sabato 10 novembre 2007

Il blog? "La messinscena di una sceneggiatura"

Non ne faccio ovviamente una questione di vita o di morte, ma ogni tanto mi chiedo perché i giornalisti ce l'abbiano coi blog (e quindi coi blogger). La cosa per la verità non è nuova, non stiamo scoprendo l'acqua calda. Anzi, sono anni che escono articoli, come questo di Romagnoli, pieni dei soliti luoghi comuni e di abbondanti razioni di stupidaggini (i blogger sono dei frustrati, relazioni sociali prossime allo zero, qualunquisti, esibizionisti, ecc...).

Ovviamente nell'articolo di Repubblica non c'è scritto esplicitamente questo, ma alcune affermazioni sono piuttosto interessanti. Ne cito qualcuna:
Prendiamo il blog. In fondo è la versione contemporanea del diario. Il diario è, inevitabilmente, solitudine. Lo si scrive in prima persona, in una stanza chiusa, soli contro il mondo, confessando, analizzando, per abitudine adolescenziale, suggerimento del terapista, ossessione di documentare, almeno a se stessi.
Probabilmente tutte queste cose l'articolista le racconterà per esperienza personale, perché io ad esempio non le ho mai fatte. Non posso certamente parlare a nome di tutti, ma visto che bene o male della suddetta categoria faccio parte, un parallelo cerco di farlo. Ebbene, lo so, sembrerà strano, ma io in giovinezza (non che adesso sia vecchio, intendiamoci ^^) non ho mai tenuto un diario, per il semplice fatto che non mi interessava e non mi fregava niente di tenerlo.

"Il blog è la versione contemporanea del diario", dice invece sicuro il Romagnoli nel suo articolo. Naturalmente per me è una balla, visto che appunto il diario non l'ho mai tenuto. Mi viene anzi, invece, più facile pensare che molti di quelli che da giovani tenevano un diario magari adesso fanno i giornalisti su Repubblica. Ma qui abbiamo già il primo accostamento col mondo dei blogger; "il diario è inevitabilmente solitudine", sentenzia sempre il prode articolista. Quindi, ricapitolando, i blog sono la versione moderna dei diari di una volta, i diari di una volta avevano caratteristiche "solitarie", ergo i blogger sono dei solitari.

Non so a voi, ma a me tutto questo accostamento fa venire in mente (vecchie reminescenze di ragioneria) le famose relazioni transitive, un concetto matematico che - brutalizzando molto - enuncia: se a = b e b = c allora c = a, non trovate? Fantastico, abbiamo quindi la dimostrazione matematica che i blogger sono dei solitari: la potremmo chiamare Primo Postulato di Romagnoli.

Ma andiamo avanti:
Nella sua espressione primitiva il diario era segreto: un quaderno con il lucchetto, riposto in un cassetto chiuso a chiave, in una stanza nella quale era proibito l'ingresso. Violarne l'intimità era considerato peccato mortale, del genitore o del partner. Nella solitudine odierna si compilano blog.
Ecco, "si compilano i blog". Io, finora, l'unica cosa che ho compilato è stato al massimo qualche codice sorgente di programma per trasformarlo in linguaggio macchina da installare sulla mia Linuxbox (operazione che tra l'altro a volte ho lasciato perdere per non impazzire a cercare le dipendenze che mancavano, ma non glielo sto a spiegare a Romagnoli, potrebbe non capire di cosa sto parlando). Quindi, in genere, quando scrivo (operazione che - qualcuno forse avrà notato - compio abbstanza di frequente), non compilo il mio blog, ma, semplicemente, scrivo, che è l'accezione in questo caso di gran lunga più usata.

