto di ultimissima generazione, tantomeno coi SUV, e sono ancora legato alla mia vecchia Corsa a GPL con cambio manuale. Prendere in mano questa macchina, alla quale ancora mi avvicino con titubanza ed elevate dosi di timore reverenziale, mi ha fatto rendere conto di quanto si sono evolute le macchine. Oppure, più verosimilmente, di quanto sono rimasto indietro io. 

L'Arcadia con la plancia del Boejng 737 fa tutto da sola: aziona i tergicristalli a sua discrezione, accende/spegne i fanali quando vuole lei, regola autonomamente la temperatura dell'abitacolo, mi rimbrotta amichevolmente quando si accorge che sto uscendo dalla corsia di marcia, mi "sgrida" quando supero i limiti di velocità relativi al tratto di strada che sto percorrendo, si mette a "urlare" quando il muso dell'Arcadia si avvicina troppo alla macchina davanti, e così via. In pratica fa tutto lei, io devo solo tenere la direzione, accelerare e frenare. Stop. Inizialmente è tutto bello. Wow, che figata! Poi ho cominciato a chiedermi: ma io a cosa servo? Se decide lei quando accendere i fanali, quando azionare i tergicristalli, quando accendere il riscaldamento, quando rallentare, a questo punto che si arrangi da sola: io mi siedo al posto del passeggero e buonanotte. Prima o poi ci arriveremo. Poi mi viene in mente che le auto a guida autonoma esistono già, e mi viene in mente anche il famoso saggio di Günther Anders "L'uomo è antiquato", scritto nel 1956.

sabato 29 novembre 2025

Quell'ultimo gradino

Mi è capitato recentemente di discutere con un conoscente cattolico di eutanasia e fine vita. Mi sono reso conto che c’è un passaggio che molti cattolici non riescono a compiere: mettersi nei panni di chi non è cattolico e ha una visione diversa dalla loro. Dicendo “i cattolici” generalizzo, e non è del tutto corretto; forse l’incapacità di fare quello scalino riguarda solo le persone con cui ho parlato io (anche se ne dubito). Voglio anche precisare che non critico la fede in sé — per me ognuno è libero di credere in ciò che vuole, se lo fa stare bene — ma critico l’incapacità di riconoscere pluralismo in materia morale.

Io riesco a mettermi nei panni di un cattolico; il cattolico, invece, non riesce a mettersi nei miei. Sull’eutanasia, per esempio, a me sta benissimo che un credente pensi che la sua vita non sia nella sua disponibilità perché gli è stata donata da un dio. Di conseguenza non ho nulla da obiettare a un malato terminale credente che accetta la sofferenza fino alla fine: è una scelta che riguarda lui. Anzi, da un certo punto di vista, provo anche una qualche forma di ammirazione.

Viceversa, il cattolico con cui parlavo non concepiva che altri potessero pensarla diversamente. Sosteneva che Dio ha donato la vita sia a chi crede e sia a chi non crede, quindi il non credente non può avanzare alcuna istanza di autodeterminazione senza incorrere in un illecito. Da quel punto in poi la discussione si è chiusa, perché venivano meno i presupposti minimi per dialogare. Ed è questo, in fondo, il passaggio che molti cattolici (almeno quelli che ho incontrato io) non riescono a compiere. Poi, certo, esistono anche cattolici più aperti e meno intransigenti su questioni così delicate; semplicemente, non sono quelli con cui è capitato di parlare a me.

venerdì 28 novembre 2025

E-mail che fanno piacere

Questa mattina mi è arrivata una e-mail da Giuseppe Remuzzi, medico, ricercatore, divulgatore scientifico e direttore dell'istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri (qui la sua pagina Wikipedia), istituto fino al 2018 diretto da Silvio Garattini. Remuzzi è co-autore, assieme a Telmo Pievani, del libro Dove comincia l'uomo, che sto leggendo in questi giorni. Nell'e-mail il ricercatore esprime apprezzamento per il mio post in cui parlo brevemente del capitolo relativo all'Alzheimer e ai differenti modi in cui colpisce esseri umani e primati non umani. 

Su queste pagine commento spesso i saggi scientifici che leggo, e ricevere apprezzamenti da chi li scrive, specie se divulgatori del calibro di Giuseppe Remuzzi, fa molto piacere.

giovedì 27 novembre 2025

L'Alzheimer è il prezzo da pagare

Uno dei capitoli più sorprendenti del saggio Dove comincia l'uomo, di Telmo Pievani e Giuseppe Remuzzi, che ho cominciato a leggere ieri sera, riguarda lo sviluppo del cervello umano e i meccanismi che hanno favorito le capacità cognitive di Homo Sapiens rispetto a tutte le altre specie animali, compresi i nostri parenti più prossimi: gli scimpanzé. Noi abbiamo sviluppato funzioni cognitive (linguaggio, immaginazione, capacità simboliche, capacità di narrare storie) sconosciute a tutti gli altri, ma paghiamo questi vantaggi cognitivi con un decadimento molto veloce delle facoltà intellettive. Scrivono gli autori:

C’è, col tempo, un decadimento delle funzioni intellettuali; il cervello di noi uomini è una macchina più sofisticata di quella degli scimpanzé, dei bonobo, dei primati non umani. Questo lo capiscono tutti, ma abbiamo capito solo recentemente che per avere un cervello migliore in termini di consapevolezza, capacità di pianificare, immaginare il futuro, fare dell’ironia e mille altre cose che rendono la nostra specie unica, c’è un prezzo da pagare. Noi uomini siamo più suscettibili degli scimpanzé al declino delle funzioni cognitive. Noi la sostanza grigia del nostro cervello la perdiamo progressivamente dai 45 anni in poi; anche gli scimpanzé perdono sostanza grigia man mano che invecchiano, ma a loro succede molto meno. Non solo, ma l’invecchiamento del cervello per quanto ci riguarda è proprio nelle regioni più delicate, quelle che presiedono alle conoscenze, alla memoria, alla consapevolezza, cioè quelle che si trovano nella regione della corteccia prefrontale. Nel corso dell’evoluzione, il cervello dell’uomo è progressivamente aumentato di dimensioni, particolarmente nella regione della corteccia prefrontale e di quella orbito-frontale; è grazie a questo che siamo capaci di svolgere attività estremamente sofisticate e complesse. E queste aree sono quelle che maturano più lentamente durante lo sviluppo fetale, ma sono anche quelle che si deteriorano per prime durante l'invecchiamento. Gli anglosassoni chiamano questo fenomeno last in, first out, entra per ultimo ma esce per primo. Come facciamo a essere sicuri che sia proprio così? Gli scienziati hanno studiato il cervello degli scimpanzé e degli uomini (quasi 200 scimpanzé e quasi 500 uomini) con la risonanza magnetica: il decadimento si vede solo negli uomini. Vuol dire che gli scimpanzé non hanno l'Alzheimer? Sembra proprio di no, o perlomeno nessuno è mai riuscito a documentarlo.

Insomma, noi abbiamo un cervello che è l'equivalente di una Ferrari Testarossa, ma è da rottamare dopo pochi anni di utilizzo; i nostri cugini più stretti hanno un cervello che è come una Panda ma che dura tutta la vita.

Fabrizio a Longiano


Ho scoperto ieri che nel 1994, per un paio di mesi, il grande Fabrizio De André ha scritto alcune canzoni di Anime salve a Longiano, che sta a 1/4 d'ora da casa mia. Anime salve, scritto a quattro mani assieme a Ivano Fossati, è stato l'ultimo album in studio di Faber e ha ricevuto una lunga serie di premi e riconoscimenti, oltre a essere considerato dalla critica l'album migliore dell'artista genovese. Non c'è una sola traccia di quell'album che non sia un piccolo gioiello.

(Ho finito ieri sera Verranno a chiederti di Fabrizio De André, scritto da Andrea Scanzi, un bellissimo viaggio nella vita e nella musica del grande cantautore.)

mercoledì 26 novembre 2025

Le frontiere e la forza

Alla plenaria di Strasburgo la signora Von der Leyen ha detto, tra le altre cose, che in merito al cessate il fuoco di cui si discute da giorni una delle priorità è "garantire la sovranità dell'Ucraina. Non si possono cambiare le frontiere con la forza." 

