Molti, me compreso, pensavano che la distruzione definitiva del nostro sistema giudiziario, quella che senza nessun pudore chiamano "riforma", il cavaliere e i suoi l'avessero ormai accantonata. Ci sbagliavamo. Galvanizzato dagli ultimi ritorni all'ovile, dopo la disgregazione di Futuro e Libertà, il premier più imputato del pianeta è tornato a spingere sull'acceleratore (i suoi processi hanno ripreso a correre) e ha ritirato fuori dal cassetto la separazione delle carriere tra giudici e pm, la riforma del CSM, le intercettazioni e l'immunità parlamentare, quest'ultima abolita ai tempi di tangentopoli per evitare qui da noi l'equivalente di ciò che è successo in Egitto nei giorni scorsi.
Onde evitare fraintendimenti, è bene ribadire che nessuna delle cosiddette riforme che ha in mente il cavaliere serve a lenire l'unico problema storico che affligge la nostra macchina giudiziaria: la sua lentezza. Non serve a questo scopo la limitazione delle intercettazioni, non è di nessuna utilità la separazione tra magistratura inquirente e giudicante e, tantomeno, è di alcuna utilità la paventata reintroduzione dell'immunità parlamentare - figurarsi!. Non occorre infatti una laurea in giurisprudenza per capire che la grande riforma della giustizia che hanno in mente ha solo una utilità contingente: cercare di bloccare i guai giudiziari in cui si è cacciato il premier.
E questa volta pare intenzionato a fare sul serio, arrivando pure a sfidare il Quirinale. Napolitano aveva infatti già avuto modo di far conoscere a lorsignori come la pensa su intercettazioni e limitazione alla libertà di stampa. Anche per questo la porcata era stata accantonata. Ma stavolta è diverso. Prima c'era il legittimo impedimento a fare da paravento al premier. Adesso, dopo che la Consulta lo ha azzoppato, è di nuovo emergenza. Anche se sa benissimo che Napolitano si metterà di traverso, lui è determinato ad andare avanti lo stesso, perché adesso bisogna giocare il tutto per tutto.
Gli italiani possono stare tranquilli: finché avremo un premier così, prima verranno i suoi problemi, poi, eventualmente, quelli di tutti.
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