Detto blog, poi (sempre secondo Repubblica), si comp... cioè si scrive "nella solitudine". Certo, quando si è in casa da soli generalmente si scrive nella solitudine; peccato che anche questo in genere non sia il mio caso, perché tra gatti che si addormentano sul monitor, figli in giro per casa che chiedono "babbo, cosa stai scrivendo?", e Chiara che chiama: "Andreaaa, la cena è pronta!", la solitudine lascia molto a desiderare.
L'esibizionismo spinge a metterli in rete [i blog], a disposizione di chiunque.
Anche qui la scoperta è di quelle notevoli: mettere in rete un blog a disposizione di chiunque. Notoriamente infatti la rete è accessibile a tutti, è sufficiente avere un pc (magari anche piccolo) collegato a internet e si è online. Altrimenti uno continuava col diario cartaceo e lo riponeva nel cassetto. Quello che però stupisce è il motivo per cui uno mette in rete un blog: l'esibizionismo (sempre secondo lui). In molti casi (forse effettivamente troppi), ovvio, la pulsione principale è proprio quella ("scusate, ci sono anch'io, yuhuuu?"), ma al Romagnoli mi pare che sfugga il fatto che spesso tra i seguaci di Narciso e di "esisto anch'io" ci sono persone che hanno realmente qualcosa da dire. Persone a cui fa piacere dibattere di certi argomenti, persone che fanno divulgazione, oppure persone che spesso scrivono addirittura meglio dei cosiddetti giornalisti professionisti (quelli dell'albo). E capita pure che tra i blogger ci sia qualcuno che dice cose scomode, che magari riprende e dà voce a notizie che sui media blasonati finiscono in un angolino in 23esima pagina (per ovvi motivi). E magari per questo capita che si becchi pure qualche querela: strano che a Romagnoli non risulti.
Se, in una qualsiasi sala chiedete di alzare la mano a chi è stato almeno una volta ripreso dalla televisione vedrete metà delle persone sollevarla. Le altre tengono un blog. È la rivincita degli esclusi.
Questa preferisco non commentarla: (a) perché si commenta da sola e (b) perché potrei dimenticarmi che in genere non ho l'abitudine di mandare a cagare la gente da queste colonne. Proseguiamo:
Il blog sta a You Tube come la carta stampata alla televisione. Quel che uno scrive sul blog può essere inventato, quel che mette su You Tube è filmato, documentato.
Qui, apparentemente, torniamo alla matematica (questo sta a quello come quest'altro sta a quell'altro: dovrebbero essere le famose equazioni, sempre che le mie reminescenze di ragioneria non mi ingannino). Ma, nella suddetta equazione, il Romagnoli ci racconta una cosa molto interessante: i giornali (in mancanza di precisazioni si può generalizzare, e quindi anche quello su cui scrive lui) raccontano balle. E ciò si evince dal fatto che - come riportato sopra - se il blog (che racconta balle) sta a youtube (che racconta la verità), la stampa (che per effetto dell'equazione racconta balle) sta alla tv (che racconta la verità ^_^). Che abbia inteso male io?
La generazione You Tube non è pericolosa perché usa questo mezzo, ma perché manda un messaggio: "Guardami, sono solo, non ho niente da dire, ma dedicami la tua attenzione, ascoltami, leggimi, comprami o ti sparo e poi, forse, mi sparo".
Questa perla, messa a chiusura dell'articolo di Repubblica, può essere considerata come la classica ciliegina sulla torta. Ovvero la spiegazione, che come abbiamo visto poco sopra si avvale qua e là pure di rigorosi e inconfutabili postulati matematici, del motivo per cui la generazione youtube (?) è pericolosa. Mi sembra ci sia poco da aggiungere, se non il fatto che l'articolo in sé non sarebbe neanche male, se non fosse un concentrato pauroso di generalizzazioni e di argomenti triti e ritriti che farebbero ridere anche un bambino..

Ovviamente non lo starò a spiegare a Romagnoli, che in realtà lo sa benissimo: sarà per la prossima volta (le occasioni non mancano visto che di concentrati di sciocchezze simili a questo è piena la rete). Peccato, ha perso un'occasione per pubblicare un buon articolo.

6 commenti:

  1. L'etichetta "cretinate" mi piace molto.

    Sono uno di quei blogger solitari e frustrati. Trovo i camp una cosa bellissima e sono gli incontri tra blogger solitari e frustrati tra i più divertenti a cui sono stato.

    Gestisco il mio blog nei miei momenti di solitudine e depressione. Ma in compenso gestisco un altro blog con altri 3 amici con cui andiamo in giro a fare filmati, interviste, trasmissioni radio. Naturalmente siamo tutti e 4 dei solitari e dei depressi.