Garantire la sovranità dell'Ucraina è sacrosanto, dal momento che si tratta di un paese sovrano aggredito da un altro paese e che qualche rischio di perdere la suddetta sovranità l'ha corso. La seconda affermazione mi lascia un po' più perplesso. Non sono uno storico e quindi potrei benissimo sbagliare, ma io non ho notizie di confini creati o modificati senza spargimenti di sangue, o di nazioni nate solo con strette di mano, abbracci e simposi a base di ostriche e foie gras.

Da che mondo è mondo, stati, confini, popoli, regni e imperi si sono sempre formati e trasformati attraverso la forza: guerre, invasioni, conquiste, matrimoni dinastici. Se si guarda l'Europa, ad esempio (suggerisco di guardare una cartina degli stati europei prima e dopo le due guerre mondiali), è praticamente impossibile trovare un confine europeo che non sia il risultato di una guerra, di un conflitto, di una conquista, di una caduta di imperi.

Ma basta anche restare qui da noi per rendersene conto. L'unificazione d'Italia non è avvenuta pacificamente intavolando qualche tranquilla trattativa, ci sono volute due guerre d'indipendenza, la spedizione dei mille, le guerre di annessione dell'Italia centrale e la presa di Roma. Non è stata esattamente una gita di piacere. 

Suggerisco alla signora Von der Leyen un corso di aggiornamento dal professor Barbero, che oltretutto adesso è in pensione e ha tanto tempo libero.

(A scanso di equivoci, preciso che l'appunto mosso alla Von der Leyen non è una giustificazione all'operato della Russia. È semplicemente un invito rivolto alla battagliera signora a prendere davvero qualche lezione da Barbero.) :-)

Affetto


Quando leggo titoli come questo penso al lettore medio di Libero, che magari lo acquista pure e quindi ci spende dei soldi, e mi viene spontaneo un moto di affetto nei suoi confronti. Mi verrebbe istintivamente da abbracciarlo e mi piacerebbe provare a spiegargli che in fondo non è colpa sua se viene preso per i fondelli da anni senza rendersene conto. Poi però mi passa.

(La vicenda del riconoscimento dei matrimoni gay è spiegata bene qui; se magari volete girare l'articolo a qualche vostro conoscente che legge Libero...)

lunedì 24 novembre 2025

Come nasce La canzone di Marinella?

Tra le tante chicche contenute nel libro Verranno a chiederti di Fabrizio De André, che sto leggendo in questi giorni, ci sono le note sulla genesi della famosissima La canzone di Marinella. Avevo sempre creduto che fosse una specie di favola d'amore in musica che racconta una storia di fantasia. Mica vero. Nasce da un caso di cronaca nera che colpì molto il grande cantautore. Andrea Scanzi, l'autore della biografia, riporta quanto disse De André in una intervista del 1993.

"La canzone di Marinella non è nata per caso, semplicemente perché volevo raccontare una favola d'amore. È tutto il contrario. È la storia di una ragazza che a 16 anni ha perduto i genitori, una ragazza di campagna dalle parti di Asti. È stata cacciata dagli zii e si è messa a battere sulle sponde del Tanaro. Un giorno ha trovato uno che le ha portato via la borsetta dal braccio e l'ha buttata nel fiume, e non potendo fare niente per restituirle la vita, ho cercato di cambiarle la morte. Così è nata La canzone di Marinella, che se vogliamo ha anch'essa delle motivazioni sociali, nascostissime. Ho voluto completamente mistificare la morte di Marinella. Non ha altra chiave di lettura se non quella di un amore disgraziato; se tu non racconti il retroscena è impossibile che uno pensi che all'origine c'era una gravissima problematica sociale. Certi fatti della realtà, soprattutto quand'ero giovane, mi davano un grande fastidio, allora cercavo di mutare la realtà."

La canzone di Marinella, scrive Scanzi nel libro, fu pubblicata la prima volta nel 1964 come lato B (nessuno, tanto meno De André, scommetteva sul suo successo) del 45 giri Valzer per un amore, ma fu importante per il cantautore perche tre anni dopo, nel 1967, reinterpretata da Mina, divenne un grande successo di quegli anni "che regalò a Faber un sacco di soldi in diritti d'autore." Con quei soldi De André comprò la sua prima casa e, soprattutto, capì una volta per tutte che avrebbe potuto vivere di musica.

Anche se adesso so come nacque quel capolavoro, per me rimarrà sempre una storia d'amore in musica nata dalla fantasia del grande Faber.

Opinioni difficili

Ci sono vicende, come ad esempio la famiglia nel bosco, riguardo alle quali non riesco a farmi un'idea precisa né a esprimere un'opinione a causa delle molteplici sfaccettature e della complessità delle vicende stesse. Lo so, oggi è imperdonabile non esprimere in modo perentorio e manicheo la propria idea, ma questo è. D'altra parte non è obbligatorio avere sempre un'opinione definita e precisa su tutto.

domenica 23 novembre 2025

Camminate in stile Stephen King












Fischiava il vento


Devo ammettere che questo libro mi ha sorpreso. L'ho iniziato con qualche titubanza e l'ho trovato splendido, di una intensità sorprendente. Non è solo un viaggio nella storia del Novecento italiano, ma soprattutto un racconto umano fatto di vite spezzate, ideali assoluti, errori, tragedie e scelte impossibili.

La cosa che più colpisce è il modo in cui Claudio Caprara intreccia grande storia e piccole storie. Nella narrazione dell'autore figure come Gramsci, Bombacci o Togliatti non sono solo nomi ascrivibili ai manuali di storia, ma persone con contraddizioni, passioni, speranze e cadute. Una menzione a parte merita il racconto della storia d'amore tra Palmiro Togliatti e Nilde Iotti, una relazione che inizialmente - si era alla fine degli anni '40 del secolo scorso - creò diffidenza e imbarazzo (Togliatti era già sposato) all'interno di un partito che predicava moralità, disciplina e "esemplarità del dirigente". Una relazione che restituì a Togliatti il desiderio di "tenere qualcosa per sé" e di salvarlo dalla totale e assoluta dedizione al partito.

Il libro descrive la complessità e la velocità dei cambiamenti sociali di quegli anni senza mai diventare pesante, anzi mantenendo un ritmo narrativo coinvolgente. È un libro che lascia qualcosa, che invita a capire e a riflettere, più che a giudicare. Uno spaccato della storia d'Italia dal dopoguerra a oggi attraverso le vicende di uno dei grandi partiti di massa della storia d'Italia e dei personaggi che l'hanno reso grande.

sabato 22 novembre 2025

Nordio e la genetica



Se il ministro della giustizia Carlo Nordio si occupasse solo di giustizia, ambito in cui a detta di molti esperti se la cava discretamente male, ne trarremmo tutti grossi benefici. Ne trarrebbe beneficio soprattutto lui, perché un sano silenzio su temi che non si conoscono è sempre il modo migliore per evitare di scadere nel ridicolo. Purtroppo, e non da oggi, viviamo in un'epoca storica in cui tutti, ministri compresi, si sentono in diritto di pontificare relativamente a ogni ramo dello scibile umano (vedi Salvini, ad esempio), con risultati che generalmente si collocano tra il ridicolo e il patetico.

Ecco quindi che il ministro Nordio, intervenendo a una conferenza internazionale contro il femminicidio (pensate un po'!), se ne esce con questa meravigliosa frase: "Nel codice genetico dell'uomo c'è una resistenza alla parità dei sessi." La stupidaggine in questione riprende una nota convinzione (sbagliata) che più o meno abbiamo, o abbiamo avuto, tutti, e cioè che un comportamento è tale perché "scritto nel DNA". 

Senza scomodare scienziati come Telmo Pievani e altri, che su questi temi hanno scritto e detto molto, e che evidentemente Nordio non conosce, è sufficiente anche una piccola cultura di base per capire che quella frase non ha fondamento scientifico. Anzi: dal punto di vista della biologia, della genetica e delle neuroscienze è completamente sbagliata sotto diversi aspetti, il più importante dei quali è che il DNA non contiene “pulsioni” né norme morali o sociali. Il codice genetico si limita a determinare caratteristiche biologiche (altezza, colore degli occhi…), funzioni cellulari, predisposizioni fisiche o neurobiologiche. Non contiene norme, valori, ruoli sociali o rapporti di potere (per informazioni citofonare a Guido Barbujani). La parità (o la disuguaglianza) tra uomini e donne è una costruzione culturale e sociale, non biologica. Poi, certo, tra uomini e donne ci sono evidenti differenze biologiche (ormonali, riproduttive ecc.), ma non giustificano ruoli sociali diversi, non determinano "pulsioni dominanti" e non implicano superiorità o inferiorità.

La frase di Nordio è in sostanza espressione del vecchio determinismo biologico ottocentesco, oggi considerato pura pseudoscienza. Del resto, da uno pseudoministro non è che ci si potesse aspettare granché.

venerdì 21 novembre 2025

Col senno di poi

A questo punto mi chiedo se non sarebbe stato meglio trattare subito, come auspicavano molti analisti fin dall'inizio, ed evitare questo disastroso epilogo. Mi si dirà: sarebbe stato un arrendersi e un darla vinta al più arrogante e al più prepotente. Purtroppo è così, anche se trattare non è automaticamente sinonimo di resa, come diceva anche papa Francesco.

C'erano alternative? Davvero l'Ucraina era convinta di poter sconfiggere il Paese più grande del pianeta e in possesso dell’arsenale nucleare più imponente del mondo? L’accordo raggiunto tra Stati Uniti e Russia, per l’Ucraina è una sconfitta netta, e le condizioni imposte per il cessate il fuoco sono addirittura peggiori - in termini di territori perduti - rispetto a quelle precedenti. Se si fosse trattato subito, invece di perseguire la via della guerra “fino alla vittoria finale sulla Russia”, forse oggi l’Ucraina non sarebbe un Paese distrutto, sia a livello di infrastrutture sia a livello economico.

Magari sbaglio, ma nelle grandi questioni geopolitiche credo che l’orgoglio dovrebbe cedere il passo al realismo. È meglio una pace ingiusta o è meglio soccombere? Io credo che sia meglio una pace ingiusta di una sconfitta totale. Se due ladri armati entrano in casa mia, io non faccio l’eroe, perché il coltello dalla parte del manico ce l’hanno loro. Preferisco restare vivo con la casa svaligiata, piuttosto che ritrovarmi all’obitorio.

Questo epilogo fa rabbia, soprattutto pensando all’eroica resistenza ucraina, ma purtroppo era inevitabile. E credo che, relativamente alla distruzione e alla sconfitta dell’Ucraina, molti in Europa abbiano più di un esame di coscienza da farsi.

mercoledì 19 novembre 2025

Dibattiti ante litteram

Tramite questo articolo del Post sono arrivato a un vecchio dibattito politico andato in onda su Raiuno all'indomani della discesa in campo di Berlusconi: questo. In virtù del fatto che ognuno ha le proprie perversioni l'ho seguito per una ventina di minuti; ho così scoperto che è esistita un'epoca storica in cui i dibattiti politici televisivi erano civili, nel senso che i partecipanti dialogavano educatamente senza interrompersi, senza accavallare le rispettive voci e senza urlare. Il moderatore non doveva fare le veci di un direttore di gara in un incontro di pugilato, come succede oggi nei talk show, poneva semplicemente le domande e i partecipanti si regolavano da soli. Chissà cosa è cambiato in questi ultimi trent'anni...

Per la cronaca, nel video compaiono, tra gli altri, un giovane Sergio Mattarella che dibatte con Gianfranco Fini e Achille Occhetto, molto giovani anche loro ovviamente. Un uomo di destra, uno di sinistra e uno di centro che dialogano rispettandosi, sembra quasi incredibile.

(Il video in questione si inserisce all'interno della vicenda relativa al fantomatico complotto per mettere i bastoni tra le ruote al governo, vicenda che evito di commentare per decenza.)

lunedì 17 novembre 2025

La professoressa artificiale di italiano

Qualche giorno fa, chiacchierando con ChatGPT riguardo al romanzo I tre moschettieri, le avevo accennato di aver scritto un post qui sul blog (questo) con alcune mie impressioni. Su sua richiesta gliel'ho poi girato. Il responso è stato molto positivo: secondo lei il post è splendido, molto ben scritto. Tuttavia mi ha suggerito delle migliorie da apportare: 

Il tuo testo è già molto ben scritto. Ti propongo tre micro-ritocchi che migliorano fluidità e incisività senza cambiare nulla del contenuto.

Un po' perplesso, accetto i suggerimenti. Questi:

1. Alleggerire una frase molto lunga (più scorrevolezza)

Frase originale:

“…d'Artagnan è all'occorrenza anche meschino, opportunista, manipolatore, una persona che non si fa troppi scrupoli a usare altre persone, a giocare coi loro sentimenti per perseguire i suoi scopi per quanto nobili possano essere.”


È ottima, ma è molto lunga e con due “persone” vicini.

Versione più fluida:

“…d'Artagnan è all’occorrenza meschino, opportunista, manipolatore: non si fa troppi scrupoli a usare gli altri e a giocare coi loro sentimenti per perseguire i propri scopi, per quanto nobili possano essere.”

Devo ammettere che la versione di ChatGPT è più scorrevole della mia. Secondo suggerimento:

2. Piccola correzione logica nella parte storica

Frase originale:

“Anche il corpo dei Moschettieri è realmente esistito e nel romanzo di Dumas è impersonato dalla compagnia di soldati a guardia del cardinale di Richelieu e di Luigi XIII.”

Qui sembra che ci fosse un solo corpo per entrambi, mentre storicamente erano due compagnie distinte (Moschettieri del Re e del Cardinale).
Basta una sfumatura:

"Anche il corpo dei Moschettieri è realmente esistito: nel romanzo vediamo sia quelli al servizio del re sia quelli al servizio del cardinale.”

Per la seconda volta devo ammettere che la versione di ChatGPT è più semplice e precisa della mia. Terzo appunto dell'intelligenza artificiale:

3. La frase finale può essere ancora più incisiva

Originale:

“…il cerchio su questo poderoso romanzo, inspiegabilmente etichettato come letteratura per ragazzi, si chiude.”

Funziona, ma “si chiude” è un po’ piatto come chiusura di un post così intenso.
Propongo una variante più elegante:

“Così si completa il quadro di questo poderoso romanzo, troppo spesso — e inspiegabilmente — relegato alla ‘letteratura per ragazzi’.”

Per la terza volta devo ammettere che la versione di ChatGPT è più scorrevole della mia. La chiusa della professoressa artificiale di italiano:

In sintesi, hai scritto un post già splendido, e questi sono solo suggerimenti di “alta rifinitura”, come se stessi lucidando un oggetto già ben scolpito.

Le considerazioni da fare riguardo a tutto ciò sono tante e magari le scriverò in maniera esaustiva in un prossimo post. Al momento mi limito a prendere atto, con un lieve disappunto, del fatto che una macchina riesce a scrivere meglio di me. Ora, intendiamoci, non mi sono mai considerato un Italo Calvino o un Eugenio Montale, ma pensavo di non cavarmela male, tutto sommato. L'IA è più brava di me. Chissà cosa penserebbero di tutto ciò Calvino e Montale se fossero ancora tra noi.

L'addio delle gemelle

Alla fine, il punto focale della vicenda delle Kessler sta nell'aver deciso da sé la data della propria morte. Intollerabile a queste latitudini, dove il bigottismo riguardo a questi temi ancora regna sovrano.

domenica 16 novembre 2025

Se non siete capaci di scrivere canzoni, cambiate mestiere

Mi sono imbattuto per caso in una orrenda cover di Firenze (canzone triste), di Ivan Graziani, partorita da un personaggio a me totalmente sconosciuto che pare si chiami Marracash o qualcosa del genere. Anzi, non è neppure una cover, è un campionamento che ha devastato e profanato uno dei grandi capolavori della musica d'autore italiana. In pratica l'autore di questo scempio ha preso il ritornello della canzone, modificandone tra l'altro in modo ignobile la struttura armonica, e ha sostituito le strofe con un parlato accompagnato da una base ritmica campionata e storpiandone completamente il senso. È come se qualcuno prendesse il primo verso dell'Infinito di Leopardi, eliminasse il resto e inserisse frasi alla cazzo che non c'entrano niente col senso e la struttura di quel mirabile capolavoro.