    Esattamente una settimana fa ci ha invitato a cena il sindaco del nostro paese. Essendo il nostro blog un po' "piccante" (ma apartitico) verso chi amministra, a prima vista poteva sembrare un incontro di discussione ed, invece, si è dimostrato un incontro amichevole e molto piacevole, in cui si è parlato di tutto meno che di politica e di blog. Che strano... non è da persone solitarie e frustrate come noi.

    Piccola riflessione:
    in genere una persona frustrata tende a vedere in negativo quello che lo circonda. Naturalmente soprattutto quello che gli dà fastidio direttamente.

    Chi è il vero frustrato tra i blogger ed un giornalista che scrive articoli del genere?

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  2. > Chi è il vero frustrato tra i blogger ed un giornalista che scrive articoli del genere?

    Mmh... la domanda merita riflessione. :-)

    Sono sincero, è da un pò che ho smesso di prendermela con queste cose (una volta lo facevo più spesso). Ho fatto un'eccezione per questo perché mi sembra particolarmente "denso" di sciocchezze e luoghi comuni, come non se ne leggevano da un pò.

    Ciao maury.

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  3. Quanta acredine in quell'articolo di Romagnoli! Una rabbia un po' sospetta, fa pensare.
    L'ultima cosa che io provo gestendo i miei blog è la solitudine. Senza contare che sono anche entrata in contatto con gente simpatica, per cui valuto positivamente la mia esperienza sul web.
    Ad alcuni giornalisti dispiace il fatto che divulghiamo notizie e articoli scomodi, e magari parliamo anche di problemi concreti, quelli che toccano la gente da vicino.
    Ma tanto continueremo a farlo! ;)

    Ciao!

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  4. Perfettamente d'accordo, Romina. In ultima analisi, quello che io contesto all'autore dell'articolo (penso si sia capito) è l'eccessiva generalizzazione in negativo del fenomeno blog.

    Nessuno mette in dubbio che anche tra i blogger ci siano i frustrati, gli esibizionisti e i cosiddetti "fancazzisti", ma questi ci sono dappertutto, in rete e fuori.

    A mio modo di vedere va ricercata nella blogosfera l'originalità, la qualità, la serietà e l'onestà, tutte prerogative proprie di molti blogger.

    Era così difficile metterlo in evidenza?

    Ciao ragazzi.

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  5. Lo dico chiaramente, quando leggo questi articoli non posso fare a meno di pensare ai concetti sempreverdi di stupidità o superficialità umane. Io considero la rete, con tutto quel che essa porta con sé (e-mail, blog, YouTube, documenti, forum, chat, encicplopedie...), una nuova forma di comunicazione. La si accetta col bene e col male che vengono con essa, come in tutte le attività e nuove forme di comunicazione umane.

    I giornalisti, quando si esprimono in quei termini, ecco che immagine mi fanno venire in mente. Mi immagino un predicatore "di successo" che all'alba del linguaggio scritto comincia a predicare dall'agorà del caso e sentenzia: "la scrittura è solitudine, la scrittura è male. Osservate, la gente scrive insulti sulle pareti delle caverne! Osservate, la gente manda messaggi di minaccia di morte! Questa è la scrittura, un'attività per gente frustrata e sola. E poi ci scappa il morto, o c'è chi scrive Mein Kampf solo perché qualcuno gli ha messo una penna in mano, e dopo aver scritto nero su bianco quel trattato fa strage di innocenti e poi si spara. Ergo, dimostrato, la scrittura è un male universale..."

    Mi sconvolgo per quanto alcuni giornalisti siano in grado di rimanere così indietro coi tempi. Guardano ad un fenomeno di "linguaggio" come se quel linguaggio fosse il contenuto.

    Posso dire una cosa? Sono più duro di te, non sono sciocchezze semplici. Dare la colpa a YouTube per una strage o un pestaggio è il modo migliore per seppellire il problema invece di affrontarlo. Fatte le dovute e ovvie proporzioni (voglio provocare), è un po', appunto, come cercare di capire le radici del nazismo disutendo del valore intrinseco del linguaggio scritto e del cinema di massa (noto strumento di propaganda).

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  6. Beh, che dire? Pienamente d'accordo con la tua analisi, anche se oramai non so neanche se valga più la pena prendersela per questi articoli.

    Ciao.

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