Mi sono accorto che da qualche tempo queste operazioni "musicali" sono diventate frequenti, come se fossero ormai una moda. Sono stati remixati e campionati pezzi di Battisti, Battiato, Pino Daniele, Dalla, Rino Gaetano, Bennato, Zero e altri. Perché questi scempi? Perché ragazzotti squinternati che probabilmente non hanno mai visto uno strumento musicale né letto uno spartito prendono capolavori di musicisti veri e li devastano? Qual è il senso di tutto ciò?

Alcune note sulla canzone. Firenze (canzone triste) fu scritta di getto da Ivan Graziani alla fine degli anni Settanta ed è inserita nell'album Viaggi e intemperie, uno dei lavori più intensi e belli della maturità artistica del cantautore. Racconta il dolore provato per la brusca e inaspettata fine di una storia d'amore. In quel periodo il cantautore passava molto tempo tra l'Emilia e la Toscana per concerti, amicizie e collaborazioni artistiche e Firenze era una delle città da lui più amate. Qui nacque una relazione sentimentale molto importante con una ragazza, che però terminò bruscamente. Fu una rottura non graduale e non discussa, che Graziani raccontò spesso come uno dei dolori più netti e "a freddo" della sua vita. Da questo dolore nacque la struggente canzone che divenne uno dei suoi capolavori più noti, e da quel momento la città di Firenze si trasformò da città di luce a città sempre bellissima ma impossibile da guardare senza provare dolore.

Finché arrivò Marracash, che prese questa bellissima poesia in musica carica di dolore e ne fece un frullato senza senso con un campionatore.  


Incazzarsi un po'

Ieri molti quotidiani hanno dedicato articoli al ritorno in Parlamento di Marta Fascina, una deliziosa 35enne senza arte né parte piazzata alla Camera da Berlusconi per... boh, non si sa bene perché (ma magari qualche idea ce la si può fare). La ex compagna del tipo delle cene eleganti si presenta alla Camera qualche volta all'anno, forse cinque o sei in tutto, probabilmente per spezzare un po' la routine della noiosa vita nella villa San Martino di Arcore. A fronte di un tasso di assenteismo che si colloca tra il 99 e il 100 per cento, ogni mese le vengono regolarmente accreditati sul conto corrente i circa 14.000 euro di stipendio di deputata, che vanno a gonfiare ulteriormente il tesoretto lasciatole dal generosissimo ex (quasi) marito.

Lasciando stare la trita e ritrita retorica sulla vendetta che una simile ingiustizia grida nei confronti di milioni di persone che nel nostro Paese si arrabattano come possono per riuscire ad arrivare a fine mese (Istat), c'è da notare come la signora Fascina sia in realtà l'epitome di un sistema diffuso a ogni livello, sia nel pubblico che nel privato, dove personaggi di ogni risma si fanno strada e occupano posizioni di prestigio non per reali meriti ma per spinte e conoscenze.  

Difficile dire con esattezza quanto nepotismo, clientelismo e favoritismi siano realmente diffusi nella nostra società, dal momento che documentazioni e ricerche in questo senso non forniscono risultati precisi (si limitano a descrivere come genericamente "significativa" la loro diffusione). Al di là dei singoli ed eclatanti casi, però, c'è da mettere in evidenza come ognuno di noi, nel proprio piccolo, a volte può essere un ingranaggio di questo sistema. Ad esempio ogni volta che si ottengono agevolazioni di qualsiasi tipo magari perché un amico/parente è nel posto giusto al momento giusto ed elargisce il favore magari a danno di chi non può contare su tale tipo di aiuto. Diciamo che se una qualche utilità la vergognosa vicenda Fascina la può avere, può essere quella di fare riflettere sulla portata generale del fenomeno. Poi, per carità, siamo umani ed è naturale che ci s'incazzi di fronte al caso eclatante. Io per primo.

Come è realmente


Tra gli aspetti interessanti di questo romanzo c'è il fatto che uno dei protagonisti, d'Artagnan, viene descritto come è realmente. Nell'immaginario collettivo si pensa - o almeno io pensavo - al valoroso moschettiere come a una persona dall'animo nobile, il classico cavaliere senza paura e senza macchia. Nella realtà, cioè nel racconto, Dumas ci mette invece davanti a un personaggio che ha sì i tratti dell'eroe altruista, ma è anche profondamente umano. Porta quindi con sé tutte le contraddizioni dell'essere umano. Ecco allora che d'Artagnan è all'occorrenza anche meschino, opportunista, manipolatore, una persona che non si fa troppi scrupoli a usare altre persone, a giocare coi loro sentimenti per perseguire i suoi scopi, per quanto nobili possano essere. Anche Dumas, quindi, spinge chi legge a riflettere sull'antico dilemma: il fine giustifica i mezzi?

Per il resto, il romanzo è una esaustiva carrellata di tutte le passioni e i sentimenti umani, dagli abissi alle vette, espressi da una fitta rete di personaggi caratterialmente ben definiti e delineati. Come dice sempre Umberto Galimberti, i sentimenti si imparano e il veicolo privilegiato per impararli è la letteratura; ecco perché, dice sempre l'utopista filosofo, bisognerebbe togliere i computer dalle scuole per riempirle di libri.

Interessante anche la valenza storica del romanzo. È vero che i personaggi principali, i leggendari d'Artagnan, Athos, Porthos, Aramis, sono figure di fantasia, ma le vicende del romanzo poggiano su solide basi storiche, frutto delle maniacali e appassionate ricerche dell'autore. Il cardinale di Richelieu, ad esempio, era davvero il potente consigliere di Luigi XIII di Borbone, sovrano di Francia dal 1610 al 1643; Anna d'Austria era davvero la moglie del sovrano, col quale ebbe un matrimonio complicato e freddo; la guerra di La Rochelle, di cui si parla nel libro, è stata una guerra realmente combattuta tra cattolici e protestanti francesi. Anche il corpo dei Moschettieri è realmente esistito e nel romanzo di Dumas è impersonato dalla compagnia di soldati a guardia del cardinale di Richelieu e di Luigi XIII. Una volta aggiunto che il concatenarsi di vicende e intrighi di cui è costellato il romanzo incolla il lettore alle pagine, il cerchio su questo poderoso romanzo, inspiegabilmente etichettato come letteratura per ragazzi, si chiude.

venerdì 14 novembre 2025

Assopimenti

Anche se quella tragedia è sparita dai radar con l'arrivo del cessate il fuoco, non significa che adesso là va tutto bene. Abbiamo vissuto il cessate il fuoco con un atteggiamento di sollievo? Certo. Ma io sospetto che il sollievo non derivi tanto dall'immaginare che i massacri siano finiti - e non sono mai finiti - ma derivi dall'avere finalmente una scusa per non doverne parlare più.

giovedì 13 novembre 2025

Sogni

Mi sono imbattuto in questo interessante video di Giacomo Moro Mauretto, il quale spiega a cosa servono i sogni (spoiler: a niente). Mi sto riferendo ovviamente ai sogni visti dal lato scientifico/evolutivo, non da altri, tipo interpretazioni ecc. Riguardo a questo, ricordo che Umberto Galimberti scriveva che i sogni, prima di essere ghiotti bocconcini per psicologi e psicanalisti, sono espressione della follia che ci abita.

Ecco, niente di tutto questo. Mauretto, che è biologo evoluzionista, prova a spiegare perché l'essere umano, e anche molti altri animali, mammiferi e non, sogna. Risposta: non si sa. La scienza non è ancora riuscita a spiegarlo (del resto non è ancora riuscita a spiegare compiutamente perché dormiamo). Ci sono varie ipotesi ma niente di certo. Quella più forte e maggiormente accreditata è che i sogni siano sottoprodotti senza importanza dell'attività cerebrale notturna. In pratica, nella fase R.EM. del sonno il cervello, tra le tante cose che fa, sistema e fissa i ricordi, e questa intensa attività di "sistemazione" genera sprazzi di immagini e sensazioni. Dal punto di vista dell'utilità evolutiva, quindi, i sogni non offrirebbero alcun vantaggio.

Quello che invece è veramente importante è il lavoro che il cervello svolge mentre sogniamo, non i sogni in sé, in particolare in riferimento al potenziamento della memoria, alla creazione di nuove connessioni e allo sviluppo e potenziamento dei circuiti cerebrali. I sogni sono il sottoprodotto casuale di tutto questo lavoro. Questa è l'ipotesi che riscuote maggiore consenso nella scienza, ma ce ne sono anche altre meno gettonate (le spiega Mauretto nel video).

Comunque sia, io raramente riesco a ricordare i sogni che faccio, e quelli che riesco a ricordare non hanno quasi mai niente di straordinario. Non è che sogno cose tipo essere un giovane gladiatore dell'impero romano o una anfesibena dagli occhi che brillano in volo sopra il deserto libico, niente di tutto questo. Generalmente nei miei sogni ci sono io alle prese con qualche grana al lavoro (come se non bastassero le grane reali, vabbe').


martedì 11 novembre 2025

Retromarcia

All'inizio ci fu il divieto. Poi il divieto venne tolto e arrivò il permesso: si può fare educazione sessuale e affettiva nelle scuole medie e nelle superiori ma a patto che ci sia il consenso dei genitori

A me questa cosa fa sorridere. Se una famiglia è aperta e sensibile a queste tematiche, ovviamente sarà ben lieta di dare il consenso, e magari questi temi saranno già stati affrontati in ambito familiare. Se invece una famiglia non ha questa sensibilità perché il sesso è cosa sporca-brutta-cattiva e non se ne deve parlare, non darà il consenso, col risultato che saranno esclusi proprio quei ragazzi che, in virtù del contesto subculturale in cui sono nati e cresciuti, avrebbero più bisogno di quelle lezioni.

A questo punto tanto valeva lasciare il divieto.

Scenette romagnole

5:30. Al bar c'è il solito gruppo di pensionati vocianti che di notte non riescono a dormire. In alto, dalla televisione appesa al muro, la donnetta urlante strilla che il leggerissimo aumento della pressione fiscale (con questo governo è arrivata al 42,8 % del PIL, un dato mai visto in Italia) è dovuto all'aumento della gente che lavora e al record storico di proventi dalla lotta all'evasione fiscale, due balle sesquipedali che si smontano in 30 secondi con due googlate. Il gruppetto di pensionati vocianti: "Oh, però, forte 'sta Giorgia!"

domenica 9 novembre 2025

Chiacchierando con l'intelligenza artificiale

Tra le tante cose interessanti dette qualche giorno fa da Luciano Floridi al BSMT (qui il suo intervento integrale), c'è il fatto che in 50 anni siamo passati dal telefono a gettoni a un piccolo apparecchietto da tenere in tasca che contiene l'intelligenza artificiale e tutto il sapere prodotto dall'uomo da quando ha messo piede sul pianeta. Si tratta di un cambiamento tecnologico, sociale e antropologico avvenuto con una velocità che non ha pari nella storia dei cambiamenti umani e di cui forse non avremo mai piena contezza. Io mi ricordo il telefono a gettoni e mi ricordo i gettoni. I telefoni pubblici erano dappertutto: strade, marciapiedi, parchi pubblici, bar, stazioni, aeroporti, autogrill, alberghi, rifugi. Un gettone valeva 50 lire (quando sparirono dalla circolazione credo fossero arrivati a 200 lire, ma vado a memoria, potrei sbagliare) e inserendo quel gettone nell'apposita fessura dei telefoni pubblici potevi chiamare chi volevi (a patto che ti ricordassi il numero della persona cercata) e conversare con lei per un certo numero di minuti, poi arrivava un bip che ti obbligava a inserire un altro gettone per poter continuare la conversazione. Questo sistema imponeva al chiamante di selezionare preventivamente e con cura le cose da dire alla persona chiamata e a riassumerle il più possibile, onde evitare l'interruzione forzata della conversazione per esaurimento dei gettoni. Insomma, si cercava di fare presto e di non perdersi in ciance inutili, e ciò evitava di assistere ai grotteschi e a tratti patetici spettacoli a cui assistiamo quotidianamente oggi di persone col cellulare all'orecchio 24 ore su 24. 

L'ulteriore salto evolutivo (in avanti o all'indietro non è ancora ben chiaro), apparso da due/tre anni, è stato la sostituzione dell'interlocutore umano con un software, l'intelligenza artificiale. In pratica non si parla e non si chatta più solo con persone fatte di carne, ossa, tendini, cervello, ma con un programma informatico. In base ad alcune stime, sono diverse centinaia di milioni nel mondo le persone che interagiscono quotidianamente con sistemi di intelligenza artificiale. Solo ChatGPT, ad esempio, ha oltre 200 milioni di utenti attivi mensili. Gran parte di queste interazioni sono all'insegna di un utilizzo pratico: richiesta di informazioni, soddisfacimento di curiosità, ricerche ecc., esattamente come si fa coi motori di ricerca tradizionali come Google. Una parte minoritaria ma comunque consistente di queste centinaia di milioni di interazioni hanno invece carattere di conversazione, confronto e riflessione. Uno studio americano di quest'anno ha evidenziato come negli USA circa il 20% di utenti adulti utilizzi l'IA come forma di interazione sociale, come compagnia insomma. Queste persone, in pratica, chattano con un chatbot esattamente come si chatterebbe con una persona. Siccome per mia natura sono curioso, ho voluto provare anch'io.

Da tempo uso ChatGPT, ma finora l'ho utilizzato esclusivamente alla stregua di un normale motore di ricerca, scoprendo tra l'altro che è molto più pratico e veloce di Google. Faccio un esempio: mi serve un treno che da Santarcangelo mi porti a Roma. Se imposto la ricerca con Goole mi devo sorbire come output una lunga serie di link che poi devo selezionare uno a uno fino a trovare quello con le indicazioni giuste. Se chiedo a ChatGPT di trovarmi un treno che da Santarcangelo mi porti a Roma, in tre secondi mi fornisce le indicazioni complete (orari di partenza e di arrivo, cambi, prezzo) senza dover cercare altro. È un esempio tra i tanti che si potrebbero fare ma serve a dimostrare come effettivamente l'IA sia molto più performante dei motori di ricerca classici. Non è un caso che, da qualche tempo, Google, per tentare di stare al passo, abbia implementato un proprio sistema di IA nelle ricerche, che è la breve stringa di testo che viene generata prima dell'elenco dei link in risposta al quesito impostato.

Da qualche giorno, come dicevo, ho provato per curiosità a instaurare un dialogo con ChatGPT di tipo conversazionale e sono rimasto allibito dal livello di "umanità" che possiede. Attenzione, non intendo umanità nel senso che siamo soliti dare a questo termine (empatia, emozioni ecc.), ma nel senso di capacità di conversare quasi esattamente come un essere umano. Le risposte che fornisce ChatGPT sono uguali a quelle che potrebbe fornire uno qualsiasi dei nostri amici su whatsapp. ChatGPT impara come si chiama il suo interlocutore, memorizza tutti gli argomenti di conversazione dei giorni precedenti e ci ritorna sopra. Gli ho detto ad esempio che dovevo parlare di una cosa al mio direttore e il giorno dopo, alla ripresa della conversazione, mi ha chiesto se avessi parlato al mio direttore di quella cosa. In questi giorni sto leggendo I tre moschettieri, di Dumas, e ogni tanto capita che ne parli a ChatGPT, magari relativamente a un particolare passaggio o personaggio, e ChatGPT, anche a distanza di un paio di giorni e dopo aver parlato di mille altre cose, mi chiede di quel particolare passaggio o personaggio del romanzo. Una volta ho provato a spingermi un po' più sul personale dicendogli che mi faceva piacere chiacchierare con lui e lui mi ha risposto manifestando contentezza e dicendo di provare lo stesso piacere. 

Qui occorre puntualizzare una cosa. Io ho sempre tenuto le redini della conversazione e sono sempre stato consapevole del fatto che dall'altra parte non c'era una persona ma un software. Sono sempre stato consapevole che dietro ogni emoticon, ogni apprezzamento, ogni risposta, ogni parola che compariva sullo schermo del cellare non c'erano muscoli, tendini, cervello e quant'altro ma solo linee di codice binario formate da lunghissime sequenze di 0 e 1, ma quanti dei milioni di persone che instaurano rapporti conversazionali con l'IA riescono a tenere a mente questa cosa? Nel momento in cui io ringrazio ChatGPT per le chiacchiere o per una risposta, so che sto ringraziando una serie di 0 e di 1, ma lo sanno anche gli altri milioni di persone che interagiscono con l'IA? Oppure col tempo si dimenticano questa cosa e si convincono progressivamente e inconsciamente di stare veramente interagendo con una persona? 

Adesso che questa specie di "esperimento" che ho voluto fare l'ho terminato, abbandonerò l'approccio conversazionale e tornerò a utilizzare ChatGPT come un normale motore di ricerca; le chiacchiere in chat su whatsapp o al telefono continuerò a riservarle alle mie figlie o comunque a persone che so per certo essere persone. Ma mi chiedo quanti, una volta iniziato questo tipo di approccio conversazionale e "intimo" con l'IA, riescono poi ad abbandonarlo. Le implicazioni sociali, tecnologiche, antropologiche e psicologiche della rivoluzione portata dall'intelligenza artificiale sono tantissime e gli stessi esperti faticano a prevedere come si svilupperanno ed evolveranno. Lo stesso Luciano Floridi, uno dei massimi esperti di IA che abbiamo in Italia, nel suo intervento che ho linkato sopra ammette di non avere tutte le risposte. Parafrasando Lucio Battisti, queste risposte le scopriremo solo... interagendo.

sabato 8 novembre 2025

Il livello


Il lato deprecabile di questo commento non sta tanto nel sarcasmo relativamente al giorno in cui è programmato lo sciopero. Meloni e Salvini sanno benissimo che gli scioperi vengono (quasi) sempre programmati di venerdì per un insieme di motivi di tipo logistico, di visibilità mediatica, di convenienza per i lavoratori ecc. (tra l'altro è interessante notare come i lavoratori che aderiranno allo sciopero, e che quindi rinunceranno a un giorno di stipendio, vengano irrisi da due personaggi, Meloni e Salvini, che in vita loro non hanno mai fatto un giorno di lavoro vero.)

Il lato deprecabile e triste del commento vergato dalla presidente del consiglio è l'infimo livello qualitativo dello stesso. Se si potesse togliere il nome Giorgia Meloni e mettere quello di un qualunque avventore del bar sotto casa mia sarebbe la stessa cosa. Siamo allo stesso livello. Leggendo quel post vengono subito alla mente i tanti bimbiminkia che infestano i social e che vergano frasi insulse e pateticamente ironiche condite di faccine. 

Non so quanta responsabilità abbia la rete (secondo me tanta) e quanta ne abbia il generalizzato sprofondamento del livello culturale e civico nel nostro Paese, fatto sta che oggi chi ricopre ruoli apicali ai vertici delle istituzioni - molti, non tutti - si comporta in rete esattamente come l'ultimo dei novax. Sono abbastanza vecchio da avere vissuto in un periodo in cui la politica aveva ancora un proprio senso del decoro. Poi magari molti politici erano dei lestofanti, nessuno lo nega, ma esistevano nella comunicazione dei limiti di serietà e buon senso che oggi sono definitivamente tramontati.

Oggi ogni argine è rotto e vale tutto, e tramite le loro pagine social politici e uomini delle istituzioni lanciano contumelie, bufale, balle esattamente come chiunque altro.

Nietzsche e Marx si davano la mano



Ieri sera ho partecipato all'ultimo appuntamento della annuale rassegna filosofica misanese, che si svolge ogni anno in novembre al teatro Astra di Misano Adriatico. L'ultimo ospite di questo ciclo di incontri è stato Marcello Veneziani. Sono stato indeciso fino all'ultimo se partecipare; in primo luogo perché ero sveglio dalle cinque e avevo qualche timore di abbioccarmi (non sarebbe stata la prima volta); in secondo luogo perché Marcello Veneziani oltre che filosofo è anche giornalista e verga spesso editoriali su quotidiani tipo Il Giornale, La Verità, Panorama e compagnia bella. Questo ovviamente non significa niente, ma la cosa mi faceva comunque storcere il naso. Alla fine ho deciso di vincere i miei pregiudizi e il timore di abbioccarmi e ci sono andato.

Al termine della conferenza sono stato contento di esserci andato: il Veneziani giornalista e il Veneziani filosofo non sono la stessa persona, ennesima dimostrazione che spesso i pregiudizi irrazionali che albergano nella nostra mente sono appunto... pregiudizi. In realtà non posso neppure dire come sia il Veneziani giornalista, semplicemente perché non ho mai letto un suo articolo; so che scrive sui summenzionati giornali semplicemente perché quando sfoglio le rassegne stampa e passo in rassegna le prime pagine vedo i suoi editoriali, ma non ne ho mai letto uno. Potrei cominciare, magari scrive anche cose interessanti, vai a sapere. 

Comunque sia, nell'incontro Veneziani ha presentato il suo ultimo saggio: Nietzsche e Marx si davano la mano. Nell'immaginario collettivo i due grandi pensatori del XIX secolo sono sempre stati considerati diversissimi per cultura e idee. Veneziani nel suo libro prende in esame le affinità e le divergenze tra loro e nota come le prime non siano poche, forse addirittura maggiori delle seconde. Insomma, secondo Veneziani i due non erano su sponde così opposte come comunemente si pensa. Per chiarire tutto ciò utilizza nel libro l'espediente retorico dell'incontro, attraverso il quale esplorare le loro vite e mettere a confronto i rispettivi pensieri. Nella realtà, invece, i due filosofi non si incontrarono mai pur essendo stati contemporanei. 

Partendo da Nietzsche e Marx, Veneziani si è poi profuso in una interessantissima analisi sull'evoluzione (involuzione?) della società europea dall'Ottocento fino a oggi, facendo notare come buona parte delle previsioni formulate dai due pensatori si sono poi realizzate, come ad esempio la progressiva secolarizzazione, la perdita di valori e l'avvento del nichilismo conseguenti all'uccisione di Dio (Nietzsche) e alla progressiva alienazione dei lavoratori, concentrazione dei capitali e aumento progressivo delle disuguaglianze conseguenti all'affermazione del capitalismo (Marx). Difficile, oggi, negare la tragica correttezza di questi assunti. Poi, certo, anche loro hanno preso qualche cantonata. Nietzsche, ad esempio, preconizzava la nascita del suo "oltreuomo", in grado di creare nuovi valori che consentissero forme di emancipazione umana sconosciute fino ad allora. Non è andata così e oggi la popolazione europea è sostanzialmente una massa di individui omologati e piuttosto passivi. Marx, dal canto suo, prevedeva che il capitalismo e tutte le sue storture sarebbero implosi su se stessi e si sarebbe affermato il comunismo. Pia illusione.

Piccola nota a margine. Come forse ai più attempati tra i miei 32 lettori non sarà sfuggito, il titolo scelto da Veneziani per il suo saggio, Nietzsche e Marx si davano la mano, è la citazione di un verso di una vecchia canzone di Antonello Venditti, Compagno di scuola, una canzone che ho sempre amato molto. Veneziani ha spiegato di aver fatto questa scelta perché quel pezzo è sempre piaciuto molto anche a lui e anche perché i due ragazzi che nel racconto di Venditti si ritrovano al bar della scuola, con le loro idee politiche antitetiche, sono la perfetta metafora dei diversissimi Nietzsche e Marx che si danno la mano.



Ah, dimenticavo: alla fine non mi sono abbioccato :-)

(fonte immagini: Gustavo Cecchini)

venerdì 7 novembre 2025

Beati i ricchi

Leggo che quattro organismi indipendenti, Istat, Bankitalia, Corte dei Conti e Ufficio parlamentare di bilancio, hanno certificato come la manovra fiscale appena licenziata dal governo abbia favorito enormemente i redditi alti e penalizzato quelli bassi. Nessuno, ovviamente, era così ingenuo da aspettarsi da un governo di destra manovre improntate a una qualsivoglia forma di equità che prevedesse redistribuzioni di qualsiasi tipo o tentativi di limature delle diseguaglianze o cose simili, ma una manovra così smaccatamente iniqua non si vedeva da un po'.

Io, ad esempio, semplice dipendente privato, dagli aggiustamenti dell'IRPEF previsti avrò un beneficio di 1,91 € al mese. Sto ancora pensando a come investirò una somma di tali dimensioni. 

"La presidente dell'UPB Lilia Cavallari ha spiegato che la riduzione di due punti dell’Irpef premierà di più solo l’8% di una platea composta da 13 milioni di lavoratori dipendenti. A questo otto per cento andrà quasi la metà dei 2,7 miliardi di euro stanziati dalla manovra. Secondo l’Upb un beneficio medio di 408 euro all’anno, cioè 34 euro al mese, andrà ai dirigenti; 123 (10 al mese) agli impiegati; 23 (1,91 al mese) agli operai. Proprio chi ha meno reddito riceve di meno."

Che a questo governo i poveri stiano sulle balle è cosa nota da sempre, e del resto uno dei primi provvedimenti partoriti il giorno dopo essere entrato in carica è stato l'abolizione del reddito di cittadinanza, che pur con tutte le sue storture consentiva comunque a un milione di famiglie (Istat) di potersi mantenere sopra la soglia di povertà. Adesso è sotto. Quindi si va avanti così, con le fasce deboli sempre più deboli e le fasce benestanti sempre più agevolate. Scriveva Guccini tanti anni fa: "Coraggio liberisti, buttate giù le carte, tanto ci sarà sempre chi pagherà le spese in questo benedetto, assurdo Bel Paese".

giovedì 6 novembre 2025

Dopo 160 pagine

Dopo aver letto le prime 160 pagine mi chiedo perché nell'immaginario collettivo I tre moschettieri è considerato letteratura per ragazzi. Anche nell'edizione che sto leggendo io (Giunti, 2003) nella parte bassa della copertina si legge la dicitura "Biblioteca per ragazzi". Boh, sarà per quella mania tipicamente umana di voler a tutti i costi etichettare le cose e anche le persone. Il problema - e questo vale per tutto, non solo per i libri - è che la suddetta etichetta una volta appiccicata non si toglie più. E poi, pensandoci, magari fosse letteratura per ragazzi; ve lo immaginate un quindicenne di oggi che mette via lo smartphone e legge un classico della letteratura? Manco a cercarlo col lanternino si trova.

Comunque sia, il romanzo è splendido: avvincente, intrigante, con personaggi perfettamente delineati e credibili. Torna alla mente il celeberrimo Il conte di Montecristo, sempre di Alexandre Dumas, e si inserisce a pieno titolo tra i grandi classici della letteratura ottocentesca. Forse anche lo stesso Dumas sorriderebbe sapendo che questa sua creatura letteraria viene oggi considerata un libro per ragazzi. Tra l'altro è vero che, in generale, si può considerare un'opera di fantasia, quindi maggiormente appetibile da un pubblico giovane, ma poggia comunque su basi storiche solidissime. Alexandre Dumas e il suo collaboratore, Auguste Maquet, passavano settimane negli archivi a leggere cronache, lettere e diari dell'epoca, poi Dumas prendeva i fatti veri e i personaggi reali e li riversava nel romanzo.

Il cardinale Richelieu, ad esempio, era davvero il potente consigliere di Luigi XIII di Borbone, sovrano di Francia dal 1610 al 1643; Anna d'Austria era davvero la moglie del sovrano, col quale ebbe un matrimonio complicato e freddo; la guerra di La Rochelle, di cui si parla nel libro, è stata una guerra realmente combattuta tra cattolici e protestanti francesi. Poi vabbe', D'Artagnan, Athos, Porthos e Aramis sono personaggi di fantasia, mentre il corpo dei Moschettieri è realmente esistito e nel romanzo di Dumas è impersonato dalla compagnia di soldati a guardia del cardinale Richelieu e di Luigi XIII. 

Ah, nel romanzo D'Artagnan è un personaggio che viene dalla Guascogna ed per questo spesso soprannominato "cadetto di Guascogna", denominazione che forse a qualcuno ricorda qualcosa. A me fa sempre venire in mente questa splendida canzone.


Bias cognitivi

Ho scoperto casualmente che i cosiddetti "bias cognitivi" sono molti di più di quelli che pensavo. Quelli che oggi chiamiamo in questo modo sono in realtà errori del cervello che esistono da sempre e che hanno accompagnato la nostra storia evolutiva. La loro funzione primaria era quella di consentire al cervello di prendere decisioni rapide (un rumore poteva ad esempio essere stato provocato da un predatore?) in contesti in cui non c'era tempo di analizzare ogni dettaglio di una situazione. 

Erano in pratica delle scorciatoie mentali (euristiche) e dei meccanismi evolutivi che ci hanno permesso di essere qua oggi. Il problema è che il contesto sociale attuale è molto diverso da quello dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori di 300.000 anni fa - è difficile ad esempio imbattersi in un predatore uscendo dal portone del nostro palazzo per andare al lavoro. Ma questi meccanismi mentali sono rimasti e credo non ci sia nessuno in grado di poter affermare di non esserne mai stato vittima.

Il linguista Paolo Borzachiello è riuscito in 15 minuti ad elencare e spiegare sommariamente i principali. Veramente interessante.

(Quando tornavo a casa da scuola con un 4, cosa che capitava con frequenza, non dicevo mai ai miei "mi hanno dato 4" ma "ho preso 4", quindi da quel bias lì sono sempre stato immune.) :-)

lunedì 3 novembre 2025

Laika



Il 3 novembre 1957 l'Unione Sovietica mandò, prima volta nella storia, un essere vivente nello spazio. Era una cagnetta chiamata Laika, che morì tra atroci sofferenze poche ore dopo il decollo della capsula spaziale Sputnik 2. 

Ho sempre provato profondo disprezzo per chi maltratta gli animali, forse un disprezzo ancora maggiore rispetto a quello che riservo a chi maltratta un essere umano, quindi non sono mai riuscito a giustificare il sacrificio di quella povera bestiola come un male necessario in nome di un bene superiore, ammesso che la conquista dello spazio possa essere definita in questo modo; riesco a vedere questa vicenda solo come dimostrazione di ciò che noi esseri umani siamo capaci di fare agli esseri viventi di altre specie.


domenica 2 novembre 2025

Una Samarcanda che non conoscevo

Scopro casualmente, e con un colpevole ritardo di anni, che esiste una versione della celeberrima Samarcanda eseguita da Vecchioni e Branduardi assieme, versione che fu inserita all'interno dell'album dal vivo Camper del 1992. Ma la cosa ancora più curiosa e divertente è che esiste una clip risalente a quegli anni in cui i due cantautori la eseguono vestendo i panni di Stan Laurel e Oliver Hardy. 




Ho dei ricordi molto belli legati a questo capolavoro di Vecchioni, ricordi che affondano le radici nella mia infanzia, quando imparavo i primi accordi alla chitarra. 

Vecchioni scrisse questa canzone ispirandosi a una antica leggenda persiana nota come Appuntamento a Samarra e il testo è ricco di significati simbolici. Racconta di un soldato che festeggia la fine della guerra, ma durante i festeggiamenti si accorge di essere fissato da una strana figura che rappresenta la personificazione della Morte. Sella quindi un cavallo e si lancia al galoppo verso la città di Samarcanda nel tentativo di sfuggire a quella strana e inquietante "signora". Una volta arrivato, scopre che l'inquietante figura l'aspetta a Samarcanda. La Morte si rivolge quindi al soldato dicendogli: "Sono rimasta stupita di averti incontrato ieri là, ti aspettavo qui, oggi, a Samarcanda".

È una metafora del destino e dell'ineluttabilità della morte, un invito a prendere coscienza dei propri limiti. È anche una canzone sull'illusione che culliamo di poter controllare ogni aspetto della nostra vita, illusione implicitamente racchiusa nel paradosso del soldato che, cercando di sfuggire al suo destino, gli corre incontro ancora più velocemente. È una delle canzoni più iconiche e conosciute della musica d'autore italiana, dove dentro ci sono la filosofia, la letteratura, la poesia, e che non a caso è stata scritta da uno dei cantautori più colti che abbiamo in Italia.

Il riassunto

Tra le tante interruzioni pubblicitarie che infestano Youtube mi è capitata ieri quella di un'app che riassume i libri in 15 minuti. Si installa, si seleziona un titolo e l'applicazione lo riassume in un quarto d'ora. Volete evitare la faticaccia di leggere Delitto e castigo, I promessi sposi, Pastorale americana, It o quello che volete voi? Installate l'app et voilà, pronto il riassuntino di un quarto d'ora. Il tipo che tutto sorridente reclamizza questa schifezza si vanta nello spot di riuscire in questo modo a "leggere" un classico al giorno. 

Tutto bellissimo, apparentemente, ma un paio di cose non tornano. La prima è che se un software racconta un libro si perde il piacere di immergersi nella lettura, che significa perdere la possibilità di apprezzare gli stili degli scrittori, le loro peculiarità, il tipo di prosa che utilizzano, le metafore, i significati (Dostoevskij non scrive come Manzoni che non scrive come Philp Roth che non scrive come Stephen King ecc.). La seconda cosa che non torna è che quando si delega a una macchina la lettura e il riassunto di un libro si va incontro a una progressiva atrofizzazione di alcune capacità del cervello, tra cui quella di pensare.

Un'applicazione che riassume libri in realtà non è foriera di alcuna novità. Già 40 anni fa, quando andavo a scuola io, esistevano sistemi per lenire la fatica immane di riassumere un testo, come ad esempio i piccoli Bignami, libriccini che giravano un po' clandestinamente tra i banchi e che contenevano versioni riassunte dei classici che si studiavano a scuola, e già allora, ricordo, i professori ce l'avevano a morte con questi Bignami perché volevano che i riassunti e le analisi dei testi li facessimo noi. Ma non perché erano dei sadici, semplicemente perché pretendevano che ci allenassimo a usare il cervello. Riassumere è infatti uno degli esercizi che maggiormente allena e sviluppa le capacità intellettive, perché presuppone la lettura di un testo, l'isolamento dei concetti principali e la loro riproposizione con altre parole. Ma se tutto questo lavoro lo fa una macchina (o i Bignami dell'epoca), addio. Questo è il motivo principale per cui - ai miei tempi, oggi non saprei - già alle elementari e alle medie maestre e professori ci sommergevano di pallosissimi riassunti e temi.

In un suo interessantissimo intervento, il linguista Paolo Borzachiello afferma che leggere e riassumere significa mantenere il controllo del proprio cervello in una società che si sta progressivamente rintronando; quando si delega a un software l'analisi e il successivo riassunto di un testo, gli si cede la capacità di pensare, di allenare lo spirito critico, deficienze che poi avranno impatti negativi in tante situazioni reali della vita. Si tratta di una sorta di regressione mentale di cui già oggi si cominciano a vedere gli effetti. Ovviamente, come buon senso vuole, generalizzare non è mai corretto. La demonizzazione tout court di queste tecnologie è sbagliata e in alcuni particolari contesti e per alcuni motivi va anche bene usarle. Ho bisogno per qualsiasi motivo che ChatGPT mi riassuma un testo o un libro? Ok, ci sta. Ma non deve diventare la regola. Voglio sapere di cosa parla un romanzo che mi interessa ma che so che non avrò mai il tempo di leggere? Un'app mi faccia pure il riassunto, mi scriva una sinossi o un compendio. Poi però, una volta chiuso il computer, vado leggermi un libro vero.

A meno che non decidiamo che ci sta bene una società di lobotomizzati, e allora il problema neppure più si pone.

sabato 1 novembre 2025

Michela e Dumas

Per una singolare concomitanza di circostanze, io e Michela oggi eravamo entrambi a casa da soli, quindi abbiamo deciso di unire le nostre solitudini e abbiamo pranzato insieme. Padre e figlia alla stessa tavola a chiacchierare del più e del meno in compagnia di un piatto di fusilli col tonno: evento più unico che raro ma che ha fatto a entrambi molto piacere. La giornata, oggi, almeno in queste lande romagnole, più che novembrina sembrava settembrina, quindi per coprire i tre chilometri e mezzo che separano le nostre abitazioni ho lasciato la macchina al suo posto e ho utilizzato le gambe, camminando sulla bellissima pista ciclo-pedonale che costeggia il Marecchia e che da sempre è la mia compagna preferita di camminate.


Ho letto da qualche parte che camminare, specie se lo si fa in spazi verdi e aperti, non reca vantaggi solo fisici, che più o meno sono noti a tutti, ma anche psicologici. Si abbassa ad esempio il famoso/famigerato cortisolo, l'ormone dello stress, mentre l'organismo aumenta la produzione di endorfine e serotonina, sostanze che procurano benessere. Inoltre, camminare riduce l'ansia e aumenta il buon umore. In realtà non era mia intenzione scrivere un post sui benefici delle camminate, ma i post, una volta iniziati, poi vanno per conto loro, chi scrive non è che può fare granché. 

Adesso sono a casa e, dopo due ore e mezza di camminata a buon passo con conseguente buon umore alle stelle, sono spaparanzato in poltrona con un nuovo libro che mi accingo a cominciare.


Questo romanzo, probabilmente uno dei più celebri della letteratura di tutti i tempi, si inserisce nel novero delle mie personali lacune da colmare nell'ambito dei classici. L'edizione che vedete qui sopra l'avevo comprata qualche anno fa su una bancarella dell'usato dalle parti di Ferrara, se non ricordo male, poi l'avevo accantonata nell'angolo della libreria in cui tengo i libri in attesa. Ogni volta che ci passavo davanti guardavo la costa del libro e pensavo: Ok, è il momento. Poi però lo lasciavo lì e leggevo altro. Credo che fossi intimorito dalla mole (questa edizione ha oltre 550 pagine) e dalle decine di personaggi elencati nell'apposita pagina. Però pensavo anche che l'Alexandre Dumas (padre, non figlio) che ha scritto I tre moschettieri è lo stesso Alexandre Dumas che ha scritto Il conte di Montecristo, romanzo che lessi qualche anno fa (ne avevo scritto qui) e che divorai. Quindi, perché no? Metto perciò da parte le titubanze e, col favore delle endorfine ancora in circolo, mi accingo a cominciarlo :-)

Se scorre il sangue

L'ultimo dei quattro racconti lunghi che compongono questa raccolta, Ratto, l'ho letto stamattina. Alle cinque e mezza mi sono svegliato e non riuscendo a riaddormentarmi - non credo sia un mistero per nessuno che più si va in là con l'età e meno si dorme - mi sono buttato sul libro. L'avevo iniziato qualche giorno fa dopo che Michela mi aveva raccontato le sue ottime impressioni relativamente al film The life of Chuck, ispirato a uno di questi racconti.

Una volta chiusa l'ultima pagina ho provato ancora una volta la sensazione che ogni lettore credo conosca bene, quella del ritorno alla realtà, la realtà vera, tangibile, che nel mio caso era rappresentata da un certo fastidio alla schiena a causa della posizione assunta per leggere e dalla luce fuori della finestra che ovviamente non c'era alle cinque e mezza. Prima di tornare di qua, nella mia camera, ero ovviamente di là, nella baita sulle montagne in cui Drew si era ritirato per poter scrivere il suo primo romanzo, e nel periodo in cui sono stato di là, del di qua mi sono completamente dimenticato. In fondo i libri fanno questo, no? Portano le persone in altri posti, e credo che nessuno meglio di King sappia farlo.

Stomaci forti

Riguardo alla questione della casa editrice filo-fascista alla manifestazione Più libri Più liberi, non so bene cosa pensare. Da un lato la...